27-10-2012

Il Salone della Pizza

A Torino code chilometriche per le lezioni e i prodotti di 23 pizzaioli italiani. E illuminati

Fila sterminata per assaggiare una pizza nella Pia

Fila sterminata per assaggiare una pizza nella Piazza della Pizza, tra l'Oval e il padiglione 3 al Salone del Gusto di Torino. La kermesse raduna fino a lunedì prossimo, 23 tra i migliori pizzaioli d'Italia, pronti a spiegare ogni segreto. E a illustrare i frutti dell'accordo tessuto tra Slow Food, Molino Quaglia e Associazione verace pizza napoletana : utilizzare solo presidi italiani come ingredienti e topping

Piazza della Pizza, di sicuro l’allitterazione più frequentata nella prima metà del Salone del Gusto. Nel corner a parte nell’area del Cibo di Strada, tra l'Oval e il Padiglione 3, frotte di gente si sono date e si daranno appuntamento fino a lunedì per ascoltare gli interventi di un totale di 23 professionisti da ogni parte d’Italia: un’ora di chiacchere sugli avanzamenti tecnici di ciascuno, seguiti da prove che trasferiscono la teoria alla pratica, direttamente dal forno accanto alla sala delle lezioni, stipato a ogni ora.

Il manifesto coi 23 volti dei pizzaioli protagonisti a Torino

Il manifesto coi 23 volti dei pizzaioli protagonisti a Torino

I 23 pizzaioli autori dei laboratori stanno tutti sotto un tetto costruito da Slow Food, abile a conciliare due anime che convivono benissimo assieme perché confronto è meglio di scontro: le migliori espressioni della pizza napoletana - retta sui pilastri della mozzarella di bufala e il pomodoro San Marzano -, sostenute dall’Associazione verace pizza napoletana, e accanto quelle di tecnica innovativa che poggia sulla farina macinata a pietra da grani interamente italiani di Molino Quaglia e la sua Università della Pizza, un luogo in cui prima di tutto lievitano le idee.

Due squadre che seguono visioni diverse, accomunate dallo stesso sostegno per i prodotti del presidio, “perché è giunto il momento”, spiega Piero Gabrieli di Molino Quaglia, “di sensibilizzare i pizzaioli a utilizzare ingredienti, italiani, freschi e stagionali”. Un modo per avvicinarli al procedere dei cuochi classici, già più ‘avanti’ come sensibilità sugli ingredienti che sbocciano dai presidi. Protagonisti in prima linea persone che già definimmo PizzEROI per quella pulsione a impastare e infornare prodotti migliori del 99% (e passa) dei colleghi che funestano lo Stivale nel nome dei numeri e della non-qualità. Al contrario, Torino racconta in questi giorni storie che neanche i fratelli Grimm. Ma soprattutto, che dispongono benissimo gli astanti all’assaggio.

Come la storia di Claudia Tosello, titolare della Pizzeria Arcobaleno di Pettorazza Grimani, in provincia di Rovigo, una semplice pizzeria al taglio, senza tavoli, che vive di prodotti privi di lievito, sostituiti da acqua, farina e grano tenuti a lungo a bagnomaria. E una serie di topping che vengono dall’orto accanto e per una volta non per modo di dire: zucca, pomodoro, patate, cavoli, carciofi e tutto quello che stagione rigorosa impone.

A sinistra, Emiliano Aureli, relatore a Torino e pizzaiolo della Taverna dei Corsari di Montopoli in Sabina (Rieti). Suo uno strepitoso abbinamento con birra Superior di Pedavena

A sinistra, Emiliano Aureli, relatore a Torino e pizzaiolo della Taverna dei Corsari di Montopoli in Sabina (Rieti). Suo uno strepitoso abbinamento con birra Superior di Pedavena

O come quella di Carmine Nasti, pizzaiolo originario ma transfuga dal sole di Tramonti in Costiera verso i lidi nebbiosi di Bergamo: le radici amalfitane vivono vegete nell’utilizzo della farina integrale, anche lei Petra, che dà luogo a veri dischi di pane come al tempo in cui residuava tra i poveri, salvo poi esplodere negli aromi di mozzarelle e pomodoro. Solo che il Nasti ora sta nella provincia orobica. E allora, meglio utilizzare primizie di presidi a km zero come come il taleggio. Come a dire: testa alle origini (evidenziata anche nell’utilizzo del finocchietto nell’impasto), ma ingredienti strappati a un pensiero attuale.

Storie, storie, storie. Come quelle si srotolano dalle evoluzioni di Renato Bosco e della sua pizza alla pala, alla romana, in teglia. Da lievito madre o biga, le due alternative della leggerezza. Dal conciato romano o dalle papacelle romane che arricchiranno il plotone dei topping delle pizze di Salvatore Salvo da San Giorgio a Cremano (per non dire dei quintali di patate interrate del Taburno con cui costruiranno quintali di fritti crocchè di qui a Natale). La didattica efficace sui grani di Fabrizio Pasinelli, della Pizzeria Al Castello di Cividate al Piano (Bergamo).

Tra i relatori, anche pizzaioli giapponesi come Akio Nishikawa, della Pizzeria Sakuragumi di Hyogo

Tra i relatori, anche pizzaioli giapponesi come Akio Nishikawa, della Pizzeria Sakuragumi di Hyogo

O la saggezza del maestro Franco Pepe, regista del neonato Pepe in Grani a Caiazzo, uno che non smetterà mai di sottolineare il valore empirico del pizzaiolo sopra ogni cosa, tecnica inclusa. La manualità più accorta che esista, da riversare sull'impasto. “Ma vi prego", ha detto l'altro giorno a Torino, "non chiamatemi professore perché sono prima di tutto un artigiano, e dove c’è uno non c’è l’altro”. Parole sante che troveremo riprodotte e amplificate a Identità Milano, nella giornata dedicata alla pizza dalla mattina alla sera, lunedì 11 febbraio 2013.


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Gabriele Zanatta

classe 1973, laurea in Filosofia, coordina la Guida ai Ristoranti di Identità Golose e tiene lezioni di storia della gastronomia presso istituti e università. 
instagram @gabrielezanatt

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