20-04-2024

Bistrot 64: dulcis in fundo è la cacio e pepe

Il coraggio di questo locale si riconosce da una cacio e pepe "gentile" servita come pasticceria finale, che rompe gli stereotipi e fa della cucina un gioco di sapori a tappe. Il duo Emanuele Cozzo e Giacomo Zezza funziona bene

Cremosa, morbida, avvolgente: ecco a voi la Cacio

Cremosa, morbida, avvolgente: ecco a voi la Cacio e pepe di Bistrot 64. Ma è in versione dessert, più gentile al palato, come un assaggio di formaggio a fine pasto

Partiamo dalla fine. Partiamo da uno dei piatti più iconici della tradizione romana, la Cacio e pepe. Decontestualizziamola e da primo piatto posizioniamola in fondo al menu, come chiusura di un cerchio di gusto. Cremosa, morbida, avvolgente al palato, pungente e speziata, grazie a una selezione di diversi pepi che regalano profumi e aromi, note piccanti e floreali: è così questo piccolo assaggio, che crea sorpresa e regala gioia al commensale, che porta via con sé il ricordo nitido di qualcosa di diverso. Ad accompagnare ogni boccone un passito, un moscato o un vino dolce che conferisce le coordinate giuste al momento dessert.

Si tratta di un piccolo assaggio dedicato alla tradizione romana, ma anche a quella di chiudere il pasto con il formaggio, secondo la scuola francese o come recita il proverbio “la bocca non è stracca se non sa di vacca”, che significa che un pasto deve sempre concludersi con del formaggio. Una portata che è la tappa finale di un prima che stupisce, lasciandoti un po’ incredulo, poi ti ingolosisce per poi appagare i sensi, in modo totale.

La Cacio e pepe di Bistrot 64

La Cacio e pepe di Bistrot 64

Da questa Cacio e pepe sui generis, dove vediamo una tradizione rispettata e rinnovata insieme, andiamo avanti lungo un percorso firmato dallo chef Giacomo Zezza (già ex sous chef di Bistrot 64 in passato) che piatto dopo piatto traccia la sua direzione: nitida, comprensibile, chiara e decisa. Non abbiamo trovato sbavature o indecisioni nella nuova strada di Bistrot 64, su cui Emanuele Cozzo e Giacomo Zezza si sono avviati per ridisegnare una nuova identità: sicuramente di carattere, forte e di grande riconoscibilità.

Nicola Bacalu ed Emanuele Cozzo

Nicola Bacalu ed Emanuele Cozzo

La storia di Bistrot 64

Tutto inizia per volere di Emanuele Cozzo nel 2012, quando l’idea di un bistrot con una cucina buona, fatta di prodotti italiani e alla portata di tutti prende corpo e si rivela subito vincente grazie al riuscito connubio tra gusto e accoglienza. Una realtà in crescita costante e apprezzata da appassionati e addetti ai lavori fino alla conquista nel 2016 della stella Michelin che mantiene fino al 2022.

Oggi Emanuele Cozzo torna al timone della sua creatura, dopo un periodo di transizione e di un cambio gestione, con l’intento di far risplendere nuovamente Bistrot 64. Il locale di oggi, situato sempre al vecchio indirizzo di via Guglielmo Calderini, 64 nel quartiere Flaminio a Roma, si è imposto un nuovo corso che del suo passato riprende i sapori, alcuni piatti, senza malinconia o in amarcord celebrativi, ma come punto di partenza per creare qualcosa di nuovo e spingersi più lontano.

Giacomo Zezza

Giacomo Zezza

Bistrot 64, un paso doble tra sala e cucina
Emanuele Cozzo
resta sempre l’ideatore e il proprietario di Bistrot 64, coinvolto nella gestione del ristorante e della sala, anche ora che sono mesi di rinascita, forse più difficili, rispetto agli esordi, nell’affermazione di questo luogo che vive per molti dei lustri di ieri e che tenta di riprendere posizione. In cucina troviamo Giacomo Zezza, prima sous chef di Kotaro Noda e oggi executive chef che ha deciso di puntare su una cucina fine dining con un’impronta vegetale importante, creativa e originale. Ad affiancare i due in questo paso doble c’è anche Nicola Bacalu maître e sommelier di questo nuovo Bistrot 64, che ti accoglie con il suo stile essenziale, le luci soffuse, uno stile sofisticato ma allo stesso tempo caldo e intimo. Un luogo dove una cena non è solo una cena, ma riesce a essere un momento di condivisione a due, un gioco di sapori lungo una proposta gastronomica gustosa e divertente: evoluzione e innovazione. I due concetti su cui lo chef ha saputo costruire i due percorsi espressione del suo Bistrot 64.
 

La cucina di Bistrot 64
La direzione presa pare quella giusta, il team tra cucina e sala è armonico, il progetto è ambizioso e il potenziale c’è e si vede. Giacomo Zezza sembra avere le idee chiare nella scelta delle combinazioni, nelle tecniche utilizzate, nella valorizzazione delle materie prime di alta qualità e per lo più provenienti dall’orto di proprietà che Cozzo ha nei dintorni della Via Flaminia. Materie prime, specie quelle vegetali, che vengono esaltate e non solo trattate. Dagli amuse bouche dove le carote disidratate diventano un fac-simile di coppiette o si gioca con fazzoletti di rapa marinata o bon bon di fungo glassati al prezzemolo passando per i primi antipasti che confermano in modo deciso e senza preamboli che la nuova personalità di Bistrot 64 passa dal vegetale con principi di sostenibilità e stagionalità.

