09-04-2020

Giovanni Passerini: 'C'è incertezza, ma anche speranza per il futuro'

Lo chef romano-parigino ci racconta le sue sensazioni nel mezzo della crisi coronavirus. Con in mente una svolta green

Giovanni Passerini al lavoro nella cucina del suo

Giovanni Passerini al lavoro nella cucina del suo ristorante parigino

Giovanni Passerini - chef partito da Roma alla conquista di Parigi ormai da parecchi anni - con il suo lavoro nella capitale francese ha dimostrato intelligenza e sensibilità, tanto gastronomica quanto imprenditoriale. Prima con il grande successo del suo ristorante Rino, poi con la sua successiva incarnazione, una nuova avventura chiamata semplicemente Passerini, un progetto ancora più ambizioso che ha raccolto gli applausi della critica e l'amore del pubblico. Il suo è uno sguardo attento, lucido, ed è per questo che lo abbiamo contattato in questi giorni per ascoltare quali siano i suoi pensieri nel bel mezzo della crisi Covid-19, che ha colpito Parigi in maniera consistente.

Lo avevamo intervistato anche nel 2015, durante un'altra situazione di tensione e instabilità, a pochi giorni dagli attentati che colpirono Parigi il 13 novembre. In quell'occasione ci raccontò, pensando all'allora imminente apertura del nuovo ristorante, la sua preoccupazione, le sue inquietudini. Siamo ripartiti da lì, dal ricordo di quelle sensazioni, per comprendere quale sia oggi il suo stato d'animo rispetto alla situazione in cui ci troviamo.

«Sono sicuramente circostanze abbastanza diverse - ha risposto Passerini - nel caso degli attentati avevamo a che fare con un avenimento molto circoscritto a Parigi. In quell'occasione mi facevo molte domande, sulla realtà sociale che stavamo vivendo in città, sulle disuguaglianze, sui problemi dell’integrazione. Questa epidemia invece è un fatto globale, in un certo senso è come se ci fosse arrivato addosso un asteroide, e perciò non riesco ancora a interrogarmi, a riflettere. Certo, a volte mi sale un po' di preoccupazione su come sarà il dopo, mi chiedo quanto tempo ci metteremo a ridurre questa distanza sociale che ci viene imposta, altre volte invece penso che possa diventare anche un’opportunità, magari la gente avrà ancora più voglia di tornare a uscire. La nostra struttura arriva da due anni davvero ottimi, quindi abbiamo un po’ di riserve per poter affrontare un momento difficile, e il fatto di poter mettere gli impiegati in cassa integrazione ci permette di limitare i danni. In buona sostanza cerco di non pensarci troppo, perché è una situazione talmente imprevedibile e unica, che si rischia di fare troppi giri a vuoto con la testa».

Hai parlato con altri tuoi colleghi di quanto sta succedendo?
Confesso che ho approfittato di questo momento per isolarmi un po', per riposare la mente. Mi sento solo con alcuni colleghi, gli amici più stretti, come Simone Tondo di Racines, ad esempio. Sicuramente siamo tutti un po' agitati, ma sento anche una buona dose di fatalismo. E' una cosa che sentiamo come più grande di noi, su cui non abbiamo alcun controllo. Siamo pronti a riprendere, quando sarà il momento, e non percepisco disperazione. Forse contiamo sul fatto che la ristorazione in Francia ha sempre funzionato, tutti i colleghi con i quali sono in contatto hanno ristoranti economicamente sani, quindi per adesso c’è preoccupazione, ma non angoscia, almeno tra le persone che sento. Ma è chiaro che se ti trovi con un ristorante che ha appena aperto, quindi con poca cassa e parecchi debiti, la situazione cambia. Dipende molto dalla fase in cui ti trovi.

Con la brigata di Passerini

Con la brigata di Passerini

Come giudichi la risposta del governo francese rispetto alle esigenze dei ristoratori?
Anche di questo ho parlato con qualche collega e devo dire che trovo le risposte del governo abbastanza ragionevoli, per ora. Come saprete, ad esempio, in Francia i contratti sono basati sulle 35 ore, ma sapete bene anche che nella ristorazione le 35 ore diventano di più: il salario che hanno calcolato per la cassa integrazione è su 39 ore, è stata una scelta ragionevole. Una volta eliminati i costi della manodopera, tutto sommato per molti di noi è come se avessimo congelato la nostra vita. In questo momento non ho alcuna remunerazione, ma come dicevo le aziende che hanno un po’ di fondo cassa, che sono sane, hanno la possibilità di reggere per un po’. Però la ristorazione è un'attività completamente irrazionale, a volte illogica, se non suicida. Puoi avere il ristorante strapieno, ma la tua passione e la tua voglia di fare ti spingeranno a stare sempre a un passo dal limite. Tornando alle risposte del governo, penso che questa sia una tale catastrofe che non possiamo aspettarci che ci siano soldi per tutti: ritengo che quello che si poteva fare, per ora sia stato fatto. Poi certamente hanno commesso degli errori, come dappertutto: aver tenuto le elezioni a metà marzo è stata una follia, non capisco come sia potuto succedere, anche in termini di immagine. Come fai a spiegare alla gente che un giorno può andare a votare e il giorno dopo non può entrare in un parco? Per cui sì, degli errori sono stati fatti nella gestione della crisi, ma penso anche che la situazione fosse talmente critica da rendere comprensibili alcuni passi falsi.

