«Lo dico senza presunzione. Ma vorrei riuscire a pensare come pensa la natura. Per lasciare spazio alla natura». I suoi desiderata Corrado Assenza li enuncia, con l’umiltà che da sempre lo contraddistingue, a Identità Milano 2019, sul palco tutto dedicato - per il secondo anno - alla Pasticceria Italiana Contemporanea. «Una pasticceria che noi vogliamo scandagliare, analizzare, innovare e dinamizzare. Senza porre barriere e suddivisioni. Perché il cuoco ragiona salato, ma ragiona anche dolce. Riflette in termini di sapidità, ma pure in senso zuccherino».
Un ritorno alla natura per dar voce alla natura, alla terra e a tutti quei contadini che lavorano la terra, custodendone il miracolo della fertilità e della rinascita. «Riportiamo l’attenzione sui gesti degli agricoltori. Sulle mani, sulle braccia e sulle menti. Che pensano a come far muovere le braccia», precisa Corrado, il filosofo del Caffè Sicilia di Noto. Pronto ad applicare il mito del buon selvaggio di Jean-Jacques Rousseau alla pasticceria. Fiera di riconquistare il suo scorrere e fluire in piena libertà. Il suo essere nuda e vera, immune ai dogmi, alle regole e ai cliché, priva di stereotipi e di inutili sovrastrutture.
Ed è
into the wild che cammina
Assenza. Tenendo per mano una grande presenza come
Nives, la moglie. Passeggia. Nella campagna netina. E, senza staccare i piedi da terra, alza lo sguardo. «Siamo in un momento di profondi cambiamenti. Rappresentiamo l’anello di congiunzione fra quel che non è più e qualcosa che non sappiamo ancora cosa sarà. Ma che dipende da come siamo ora». E
Corrado è indubbiamente un uomo aperto al mondo e al creato. Un uomo che cerca un centro di gravità permanente, che lo connetta costantemente allo spazio e al tempo. In un’acuta percezione del reale e dell’immaginario, del passato e del futuro. Per avere memoria di quel che è accaduto, ma pure per costruire nuove memorie. «Perché la tradizione non è guardare le ceneri del fuoco, ma mantenere in vita il fuoco. E per tenere la fiamma accesa abbiamo bisogno di legna da ardere», commenta lui. Che va in campagna a raccogliere la legna. Anzi, gli asparagi selvatici. Ma non solo. Anche i loro fratelli e sorelle. Tutti appartenenti alla bassa flora della macchia mediterranea: la ruta, la nepitella, la salvia, il rosmarino e il timo. «Quello primaverile. Che è diverso da quello estivo. Perché il primo è verde, acerbo, clorofillico, figlio del freddo. Il secondo è invece figlio del sole».
Coglie timo e rosmarino l’artigiano
Assenza. E cucina un risotto. Grazie a un brodo di biancostato (non salato) di razza piemontese, selezionato da un amico cremonese come
Franco Cazzamali. «Sì, un risotto. Mantecato con un’emulsione di mandorla, cultivar romana di Noto. Una compagna di viaggio e di pensiero. Per la quale mio fratello
Carlo ha speso gran parte della sua vita (
leggi qui la sua lezione di qualche tempo fa, che abbiamo pubblicato in occasione della scomparsa)». Un riso da mangiare quando se ne ha voglia. Perché si regge sulla lieve tenzone del sapido e del dolce. Complici ortaggi dai colori scintillanti. Piselli, porri e carote novelle di Ispica. E poi? Agnello. «Quello del macellaio pugliese
Michele Varvara, cresciuto al pascolo, allo stato semi selvaggio. Lo disossiamo: con la carcassa prepariamo un fondo di cottura, con il resto un rollè. Cotto in forno, in maniera brutalmente convenzionale. Ma senza attivare la reazione di Maillard. Per conservare la freschezza dell’ingrediente. Affinché sia se stesso fino al suo incontro col palato», racconta
Assenza. «Certamente, la tecnica deve essere al totale servizio dell’ingrediente, senza mai prevaricare. Il nostro compito è quello di cristallizzare l’ultimo alito di vita della materia prima».
E il concetto vale anche per un altro elemento della ricetta: il coniglio grigio piemontese. «Mangio poca carne. Ma quando la mangio prediligo quella degli animali delle piccole corti, che consumano meno l’ambiente e che tengono in equilibrio il territorio». Coniglio dunque, sempre selezionato da
Cazzamali, ma questa volta cotto in un tegame di ghisa. «Che io e mia moglie acquistammo quarant’anni fa. Prima ancora di sposarci. Una memoria che vive con noi», puntualizza
Corrado. Affiancato dal collega
Corrado Lucci. «Siamo il braccio destro e il braccio sinistro l’uno dell’altro», dichiara
Assenza. Che, con un
coup de théâtre, chiama sulla ribalta
Alberto Gipponi, patron del
Dina, nella bresciana Gussago. «Questo piatto ha un carissimo amico che lo ha ispirato. Perché proprio nel ristorante
Dina mi venne l’idea, assaggiando un dessert a base di riso, barbabietola, rosmarino e pinoli. Dolcezze naturali.
Alberto mi chiese:
zio si può fare? Certo che si può fare, risposi. Lo rifaremo. E questa è la mia versione e la mia dedica».

