24-03-2019

Il senso di Massimiliano Alajmo per la memoria, a Identità Milano 2019

Uovo o ricotta? Esercizio di illusionismo sensoriale: non serve far nulla di nuovo, ma cambiare il modo di vedere ciò che si fa

Massimiliano Alajmo (tutte le foto sono di Brambi

Massimiliano Alajmo (tutte le foto sono di Brambilla-Serrani)

Se c’è uno chef che ha ragionato e ragiona sulla memoria è Massimiliano Alajmo, chef delle Calandre di Rubano, che lavora dove lavorava il nonno e dove lavorava il padre, certo con altre filosofie e ben altre glorie ma con la stessa venerazione per la tradizione. Parola che Massimiliano e tutti gli Alajmo (compreso il fratello Raffaele, che è il complice di ognuna delle tante scorribande di Max) adottano nel senso etimologico, quella di trasferimento, di consegna, di responsabilità. E non come quello (dal sapore stantìo) di consuetudine, che fa rima con abitudine, con accomodamento, con latitanza di pensiero. Lo spiega lo stesso Massimiliano sul palco dell’auditorium di Identità Milano 2019 nella emozionante domenica di festa. .

Alajmo e Marco Bolasco, presentatore della lezione

Alajmo e Marco Bolasco, presentatore della lezione

Alajmo ha raccontato il suo concetto di memoria e quindi di tradizione in un incontro vibrante di poetica, che ha scosso e ammutolito quanti affollavano la sala (ed erano proprio tanti) in cui ha cucinato due piatti semplici, tanto per far muovere le mani al ritmo del pensiero, ma senza voler stupire con quelli, bensì con le parole. Sono stati comunque due gesti interessanti quelli definiti con un “romanismo” forse ispirato alle origini del conduttore Marco BolascoN’uovo è una ricotta?, doppio esercizio di piccolo illusionismo sensoriale, in cui ha giocato su gesti antichi per comprendere che non serve fare nulla di nuovo ma cambiare il modo di vedere quello che si fa.

Massimiliano Alajmo e Corrado Assenza

Massimiliano Alajmo e Corrado Assenza

Con Marco Bolasco

Con Marco Bolasco

Ecco quindi un uovo che diventa ricotta puntando sulle attinenze di tessitura ma ancora di più sulla somiglianza delle rispettive proteine (il piatto ispirato a un episodio avvenuto in casa Alajmo, con entrambe le figlie che scambiano un albume frullato per ricotta). Ed ecco una mozzarella che fa il percorso inverso diventando uovo: viene scaldata a ottanta gradi diventando filante, viene trasformata in una sfera riempita di salse al tartufo e alle cime di rapa e poi modellata come fosse un uovo sodo di ritorno. È già nel menu (l’altro comparirà presto). 

Foto finale con lo staff de Le Calandre

Foto finale con lo staff de Le Calandre

Ma alla fine i piatti passano e i concetti restano. La lezione che Alajmo ci dà è quella di riflettere sull’atto della consegna che è il cuore della tradizione, gesto liturgico, sacrale ma carico di significati non solo cerimoniali. Trasmettere conoscenza vuol dire anche capire il senso delle nostre azioni. E la conseguenza ulteriore di questa consapevolezza è concepire la cucina come servizio nel senso nobile del termine, un gesto che generi memoria e non tweet, che crei rilassamento e non ansia. Un passo che ci avvicina alla bellezza e ci allontana dalla tragedia. Un piccolo passo per uno chef, un grande passo per l’umanità.


IG2019: costruire nuove memorie

a cura di

Andrea Cuomo

Romano ma ora a Milano, sommelier, è inviato del quotidiano Il Giornale. Racconta da anni i sapori che incontra

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