Davide Guidara
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Matteo Torretta, chef del ristorante Asola, Milano
Cosa faremo quando riapriremo? Come lo faremo? Sono domande che mi faccio dal giorno in cui hanno chiuso i ristoranti, all’inizio del lockdown. Questioni che devono partire da un pensiero prima di tutto imprenditoriale, e poi gastronomico. Per ottenere fatturati che somiglino il più possibile a quelli di prima, dovremo ideare soluzioni di business che ci consentano di garantire in ogni momento uno stipendio a tutta la forza lavoro. Per arrivare a quest’obiettivo dovremo per forza riguardare verso il basso i prezzi e non aver paura di far sedere la clientela su più turni: non c’è nulla di cui vergognarsi. In questo forse lo scoglio più grande sarà abituare la gente a presentarsi puntuale all’orario concordato. Sarà cruciale generare nei clienti, logorati dagli eventi, la voglia di tornare a tavola: occorrerà trasmettere loro tranquillità, a partire dalla presenza costante del cuoco, che più starà in cucina meglio sarà per tutti. Sarà cruciale tornare a cucinare per la gente – e non per se stessi o per le guide. Io credo che smetterò di preparare mille amuse-bouche, i pre-dessert e tutta la piccola pasticceria: sono ridondanze che incidono sulla spesa e nella più. Del resto, Paul Bocuse non li ha mai serviti al suo ristorante in oltre 60 anni, mi pare.
classe 1980, prima di diventare chef è passando da molte cucine illustri: Albereta con Marchesi, Cracco Peck, Villa Crespi, Lasarte con Martin Berasategui. A 28 anni diventa chef del Savini di Milano, mentre dal 2014 è al timone di Asola, sempre nella città meneghina