Assenza sul palco con Alberto Gipponi

Risotto mantecato in emulsione di mandorla, con piselli, porri, carote novelle di Ispica, agnello, coniglio, timo e rosmarino: la meraviglia dolce-salata di Corrado Assenza
Un omaggio a
Gipponi. Una nuova bella memoria. Un inchino alla natura. Che prosegue con un altro atto di riverenza. In un’ennesima modulazione di frequenza sull’onda del dolce e del salato. E in un
continuum con la camminata sulle colline di Noto. Dove
Corrado e
Nives incontrano cespugli di salvia triloba, montagne di finocchietto selvatico e asparagi, scovati in mezzo ai rovi. La potenza
wild del paesaggio si fa assaggio. Grazie a un pan di spagna messo a punto con
Petra Evolutiva. Il sapiente progetto-inno alla biodiversità portato avanti dai mugnai
Quaglia insieme a
Simenza - cumpagnìa siciliana sementi contadine, presieduta dal contadino-custode
Giuseppe Li Rosi. Una farina figlia di una popolazione di oltre duemila grani teneri, costituiti in Siria e coltivati biologicamente in Sicilia. La natura che riacquisisce il proprio ruolo regolatore. Il contadino che torna ad essere protagonista. Con le sue mani. «Mani che abbiamo voluto mettere sulla confezione. Per dar parola agli agricoltori. E per riconoscere l’immenso lavoro che fanno», puntualizza
Chiara Quaglia, amministratore delegato del
molino estense.

Sul palco con Corrado Assenza sono Chiara Quaglia e Igor Maiellano
Petra Evolutiva, che sul pack, oltre alle mani, porta incisa l’annata del raccolto. Perché, come nel vino, la farina può cambiare, seguendo l’andamento climatico. «In un gioco di equilibri che solo la natura può mettere in atto. E l’uomo ha il dovere di condividere e rispettare le scelte della natura», spiega
Corrado. Che prepara un pan di spagna evolutivo profumato al timo essiccato: la campagna siciliana, allagata da una bagna alla salvia triloba e coperta da un sottile strato di ganache al cioccolato fondente venezuelano
Araguani di
Valrhona. Ma si può usare pure il
Macaé. Un grand cru de terroir brasiliano, qualità forastero. Cresciuto là, nella Mata Atlântica, la foresta definita dall’Unesco “Riserva della Biosfera”. «Siamo impegnati anche in Belize, con il cioccolato monorigine
Tulakalum, che in lingua maya significa “insieme”. Un progetto che pure in questo caso punta alla salvaguardia delle piantagioni e al sostegno sociale di chi le lavora», spiega
Igor Maiellano, national sales manager per l’Italia della maison francese. La cui
École di Tain-l’Hermitage - nata dal genio di
Frédéric Bau - compie trent’anni.

Pan di Spagna di Petra Evolutiva al timo essiccato, bagna alla salvia triloba, ganache al cioccolato Araguani di Valrhona, bitter BBB, asparagi selvatici e crema di finocchietto
Ganache al cioccolato, impreziosita dal bitter romagnolo BBB, griffato dal profumiere-liquorista-alchimista
Baldo Baldinini. Un aperitivo essenziale, aromatico e armonico, che va a completare una preparazione nutrita da asparagi selvatici e crema di finocchietto
wild. Realizzata con la stessa acqua di cottura del finocchietto, panna fresca e miele di fiori d’arancio. Niente uova. Per non contaminare il gusto vegetale. «Non resta che trovare altri luoghi dove andare a passeggiare. L’Italia ne è piena».
Corrado indicherà il cammino.

Corrado Assenza con Cristina Viggè, che ha presentato le lezioni di Pasticceria italiana contemporanea e firma quest'articolo