«Per fare una pesca ci vuole un anno, il tempo che ci vuole per ingrassare un vitello; per fare una pianta di pomodoro ci vogliono 6 mesi, il tempo che ci vuole per far crescere un pollo». Questa la comunicazione, chiara, diretta e di Pier Giorgio Parini, chef all’Osteria Povero Diavolo di Torriana, che si presenta a Identità Milano con il fratello Luca, agricoltore. Un comunicazione evidentemente tesa a dare piena dignità all’elemento agricolo e terreno della tavola. Non una cucina che escluda la carne, così radicata nel territorio romagnolo, bensì una volontà di rendere assoluti protagonisti i sapori degli elementi più naturali della gastronomia. I sapori che dalla terra provengono, coltivati con pazienza e dedizione da Luca Parini, fornitore principale, preferito e tediato dal fratello.
“È solo” è il titolo dell’intervento che terranno domenica 5 febbraio alle 15.30 in Sala Blu 2, contenitore Identità Naturali. Un titolo che vuole essere un inchino all’individualità del singolo ingrediente, una forma di rispetto al valore della materia di prima di qualità. Perché non è la quantità degli ingredienti a comporre il piatto, ma la qualità, l’accostamento dei sapori, la tecnica di elaborazione. In questo Pier Giorgio è maestro e sul palco di Identità Golose ci mostrerà come, con naturalezza, un regista di sapori dirige la sua piccola orchestra di ingredienti.

I 7 relatori (8 considerando che i fratelli Parini sono 2) di Identità Naturali, domenica 5 febbraio in Sala Blu 2, primo giorno di Identità Milano 2012
Cardo gobbo con gemme di pino, il primo piatto in cui fa bella mostra di sé il cardo romagnolo. Non è stato facile reperirlo, sono rimasti solo due contadini a coltivarlo in zona, ammette
Pier Giorgio, ma ne è valsa la pena. Strano. Un tempo, nemmeno tanto lontano, il cardo era grande protagonista delle tavole invernali. Ma ora, in tempi di faciloneria e pigra comodità, appare troppo brigoso da pulire, troppo difficile da coltivare, troppo caro da comprare. A fargli da compagna una simil-bagna cauda aromatizzata con gemme di pino, che ne eleveranno le tinte aromatiche.
Il secondo piatto è
Gnocchi di rape rosse e cipresso. Un’elaborazione ancora una volta basata sui ritmi della stagionalità e sui colori invernali. Sono patate
fin du siècle, particolarmente asciutte e saporite che andranno a colorarsi di rape rosse profumate. A completamento, foglie di cipresso. Un intervento giocato sulla voglia di riprendersi la naturalezza dei tempi dell’agricoltura, della spesa fatta con giudizio, della cucina che si riappropria di pezzi della natura che la contemporaneità ha disperso nei rivoli del guadagno, dell’ansia e della fretta.