03-02-2021
Non è vero che se ne vanno solo i migliori, prima o poi tocca a tutti. Solo che quando perdiamo persone belle, buone nell’anima e nei gesti, ne soffriamo maledettamente perché sappiamo quanto ci mancheranno. In tal senso, l’8 aprile 2019 se ne è andato Patrizio Cipollini, uno dei più brillanti general manager dell’hôtellerie che l’Italia abbia avuto, un signore che sapeva mettere a suo agio i clienti di strutture lusso come il Pitrizza in Costa Smeralda e poi i due Four Seasons italiani, prima quello di Milano, quindi Firenze.
Toscano della Garfagnana, nato nel 1954 a Pieve Fosciana sopra Castelnuovo, famiglia contadina, brava gente, Patrizio amava programmare ogni passo, avere tutto sotto controllo. Ironia della sorte, la scelta che decise la sua vita, la fece per lui sua madre Maria: frequentare l’istituto alberghiero. Gavetta in zona, poi in Versilia, quindi la Germania a sedici anni, nel 1970: «La prima cosa che mi colpì
Non si scoraggiò, era lì per imparare il tedesco come possiamo leggere in Patrizio Cipollini, l’arte dell’accoglienza, libro a firma Giuseppe Calabrese per l’editore Giunti e, soprattutto, per la Patrizio Cipollini Foundation, della quale Calabrese, firma storica della Repubblica a Firenze, è il presidente e il sindaco Dario Nardella quello onorario. Pubblicato a novembre 2020, con le attività in presenza azzerate causa covid, comprese le giornate benefiche allestite dal Four Seasons, acquistare questa biografia acquista un sapore speciale e a un prezzo minimo imposto di 50 euro.
Vito Mollica, chef al Four Seasons di Firenze
Cipollini lasciò la Costa Smeralda per Milano nel 1992/93 chiamato dal Four Seasons che stava per aprire a Milano. Una quindicina d’anni ed eccolo a Firenze. Era la primavera 2007, apertura prevista nel giugno 2008. Come chef scelse Vito Mollica, lucano, scuola Marchesi, già in forza in via del Gesù sotto Sergio Mei, dal 1996 al 2000, per passare poi a Praga. Patrizio lo riportò in Italia e fu come sfondare una porta aperta.
I ricordi di Vito riempirebbero un secondo libro: «Erano due le frasi che ci dicevamo spesso. La prima tutta nostra: “Il giorno che inizieremo a pensare che stiamo lavorando è il momento di cambiare mestiere”. L’altra era il suo mantra
E poi c’era il Cipollini di ogni giorno: «La sua giornata iniziava alle 6.30 con la posta, le mail. Personalizzava ogni risposta, mai nulla di generico. Ed era così anche con gli arrivi. Ogni ospite trovava in camera una sua lettera di benvenuto scritta a mano, con una gran bella calligrafia. Orari? Elastici. Riunione per impostare la giornata alle 9, poi lavoro su lavoro. Non sapevi mai
Cosa amava mangiare? «Tutto, a patto si seguissero le stagioni. Carciofi… il pesce… la fregola sarda… i funghi porcini che gli ricordavano la Garfagnana e su tutto le ciliegie, ne mangiava senza controllarsi. Nei piatti cercava la concretezza. Un giorno mi chiese di preparargli qualcosa di leggero e gli portai un’insalata e mi disse se lo avessi preso per una capra. Il suo chiodo fisso era il cestino di frutta in camera da far trovare all’ospite appena arrivato. La frutta doveva essere matura, pronta per essere gustata, e se non era bella immacolata fa niente. Diceva che dava il senso di casa ed era vero. Poi era curioso. Quando eravamo in giro per il mondo, Brasile o Asia, non cercava il fine dining, bensì le trattorie, le tipicità di quel territorio».
La Grande Anima, una fusione in alluminio dello scultore Ugo Riva posta nel giardino del Four Seasons di Firenze in memoria di un direttore di razza, Patrizio Cipollini
Radiografia, notizie e curiosità sugli hotel e le locande più importanti in Italia e nel mondo.
di
nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose. blog www.paolomarchi.it instagram instagram.com/oloapmarchi