Avete un'idea di quando potrete ripartire con il vostro lavoro?
Al momento non abbiamo una data precisa per la ripresa della nostra attività, avevano parlato di 45 giorni, quando sono partite le misure, e la notizia è stata riconfermata qualche giorno fa. Io però, per come vedo ancora crescere i contagi, anche se non siamo più nella fase di salita esponenziale, prevedo di poter riprendere seriamente le nostre attività non prima di metà luglio. Se dovessi essere pessimista, direi settembre. Anche perché sono convinto che quando le attività inizieranno a riaprire, i ristoranti saranno tra gli ultimi ad avere questa possibilità, e lo capisco pure: non è un tema su cui mi sentirei di fare polemica.

In queste settimane state facendo qualche forma di servizio di delivery, o siete completamente fermi?
Per ora siamo fermi. Potremmo stare aperti con il nostro pastificio, ma non avevamo a disposizione le mascherine per il personale, al momento è impossibile reperirle, e non vorrei assolutamente esporre a qualche rischio i nostri dipendenti. Stiamo considerando, appena la crisi dovesse rallentare un po’, di riaprire il pastificio e di fare dei piccoli menu da consegnare nel quartiere. La nostra realtà ha un radicamento molto forte nel quartiere, e questa è una grande fortuna, che ad esempio ci ha permesso di passare abbastanza indenni attraverso gli scioperi e il periodo dei gilet gialli, perché lavoriamo molto con la gente che vive qui e molto meno con i turisti. Vogliamo celebrare questo rapporto prezioso con il nostro quartiere, però non sappiamo ancora quando.

Il banco del Pastificio Passerini

Il banco del Pastificio Passerini

Se pensi al tuo ristorante di nuovo aperto, dopo la crisi, vedi qualche novità nel vostro approccio alla cucina e al servizio?
Credo che molte cose le capirò quando avremo davvero la possibilità di riaprire. Però io e mia moglie Justine stiamo prendendo sempre più seriamente l'idea di una svolta green da dare alla nostra impresa. Abbiamo già fatto diversi passi in questo senso, ma sappiamo che c'è ancora molto da fare. Ad esempio qui il governo non ti aiuta a trasformare i tuoi scarti in compost, ma noi abbiamo deciso comunque di pagare una società privata per farlo. L'obiettivo dell'eco-responsabilità lo stiamo già perseguendo da un po', ma ad esempio quando guardiamo il menu con Justine ci diciamo che c’è troppa carne: i francesi sono davvero dei carnivori accaniti, ogni volta che provo a sostituire la carne con del pesce, magari un po' diverso dalle varietà più conosciute, faccio sempre fatica. Sono in contatto con un professionista molto bravo, che ha già accompagnato diverse aziende in questa svolta verde, e sicuramente abbiamo intenzione di proseguire su questa strada, anzi accelereremo, perché ci sembra importante dare un segnale in questo momento. Poi stavo lavorando con grande entusiasmo anche su un altro progetto...

Con la moglie Justine

Con la moglie Justine

Quale?
Avevamo rilevato un piccolissimo locale di fronte al ristorante, per farci un wine bar, con una piccola offerta di cucina, senza carta, non cucinata al momento. Era un'idea a cui tenevo molto, il locale è molto carino, anche se di dimensioni ridotte, ed essendo di fronte al ristorante ci permetterebbe una sinergia interessante, anche nell'ottica di ridurre al minimo gli sprechi. Ora dovremo capire come portare avanti il progetto, cosa fare con questo locale. L'incertezza è l'unica cosa sicura al momento. Un'altra cosa che vorrei fare nelle prossime settimane, se sarà possibile, è spostarmi da Parigi per andare a trovare alcuni produttori con cui lavoro, per sostenerli. Forse non si pensa abbastanza al tema dei produttori, molti di loro sono in grandissima difficoltà. Che cosa succederebbe se, al momento di riaprire, non trovassimo più le materie prime a cui siamo abituati?


Dal Mondo

Recensioni, segnalazioni e tendenze dai quattro angoli del pianeta, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Niccolò Vecchia

Giornalista milanese. A 8 anni gli hanno regalato un disco di Springsteen e non si è più ripreso. Musica e gastronomia sono le sue passioni. Fa parte della redazione di Identità Golose dal 2014, dal 1997 è voce di Radio Popolare 
Instagram: @NiccoloVecchia

Consulta tutti gli articoli dell'autore