20-05-2020

Maurizio Zanella: le crisi passano, i valori restano. Nessuno rinunci alla propria identità

Il patron di Ca' del Bosco parla delle sfide vinte e di quelle prossime venture, dell'emergenza e di come superarla... E lancia "Troviamoci", per dare una mano alla ristorazione

Maurizio Zanella, patron di Ca' del Bosco in

Maurizio Zanella, patron di Ca' del Bosco in Franciacorta. Foto Nicola Ughi

«Devo dire la verità, al costo d'apparire cinico: in mezzo a questa tragedia, che ha scosso me come tutti, confesso di aver vissuto per fortuna un periodo sereno come da tempo non mi capitava. E sa perché? Perché finalmente, dopo tanta frenesia, ho riscoperto le mie origini. Sono potuto tornare in vigna». L'occasione per fare due chiacchiere con Maurizio Zanella, l'uomo che ha creato e poi portato al successo Ca' del Bosco, è il lancio dell'iniziativa Troviamoci, ne parleremo alla fine. Ma, dialogando con lui, impossibile non partire dal territorio: quella Franciacorta che, con la crescita della sua azienda, Zanella ha imposto quale terra d'eccellenza enoica; nello stesso tempo, un'area che è stata molto colpita, al pari di tutta la provincia di Brescia, dall'emergenza Covid-19.

«Paradossalmente, dal punto di vista personale sono stati forse i due mesi più belli della mia vita. È stato un tuffo indietro di 35-40 anni, sono tornato a fare le cose grazie alle quali è partita l'avventura di Ca' del Bosco: sono andato nelle vigne, poi in cantina, ho degustato molte bottiglie... Ho vissuto queste esperienze persino meglio di allora, perché oggi c'è più consapevolezza, direi anche un certo successo con la notorietà che ne deriva. Non mi sono sentito più col fiato col collo, come avveniva un tempo. Insomma, la cosa mi ha regalato tanta serenità e anche soddisfazione per quanto abbiamo costruito. Allora i miei progetti erano solo sogni: 40 anni dopo, ho potuto circondarmi di loro, ormai realizzati, ed è stato meraviglioso. Aggiungo che sono stato con la mia compagna e i miei figli non poche ore, ma due mesi, dormendo nel mio letto per più di tre sere consecutive, il massimo che mi potessi concedere prima. Ho riscoperto una vita dimenticata. E mi è molto piaciuto».

Foto Giuseppe la Spada

Foto Giuseppe la Spada

La sede di Ca' del Bosco. Foto Sandro Michahelles

La sede di Ca' del Bosco. Foto Sandro Michahelles

Una specie di ritorno al passato, certo non voluto ma foriero di soddisfazioni. Mentre passeggia tra i vigneti, Zanella ricorda aneddoti anche rocamboleschi: «La mia era una sorta di sperimentazione. Faccio un esempio, senza entrare nei tecnicismi: quando iniziai, mi trovai davanti un panorama desolante. Noi fummo i primi a riportare i vigneti a 10mila ceppi per ettaro, non perché fossi un genio ma semplicemente replicando quanto vedevo in Francia o in California. Nell'Italia in quegli anni era ormai una pratica dimenticata da inizio secolo per far spazio alla meccanizzazione e produrre quantità, più che qualità, il vino come elemento di nutrizione e non come eccellenza. Gli agronomi studiavano come produrre tanto, non come produrre bene, e avevano distrutto una tradizione che aveva fatto del nostro il miglior Paese del vino, non per niente l'Italia ha come secondo nome Enotria. Comunque, tornando ai 10mila ceppi per ettaro, pratica desueta, resisteva solo qualcuno in Sicilia e in Puglia, ma semplicemente perché non si era voluto "aggiornare". Ebbene, successe che l'ispettorato agrario nemmeno ci concesse la Doc, perché sosteneva che questa forma di produzione non fosse consona! Quel tipo di viticoltura non aveva i crismi tecnici e legali. Non si poteva lavorare sulla qualità, in pratica. Io ero un debuttante, non possedevo alcuna certezza di poter arrivare al successo. E, anzi, mi trovavo a fronteggiare questi ostacoli imprevisti. Oggi, tornato nei vigneti e guardandomi attorno, posso affermare: "Quanto realizzato 40 anni fa ha funzionato", eccome».

