Sono i pionieri del vecchio, selvaggio Sud. Gli Indiana Jones della Murgia e della Lucania. Gli esploratori di una Puglia trapassata che parla tutti i dialetti delle Puglie e sicuramente non risente né del Dow Jones né della Brexit. Non twittano, non postano, non instagrammano. Eppure sulle 786 insegne da 36 paesi recensite nella Guida 2017 di Identità Golose hanno fatto incetta di click e visualizzazioni: a 48 ore dal lancio della seconda edizione, la scheda più letta è la loro, quella dei ragazzi di Mezza pagnotta, apulian street food di casa a Ruvo di Puglia.
Gli analisti digitali sono al lavoro per svelare il mistero, gli investigatori della rete in affanno per capire il perché di tanto share. Loro, come di consueto, non si sono fatti troppo prendere la mano. Perché Francesco e Vincenzo Montaruli, i bros in sala e ai fornelli, più Valeria Gadaleta (81 anni in tre), ai misteri del world wide web preferiscono quelli legati a solstizi, equinozi e lune nuove. E le maestose albe sui colli della Murgia, una delle cinque Puglie, quella di cui - a parte il castello ottagonale di Federico II e i suoi enigmi – nessuno sa niente tranne i murgiani.

Patate lesse con borragine, peperone crusco e peperoncino piccante
E’ qui che il Rosso e gli altri di Mezza pagnotta si danno appuntamento con
Ciccillo, all’anagrafe
Francesco Gargano, patriarca e mentore, raccoglitore di erbe e funghi. Niente Gps, per trovarsi basta fare riferimento al “pignulo”, un vertiginoso cipresso la cui ombra si allunga sulle colline dirimpetto, deserte come le strade dell’Arizona in certi film, solo più verde. Tranne due linee che s’intersecano all’orizzonte e quel verde acceso, è il nulla, almeno così pare. E invece… Cardo Mariano, Cardo e basta, Zafferanastro, Finferli nascosti in mezzo ai boschi di roverelle, Cicorie.
E ancora un'intera famiglia di Solanacee, Stramonio bello e spaventoso, Finto Pomodoro, Rosa canina, Mandragola, un immenso paniere alimentare da cui attingere o malerbe da cui tenersi alla larga, a seconda. Il dilemma dell’onnivoro loro lo risolvono così: cacciando il cibo con le mani e servendolo a una delle tavole più autentiche di Puglia. Per il resto si approvvigionano da qualcosa come 50 piccoli e piccolissimi produttori, per dare la misura: i fornitori del
Luogo di Aimo e Nadia sono 80. E saldano in contanti, perché «il pagamento rinfresca la schiena del contadino», così come il pagherò lo ammazza.

Mezza Pagnotta è in via Rosario 11 a Ruvo di Puglia (Bari). 32 coperti e menu degustazione a 18 euro. Leggi i dettagli della scheda di Sonia Gioia
Questo è il microcosmo di
Mezza Pagnotta, 32 posti e menu degustazione da 18 euro, dove la lingua ufficiale è un erbario declinato in lingua madre (il ruvese arcaico) latino e italiano. Metti la senape («sinapis arvensis o cim’amaridde, cima amara», spiega
Francesco Montaruli), sorellastra della rapa che somiglia un po’ al maiale: non si butta via niente. Col seme i cugini francesi ci fanno la mostarda. A Mezza pagnotta si serve in foglia stufata con aglio, peperoncino e pomodoro Regina su una mastodontica frisa completata con un macinato di pomodori secchi che sembra curcuma ma non lo è.
O il cardo selvatico spinoso («con quello non ti sbagli mai, sa di argilla, di sassi, di Murgia»), saltato con cipolla e strapazzato con le uova, una frittata sbagliata. È apulian street food bonificato dalle scorciatoie
fast, è curiosità radicale delle cose della terra, che fa di questi strani ragazzi gli eredi di fatto di
Pietro Zito. Se glielo dici si schermiscono, umilmente. Loro sono
Mezza pagnotta «anche per dire che metà è già meglio di niente».