Paolo Donei
Lombo di cervo, crauti di cavolo rosso, purea di mela e rapa, dumplings di coda di bue, funghi Shiitake e mirtilli rossi
Shake & shock Grande Italia a Londra: il racconto di Agostino Perrone e Giorgio Bargiani, sulla vetta del World’s 50 Best Bar
Matteo Torretta, chef del ristorante Asola, Milano
Cosa faremo quando riapriremo? Come lo faremo? Sono domande che mi faccio dal giorno in cui hanno chiuso i ristoranti, all’inizio del lockdown. Questioni che devono partire da un pensiero prima di tutto imprenditoriale, e poi gastronomico. Per ottenere fatturati che somiglino il più possibile a quelli di prima, dovremo ideare soluzioni di business che ci consentano di garantire in ogni momento uno stipendio a tutta la forza lavoro. Per arrivare a quest’obiettivo dovremo per forza riguardare verso il basso i prezzi e non aver paura di far sedere la clientela su più turni: non c’è nulla di cui vergognarsi. In questo forse lo scoglio più grande sarà abituare la gente a presentarsi puntuale all’orario concordato. Sarà cruciale generare nei clienti, logorati dagli eventi, la voglia di tornare a tavola: occorrerà trasmettere loro tranquillità, a partire dalla presenza costante del cuoco, che più starà in cucina meglio sarà per tutti. Sarà cruciale tornare a cucinare per la gente – e non per se stessi o per le guide. Io credo che smetterò di preparare mille amuse-bouche, i pre-dessert e tutta la piccola pasticceria: sono ridondanze che incidono sulla spesa e nella più. Del resto, Paul Bocuse non li ha mai serviti al suo ristorante in oltre 60 anni, mi pare.
classe 1980, prima di diventare chef è passando da molte cucine illustri: Albereta con Marchesi, Cracco Peck, Villa Crespi, Lasarte con Martin Berasategui. A 28 anni diventa chef del Savini di Milano, mentre dal 2014 è al timone di Asola, sempre nella città meneghina