Ci sono terre che nella povertà trovano la propria ricchezza. Come la brughiera che non riserva grandi raccolti, eppure sa ispirare piatti destinati a scolpire nel tempo l’identità di un popolo. Anche quello di una città come Busto Arsizio, che è esplosa con l’industria, ha superato gli 82mila abitanti ma non ha dimenticato i suoi capisaldi culinari che profumano di campagna: a partire dai bruscitti.
Una tradizione sacra - Una ricetta su cui non si scherza: consacrata dalla tradizione e sancita ufficialmente con tutti i crismi dal Magistero dei Bruscitti di Busto Grande (in memoria della più piccola e confinante Busto Garolfo). Anche nel cuore della modernità non sono ammesse deroghe di alcun tipo. Guai poi a chiamarli “bruscitt”. Il secondo giovedì di novembre c’è una festa dedicata alla condivisione di questo piatto che – con la complicità della polenta, unica variazione sul tema il pane misto – apre la stagione fredda: nonostante gli anatemi degli storici, cerca persino di spodestare nelle feste di piazza il risotto e luganiga, in una giornata vissuta dai bustocchi e dai bustesi con solennità l’ultimo giovedì del mese: la Giöbia.

Lo chef Sergio Barzetti a La prova del cuoco con i rappresentanti del Magistero
Perché i bruscitti sono gustosi e raccontano uno stile di vita, celebrato quest’anno anche a
La prova del cuoco con il
Magistero e lo chef
Sergio Barzetti. In una società sorprendentemente matriarcale (anche i soprannomi delle famiglie, poetici e magistrali, venivano trasmessi grazie alle donne), il tempo era un ingrediente ancora più prezioso. Le madri lavoravano duramente e avevano pure il pallino della cucina. Come conciliare? Con ricette che consentano l’ottimale uso delle risorse disponibili, tra cui proprio il tempo. I bruscitti hanno una tale personalità che possono essere lasciati sul fuoco da soli.
Niente scuse neanche oggi, insomma, per i figli della modernità che sospirano: "Corriamo sempre, non possiamo prepararli", anche perché si cucinano oggi e si gustano persino meglio nei giorni successivi.
Il secondo giovedì del mese appunto, il
Magistero dei Bruscitti, guidato da
Antonio Colombo e con lo chef storico
Gino Valenti, apre le danze al Museo del Tessile. E si prepara a un inverno saporito, anche se va ricordato che gli avi cucinavano questa leccornia pure per le gite fuori porta di Ferragosto.
Il saggio “custode” Bruno Grampa scrisse: «I bruscitti hanno conservato con la carne il sapore del peccato, col finocchio raccolto nei campi il profumo della giovinezza e col vino il gusto prepotente dell’età matura». E li cantò Carlo Azimonti, sindacalista, giornalista, il sindaco più giovane d’Italia nel secolo scorso e grande fan di questo piatto, come di ogni cardine della tradizione. Tra le storie più diffuse, quella del “Precotu” che si congedò da questo mondo a novant’anni chiedendo di preparargli un piatto di bruscitti per non affrontare il viaggio dal Signore a stomaco vuoto.
La ricetta e la magia - La ricetta tramandata ufficialmente è questa.
BRUSCITTI
Ricetta per 12/15 persone (perché più si è, meglio si gustano)
Ingredienti
100 g di burro
30/35 g di lardo pepato;
3 kg di
reale, fustello, cappello del prete, diaframma
semi di finocchio (in un sacchetto, la magica erba bona)
1 bicchiere di Gattinara
Procedimento
Bisogna procedere con il taglio delle quattro parti di carne tramite un coltello ben affilato (tritare, è operazione bandìta): a dadini, della grandezza di un mezzo pollice. Quindi metterli su burro e lardo in una casseruola di terracotta. Tutto va messo a freddo, poi avviare la cottura a fiamma lenta. Dopo un quarto d’ora circa, il sugo va montato sopra la carne. Poi bisogna mescolare con cura e aggiungere l’erba bona, coprire e lasciare cuocere per una quarantina di minuti. A questo punto, togliere il sacchetto dei profumi e aggiungere un bicchiere di vino Gattinara. Quando sarà cresciuto il bollore, ecco che si leva il coperchio e si aspetta l’evaporazione del vino. C’è un altro magico richiamo: quando il profumo dei bruscitti attira l’attenzione, la cottura sarà terminata.
A Busto Arsizio, troverete macellai come
Piran, in via Don Minzoni, o
Peverelli, in via Carlo Porta, che vi forniranno la carne con i requisiti della ricetta. Però ricordatevi che l’erba bona (oltre che il vino) sarà decisiva. E tra i ristoranti in città
La Rava e la Fava in via Milano, che vi porteranno ancora nel cuore della tradizione.