31-01-2025
Gli assaggi a quattro mani di Guglielmo Chiarapini e Francesco Capuzzo Dolcetta in un pop-up che lascia il segno
Ricciola con salsa al fieno, ricci di mare e arance di Ribera, servita con broccolo fiolaro e insalata di radicchi. Siamo da Ortolan, a Milano, in via Leopoldo Cicognara 19 (nei locali di Pan)
Le grandi città spesso vengono accusate di sprecare inutilmente gli spazi, magari destinandoli a locali con orari fin troppo ridotti. Per fortuna, si assiste sempre di più a una silenziosa inversione di tendenza, come hanno fatto a Milano Yoji Tokuyoshi e il duo di cuochi Francesco Capuzzo Dolcetta e Guglielmo Chiarapini. Il primo è il proprietario della panetteria Pan, che sforna lievitati e colazioni di giorno, lasciando spazio ai secondi alla sera, col loro ristorante temporaneo Ortolan (aperto almeno fino all’estate). Ricordata per la prolifica esperienza da Marzapane a Roma, questa coppia di cuochi ha sentito la necessità di tornare ad avere un quartier generale stabile, dopo anni di nomadismo col progetto FEG Kitchen (tuttora attivo, ma messo in pausa, giocoforza). Un ambiente arredato in stile minimal, con piacevoli candele dalla luce calda su ogni tavolo, accoglie gli avventori, che possono scegliere come desinare, tra la carta e il menù a 75 euro (antipasti condivisi, un primo, un secondo con contorni e il dolce). Alcuni signature seguono Chiarapini e Dolcetta, come la tenerissima e golosa Focaccina di patate, servita con una fetta di salame di Cascina Lago Scuro e una crema di uovo sodo, il Risotto allo zafferano mantecato con il grasso del rognone affumicato o l’Animella alle foglie di limone, cedro e cavolini di Bruxelles. Ci sono poi piatti che cambiano gli ingredienti principali, seguendo la freschezza del mercato, ma non l’idea di base, come il Bollito misto di verdure e midollo con kosho di mano di Buddha o la Ricciola con salsa al fieno, arancia di Ribera e ricci di mare (davvero notevole, anche per il tipo di taglio, che le dona un insolito mordente). Una menzione particolare va alle verdure, ricche, gustose e belle da vedere, e alla frutta e verdura candite secondo il metodo turco, appreso in uno dei loro viaggi (cosa che dà uno slancio positivo ai dessert, forse ancora un po’ troppo semplici). Ma perché il nome Ortolan? Esso indica una pietanza molto discussa e rara, dalla laboriosa preparazione (è un uccellino ripieno), tipica della Francia, da consumare in clandestinità e a porte chiuse, con un tovagliolo sulla testa, in segno di pudore. Francesco e Guglielmo sono sì legati al mondo d’Oltralpe, che li ha segnati lavorativamente, ma il loro Ortolan è tutto l’opposto di quanto appena scritto: è una boccata d’aria fresca per Milano, con due cuochi in gambissima, aperti, sorridenti e cristallini, proprio come le loro pietanze.
di
piacentino, classe 1988, ingegnere&ferroviere. Mosso da una curiosità gastronomica continua, ama definirsi “cultore delle cose buone”, essendo cresciuto in una famiglia dove si faceva tutto “in casa”. Crede fermamente nella (buona) tavola come creatrice di legami, generatrice di ottimi ricordi e di emozioni vive. Instagram lucafarina88