Abbiamo assaggiato la Crema di porro con lenticchie nere e nocciole tostate, che alterna consistenze e intensità di sapore, dal cremoso al croccante dall’erbaceo al tostato, non dimentichiamo un piatto come Zucca (in forma millefoglie con patata, polvere di cumino, zucca cotta a bassa temperatura e rigenerata alla brace, olio alla salvia, e kombucha di zucca con olio al ginepro). La grande sorpresa è stato il Fungo criniera di leone arrosto con fondo di manzo un piatto che sa raccontare tanto, ti porta per mano tra boschi e paesaggi montani, ti illude con la sua consistenza tenace che ricorda la carne, il sapore reso ancora più intenso e profondo dal fondo. Tra i primi piatti c’è il Tagliolino al burro con colatura di alici e cuore di nduja, che propone un crescendo di rotondità al palato e un passaggio graduale dal dolce al sapido per terminare con una lieve nota piccante (forse troppo lieve).

Lingua, carciofi, pomodoro e liquirizia

Lingua, carciofi, pomodoro e liquirizia

Il secondo piatto assaggiato è la Lingua carciofi pomodoro e liquirizia, anche in questo caso un bell’abbinamento di sapori. Morbidezza e scioglievolezza delle fibre carnose, croccantezza in cui troviamo maestria sulla cottura del carciofo, spinto nel suo sapore dalla liquirizia.

Un pensiero culinario, quello di Giacomo Zezza, che si conferma piatto dopo piatto, fino alla chiusura con la cacio e pepe che diventa dessert. Dolce principale nella nostra personale degustaione è il Pera, archidi, caramello e yuzu, a nostro avviso la portata più debole di tutto il percorso, una proposta di consistenze multiple di arachide che propone e impone una dolcezza a tratti eccessiva, mentre promettono meglio le varianti vegetali come Castagne, cachi e basilico. Ma aspettiamo il menu primaverile o estivo con la curiosità dei molteplici giochi di sapori che potrà fare Zezza per poter capire meglio se la versione pastry procede con la stessa sicurezza di tutto il resto.

Castagne, cachi e basilico

Castagne, cachi e basilico

I due percorsi che si trovano a menù sono Evoluzione (5 portate a 70 euro)  in cui si ripercorrono alcuni dei piatti di Bistrot 64, un percorso omaggio dove c’è il ricordo e la sua interpretazione e poi Innovazione (8 portate a 95 euro), che è il nome dell’altro percorso che prevede anche alcuni piatti che non sono in carta, per rendere ancora più originale l’esperienza gustativa, da citare: Riso (risotto mantecato al castelmagno, polvere di finocchietto e ciauscolo di cuore di vitello marinato ed affumicato con tartufo nero fermentato), Guancia (di manzo, brasata, con pomodoro pelato, croccantini di pane, cialda di cipolla bruciata, olio all’alloro e fondo bruno della brasatura del manzo), proposte dalla piacevole eleganza che non perdono ma di vista l’intensità del gusto grazie allo chef Zezza che gioca con la ‘romanità’ ma in chiave tecnica e gourmet. Per i due percorsi previsti anche due pairing studiati da Bacalu, il primo da 5 calici (a 45 euro), il secondo da 7 (a 55 euro).


Nicola Bacalu, Emanuele Cozzo e Giacomo Zezza

Nicola Bacalu, Emanuele Cozzo e Giacomo Zezza

Tra vino e mixology
La carta dei vini è ampia e spazia tra Italia ed estero, cercando tra le etichette meno commerciali e puntando a far scoprire piccole cantine identitarie dei loro terroir di appartenenza. Bacalu pensa anche alla mixology, con una serie di cocktail che vogliono unire il mondo del vino con quelli della miscelazione, con l’intento di racchiudere in un bicchiere le sensazioni sensoriali del vino ed ottenere una bevuta fresca e leggera come un calice del fermentato di uva. Tra i cocktail meritano una menzione l’Old fashioned, reso più fresco e minerale grazie all’utilizzo della prugna fermentata e dell’umeshu; Idea di Negroni, preparato con un fermento di uva fragola che va a sostituire il vermut e le fecce fatte macerare per portare l’amaro classico del bitter, il tutto unito al gin per mantenere la tipicità del drink; Veggie Mary, con acqua di vegetazione di pomodoro aggiunta ad un estratto di peperone verde e peperoncino per avere una complessità vegetale.

 


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Giusy Ferraina

Calabrese di origine e romana di adozione. Laurea in Scienze della Comunicazione. Dopo alcuni anni passati nell’editoria, si avvicina al mondo dell’enogastronomia, muovendo i primi passi tra redazionali, ricette da editare, social network e fiere di settore. Giornalista pubblicista, collabora con La Madia e Pizza e Pasta Italiana, è autrice del podcast Misticanza per Radio Food, di cui dirige il magazine. La sua passione è raccontare le storie di aziende e produttori. Amante del buon cibo, della pizza abbinata con il vino e dei libri. Fanatica di sport

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