02-10-2018

Virgilio Martinez: 285 ingredienti di puro Perù

Nella lezione di Identità New York, il cuoco di Lima ha raccontato il grande lavoro di ricerca del menu di Central

Virgilio Martinez, classe 1977, chef di Central a

Virgilio Martinez, classe 1977, chef di Central a Lima e alfiere del rinascimento peruviano (foto Brambilla/Serrani)

«L’Italia è come il Perù: ha il mare e le alte vette. Ma da noi i cuochi che stanno in montagna non fanno cucina di mare e viceversa. Per questo ammiriamo molto Virgilio Martinez: ha una visione unica e completa di ogni altitudine del suo paese».

Paolo Marchi introduce il protagonista della seconda lezione di Identità York, il limeño che lavora per far conoscere al mondo la ricchissima biodiversità del suo paese. Un gradito ritorno dello chef di Central alla Scuola di Eataly, dopo la lezione dell’anno scorso con Bobo Cerea.

Capesante e grain diversity

Capesante e grain diversity

Anatra escabeche cruda, ricci di mare e oca

Anatra escabeche cruda, ricci di mare e oca

Sugli schermi scorrono le scenografiche immagini delle terrazze inca di Moray, sito archeologico «A un’ora di aereo da Lima e poi un’ora di auto da Cuzco», sulle Ande. Da qualche tempo Virgilio e lo staff interdisciplinare di Mater Iniciativa - cuochi, antropologi, biologi e sociologi - lavorano per mappare ogni anfratto di questo centro agricolo: «Ci rechiamo in media una volta alla settimana. Abbiamo cominciato in sordina come esploratori e la gente del luogo ci guardava diffidente. Ora lavoriamo assieme a 60 famiglie».

Uno squadrone fondamentale per comporre il menu Altitudes di Central, ristorante che ha da pochissimo traslocato sede, aprendo nello scintillante quartiere di Barranco. Un menu degustazione che oggi somma 285 ingredienti, un caleidoscopico riflesso dei diversi ecosistemi peruviani. 

«Documentiamo continuamente nuove specie vegetali per scopi anche medici. Cataloghiamo le piante, le idee, le tradizioni. Stiamo riscoprendo specie che la gente ha smesso di coltivare, dalle Ande all'Amazzonia. Al ristorante vedo gente commossa. Per noi è molto importante generare consapevolezza, una missione prioritaria».

Due i piatti d’esempio messi insieme a New York. Il primo erano deliziose piccole capesante arricchite da grain diversity, delle lande di cui sopra: c’è estrazione di chilca, del grano di specie kiwicha, e del natto (fagioli fermentati), del corallo emulsionato con olio d’oliva.

Secondo piatto: Anatra escabeche cruda, ricci di mare e oca (tubero andino, nome scientifico: oxalis tuberosa). Entrambi ricchi anche perché cerchiati da una considerazione: «Agli inizi era difficile per noi capire che il cibo peruviano sarebbe potuto diventare quello che è oggi. Ma siamo solo all’inizio del percorso».

Central, la vetrina del progetto, da poche settimane ha traslocato in una nuova sede molto più grande della precedente. Nello stesso luogo c'è Kjolle, l’insegna gemella di sua moglie Pia Leon: «Si parla tanto di uguaglianza, era giusto che diventasse chef anche lei», scherza Virgilio. Due insegne e la medesima pratica di un messaggio: «Nell'epoca delle fake news e del bombardamento di informazioni, a chi dare ascolto? Ai produttori che custodiscono le nostre radici».


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Melinda Joe

giornalista americana, vive a Tokyo e gira il mondo scrivendo di cibo, sake e vino. Columnist del Japan Times, collabora con NewsweekCNNGourmet SwedenWall Street Journal
twitter: @melindajoe

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