Parlare di cucina territoriale oggi è più complesso di ieri. I cuochi nascono e crescono viaggiando, sviluppano il loro imprinting grazie alle relazioni, alle influenze, alle contaminazioni. Oppure - e questa è un’altra prospettiva - c’è chi viaggia rimanendo nello stesso posto. Con l’apertura mentale, l’ascolto, l’esplorazione. Come fa Antonia Klugmann, la chef triestina d’origine e friulana d’adozione che è riuscita a portare anche in un piccolo contesto, come quello di Vencò, in provincia di Gorizia, l’innovazione e la ricerca tecnica in grado di trasformare la materia prima (prevalentemente vegetale) in creazioni di alta cucina.

La Klugmann con Lisa Casali
Lei che - come ha confessato - ha paura di viaggiare, si è creata una squadra internazionale per assorbire conoscenze, spunti, ispirazioni. L’esperta in fermentazione viene dall’Ucraina, il sous chef è giapponese, l’esperto di cocco del Ghana (il cocco, ha ammesso, è la sua nuova passione). Perché, e
Antonia Klugmann ne è fermamente convinta, è questo oggi a fare la differenza. La capacità di ascoltare, di prendere ciò serve per ripensare la cucina e migliorarla nel gusto, negli abbinamenti, nei procedimenti. Da cui nascono piatti come quelli presentati a
Identità Naturali.
Il primo piatto, ovvero la
Rapa con crauti e tartufo, è frutto si della consapevolezza che l’acido del crauto si sposa bene con il tartufo, ma anche della scoperta di nuove varietà di tartufi (come il bianchetto) tipiche del territorio vicino al ristorante. E della conoscenza acquisita, grazie al suo staff, sulla fermentazione (e sui cavoli cappucci più adatti a essere sottoposti a questa lavorazione). Nella preparazione la rapa, pelata, bollita e ripassata in padella con aceto di mele e zucchero di canna, viene condita con il tartufo e arricchita da strati di crauto alternati a strati di mela fermentati, accompagnata da grani di senape e crescione, che con le sue note piccanti completa il gusto della spezia.
Ma per la Klugmann la differenza la fa anche l’ingrediente e la capacità di valorizzarlo per intero, perché «inserire più varianti dello stesso prodotto crea la complessità e la profondità di gusto». Quindi Antonia Klugmann cerca di non sprecare nulla nella sua cucina. Come nel secondo piatto presentato a Identità, dove il cuore del finocchio cotto nel suo stesso brodo viene adagiato su una purea ottenuta dai suoi scarti e impreziosito dall’olio di liquirizia estratto a caldo, guarnito infine dai suoi stessi gambi affettati.