E’ iniziata la marcia di avvicinamento alla prossima edizione del Congresso milanese di Identità Golose, che si svolgerà da sabato 3 a lunedì 5 marzo. Come ha raccontato qualche settimana fa con il suo articolo di presentazione l’ideatore di Identità Paolo Marchi, il tema centrale di questa quattordicesima edizione sarà “Il Fattore Umano”.
Nelle prossime settimane raccoglieremo sulle pagine di questo sito i pensieri di molti di coloro che saranno protagonisti di Identità Milano 2018, chiedendo loro di condividere con noi spunti e riflessioni, partendo dal filo conduttore scelto per quest’anno. Il primo è stato Massimo Bottura che, a margine di un suo recente viaggio in Giappone, ci ha consegnato queste parole.
Proseguiamo con un uomo che sarebbe riduttivo definire solamente un pasticcere. Corrado Assenza infatti è molto di più: non è solo l’anima del Caffè Sicilia di Noto, è soprattutto un gastronomo a tutto tondo, un intellettuale, un profondo conoscitore delle materie prime della sua terra, un interprete raffinato e appassionato dei sapori dolci come di quelli salati.

Il piatto simbolo della quattordicesima edizione di Identità Milano è la pizza nelle interpretazioni di due grandi pizzaioli: La Scarpetta di Franco Pepe e l'Aria di Pane di Renato Bosco. Lo scatto è di Brambilla-Serrani
E’ anche un compagno di strada fedele di
Identità Golose, essendo salito sul palco del nostro Congresso per 13 volte in 13 edizioni, e certamente la quattordicesima non farà eccezione. Non è una sorpresa allora se, quando l’abbiamo chiamato per chiedergli i suoi pensieri sul tema di quest’anno,
Corrado Assenza era già preparatissimo…
«C’è una cosa che devo dire subito - ha esordito con un sorriso che si percepiva anche attraverso il collegamento telefonico - aspetto sempre con una certa curiosità il momento in cui
Paolo svela il tema dell’anno per il Congresso di
Identità. E appena scopro qual è, ogni volta, mi ritrovo perfettamente nella scelta che è stata fatta. Quest’anno, poi, è stata davvero una splendida conferma di questa affinità».
Come mai?
Credo sinceramente di aver in qualche modo parlato di “fattore umano” in tutte le mie lezioni dal palco di
Identità Milano. Quando mi sono espresso con forza contro tutto quello che c’è di spersonalizzante nella cucina di oggi: dai cuochi televisivi agli ingredienti semi-lavorati dall’industria. Quando ho parlato specificamente della spersonalizzazione delle brigate di cucina, con i ragazzi nascosti dietro lo stagismo dilagante, che non ti fa crescere davvero, che non ti arricchisce come persona, ma aggiunge solo righe al tuo curriculum.
Questo ultimo elemento è molto interessante e importante. Se parliamo di “fattore umano”, diventa centrale chiedersi come stia cambiando il modo in cui i giovani si avvicinano a questo lavoro. Tu cosa ne pensi?
Ho avuto la fortuna di partecipare recentemente come giurato all’ultima edizione del
Premio Birra Moretti Gran Cru: un osservatorio privilegiato, avendo davanti a me tutti giovani cuochi. Teoricamente dovevano essere degli under 35, ma era già interessante notare come nessuno arrivasse nemmeno ai 30! Tutti noi della giuria siamo stati colpiti da questi ventenni per la loro capacità dialettica, per la sicurezza dimostrata nel rapportarsi con i giurati, persone con esperienze e cultura sicuramente diverse da loro. Questo mi fa ben sperare, perché altrimenti sarei rimasto legato a una percezione dei giovani in cucina che aveva a che fare con la ricerca dell’apparenza, del successo facile, del transito per le grandi cucine attraverso lo stagismo. Credo che queste caratteristiche ci siano ancora, ma nell’oscurità che vedevo, adesso noto anche la luce di una speranza.
C’è un’altra possibile declinazione del tema “fattore umano” che credo possa interessarti molto. Parliamo quindi del rapporto con chi produce le materie prime che poi arrivano in una cucina…
Certamente: reputo che sia imprescindibile, e prioritaria rispetto a tante altre cose, la relazione che un cuoco ha con chi lavora per fornire la materia prima che poi lui utilizzerà. Quando da cuoco incontri la materia prima, metti alla prova i tuoi pensieri, per vedere se essi corrispondono anche nella realtà pratica alla tua capacità di interpretare quegli ingredienti, o se invece saranno loro a guidarti altrove, superando quello che tu avevi formulato nel tuo intimo e personale “fattore umano”. E questo incontro con un “fattore umano” diverso da te, rappresentato dal produttore di una materia prima, può offrire una fondamentale collaborazione in questo processo, così diventa importantissimo saper ascoltare. Sono ragionamenti che ci riportano a un altro tema scelto da un Congresso di
Identità Golose…
Quale?
Era il 2013, e
Paolo per
Identità Milano scelse di parlare del “valore rivoluzionario del rispetto”. Il rispetto, se vogliamo, è parte integrante e fondamentale del concetto di “fattore umano”, che è una tela ancora più ampia. Se non hai rispetto però, non avrai la capacità di accogliere e comprendere ciò che ti arriva dalle persone che incontri.
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Il fattore umano e la dignità delle persone di
Massimo Bottura