Vico Equense è la porta d’accesso, sempre aperta, alle sinuosità della Penisola Sorrentina. Napoli sonnecchia di fronte, dall’altra parte del golfo, immagine riflessa alle falde del Vesuvio. Vico Equense è trasparente, è quello che si vede, mancano le contraddizioni, i parossismi, gli ossimori della città di Pulcinella: qui la bellezza non è fascino, ma solamente una dote che appaga l’animo attraverso la contemplazione; la semplicità è inclinazione naturale e il territorio orgoglio da mostrare.
Gennaro Esposito, chef e patron della
Torre del Saracino, ristorante che dal 2008 è asteriscato con due stelle nella guida Michelin, non tradisce dubbi sul modello di espressione italiano: «La cucina sta vivendo un momento di scelte importanti e radicali e parecchi ristoranti, anche molto noti, utilizzano con crescente consuetudine prodotti giapponesi o comunque extraeuropei. Premesso che resto sempre molto colpito e affascinato dagli stili e dagli ingredienti di quasi tutte le cucine straniere, sudamericana, giapponese, indiana e molte altre, continuo a ritenere che cucina e ingredienti italiani siano superiori: non riconosco nella materia prima alloctona valori talmente alti da far dimenticare, ad esempio, la colatura di alici o altri alcuni intingoli nostrani».

Esposito a Identità Expo 2015
E ancora: «Credo sempre di più che oggi lo chef debba assumersi la responsabilità di essere ambasciatore del luogo, della regione, della nazione in cui opera. Qualche incursione qua e là può essere interessante, è una variante di cui non priverei nessuno. Ma non condivido l’ideazione di uno stile costruito a discapito del nostro tesoro gastronomico nazionale». Entrando ancor più tra i merli della
Torre del Saracino: «La mia cucina di oggi è quella che propongo da sempre: mi piace considerarla una sperimentazione che riprende vecchie tecniche, vecchi concetti, vecchie sapienze rendendole contemporanee e comprensibili da un pubblico più vasto. Qualche anno fa, in un congresso
Lo Mejor de la Gastronomia a San Sebastian, parlai in proposito di
retroinnovazione».

Un piatto simbolo del Mugaritz, nei Paesi Baschi
Gennarino poi spiega il motivo per cui la concentrazione dei tristellati si fermi a Roma e non vada più a Sud: «Non credo che la guida francese voglia penalizzare il Meridione. Penso anzi che vergare con tre stelle un locale sia per loro una grande responsabilità: significa dire a tutto il mondo che un ristorante è perfetto. Ritengo che non basti fare una cucina straordinaria e avere una superba cantina per vedersi assegnare le tre stelle; la Michelin si preoccupa molto di valutare la “sostenibilità”: capire se il locale possa riuscire a reggere il peso e la responsabilità delle tre stelle, se sia posizionato in una località dove c’è una clientela adeguata e se ci sia continuità di attività e di gestione».

Qualche anno fa, Esposito a Identità Milano 2011
Nel Sud Italia la maggioranza dei ristoranti è aperta sette mesi l’anno. «Quelli aperti undici mesi, come il mio, sono veramente pochi. Fermare l’attività solo per un mese ed essere aperti a pranzo e cena per undici mesi ti consente di avere lo stesso personale per tanto tempo, di poter costruire una squadra affiatata, di poter esprimere una cucina di varietà che tocchi le quattro stagioni. Negli ultimi anni, la Campania e, in generale, tutta la costa, stanno attraversando un momento molto fiorente, c’è tanto lavoro e tanta qualità. È il momento giusto per spingersi verso traguardi ambiziosi e noi lo stiamo facendo».
Eppure, la terza stella più recente non è propriamente arrivata in riva al mare: «La svolta vera della cucina di
Norbert Niederkofler è stata raccontare le mille varietà di rape, di patate, di carote o di zucche. Ha lavorato sulle tecniche tipiche del posto, ma anche sulla parte di godimento che ha la cucina di montagna: il capriolo, il cervo e una torta di mele fatta con le mille varietà di mele selvatiche del posto, può essere un’emozione incomparabile. Quando si parla di cucina, parliamo di ingredienti, parliamo del mondo; quella di
Norbert è una tavola coerente, molto intelligente e fatta con grande tecnica Poi, come tutte, può piacere e può non piacere, ma ha una sua direzione, una sua identità».
Identità, territorio e
Festa a Vico: «Sì, è tutto pronto per la sedicesima edizione della kermesse che raccoglie da sempre entusiasmo e consensi di pubblico e di chef che intervengono. Questa osmosi nella mia città tra tanti amici e colleghi professionisti ha arricchito tutti. Ho infatti l’impressione che, comunque, da quando organizziamo la festa, siano cambiate tante relazioni in quest’area perché il format ha un’alta capacità di creare dialogo all’interno e all’esterno della cucina. Tra le novità di quest’anno, voglio ricordare
soSTAnza, un viaggio tra profumi, colori e sapori che rappresentano l’autenticità e l’unicità del nostro territorio con una selezione di materie prime che, nel connubio con le doti culinarie degli chef, rendono speciali i piatti delle Stelle. E poi la
Repubblica del Cibo, la
Cena delle Stelle e il
Cammino di Seiano. Per i dettagli, vi invito a consultare il sito
festavico.com».
Qui, dove il mare luccica o poco più a est, la cucina è alta e si festeggia esaltando il territorio e i suoi ingredienti, ma soprattutto la sua identità.