Fu una sfida, appunto. Ora se n'è palesata un'altra: la ripartenza dopo il lockdown. «Per ora ho fatto considerazioni sul mio vissuto personale. A livello professionale, quanto accaduto è stato e sarà nei prossimi mesi qualcosa di molto impegnativo, che mette a repentaglio tutto il nostro mondo, non solo quello enologico ma anche quello della ristorazione e oltre. A Ca' del Bosco crediamo - senza pretendere di avere ricette risolutive - che la strada da percorrere sia quella della coerenza con sé stessi: mantenere saldi i principi che ci hanno dato credibilità sul mercato. Sarebbe sbagliato essere indotti a iniziative estemporanee per tamponare una ferita che pur esiste. Serviranno sacrifici, tirare la cinghia per quanto possibile, ma preservare la propria identità. I valori non possono essere disattesi per via di una crisi: la crisi passa, i valori devono restare».

Ca' del Bosco sta soffrendo molto, ovviamente, essendo il proprio mercato per gran parte quello dell'Horeca, rimasto paralizzato. «Ma non rimpiangiamo certo questa posizione». Aggiunge Dante Bonacina, direttore commerciale dell'azienda vinicola, snocciola qualche numero: «Produciamo qualcosa meno di 1,7 milioni di bottiglie, all'80% abbondante destinate al canale Horeca. Ad aprile abbiamo quindi segnato un -88%. Una perdita importante: ma abbiamo stretto i denti e subito deciso di non rimettere in discussione il nostro sistema. Semmai di sostenerlo».

Dante Bonacina

Dante Bonacina

Ma Zanella pensa che vi sia stata poca organizzazione nell'affrontare l'emergenza Coronavirus, a livello istituzionale? «Serviva una gestione molto migliore. Parlo per i settori che conosco, ossia agricoltura, ristorazione, hôtellerie: sono stati trattati con molta approssimazione, direi persino bistrattati. Com'è possibile che ancora in queste ore sia difficile capire i termini con i quali poter riaprire un ristorante? Com'è possibile che la Regione Lombardia non abbia ufficializzato per tempo le proprie scelte? Non voglio polemizzare, ma vedo davvero troppa improvvisazione, indegna di un Paese civile. È anche mancato il coinvolgimento delle associazioni di categoria: e a questo proposito va anche detto come - sia nel mondo del vino che in quello della ristorazione - siamo molto disgregati. Troppe voci, mille campane, nessuna con il peso necessario per rappresentarci bene e farsi dunque sentire».

#FareRete insomma, che è peraltro lo slogan con il quale la gran parte delle associazioni del settore food hanno provato ad acquisire maggiore peso politico. Ed è questa un'espressione che troviamo anche nelle parole di Zanella mentre presenta Troviamoci, la nuova iniziativa di Ca' del Bosco. Dice: «È indispensabile fare rete, unire le forze e sostenere insieme un comparto dell’economia che più di molti altri potrà essere volano della ripresa, un valore che, unito alla straordinaria capacità italiana di regalare convivialità, fonda l’unicità del nostro Paese agli occhi del mondo».

Ma cos'è Troviamoci? Un modo con il quale l'azienda vinicola di Erbusco sceglie di stare dalla parte dei clienti e offre il proprio palcoscenico - con una vera e propria mappa-guida sul web, dotata di geolocalizzazione - a una selezione di luoghi dell’eccellenza gastronomica italiana che sono partner di Ca' del Bosco e hanno attivato servizi di delivery, take away o, quando possibile, anche di accoglienza vera e propria. In termini concreti: «Una sorta di vademecum online su dove è possibile mangiare bene e accompagnare il proprio pasto con un nostro prodotto»; uno spazio in rete nel sito di Ca’ del Bosco che segnala quegli indirizzi del mangiarbene - per ora 1.500, ma cresceranno - in grado di offrire la migliore esperienza di acquisto e di consumo dei loro piatti insieme alle bottiglie franciacortine.

«Ogni anno la Natura ci insegna che la ripartenza è sempre un lavoro di squadra. Ca’ del Bosco ritiene indispensabile fare squadra con il mondo dell’Horeca. E ribadire agli occhi del consumatore finale lo straordinario ruolo che i professionisti del cibo e del vino – e, in senso generale, dell’ospitalità - hanno nella promozione e nell’accrescimento della cultura enogastronomica, della ricchezza e della diversità dei nostri territori», sottolinea Dante Bonacina, artefice del progetto, «ideato a 1.500metri d'altezza, a Cané di Vione, un paesino del parco dello Stelvio che domina tutta la catena dell'Adamello. Là mi sono rifugiato con la famiglia, ed essere circondato da boschi e prati, invece che di ambulanze, credo mi abbia consentito di riflettere sul mondo della ristorazione, connesso strettamente a un patrimonio agroalimentare di filiera che non possiamo permetterci di perdere. Noi stessi siamo legati a questo mondo della ristorazione, da sempre; abbiamo quindi voluto confermare quest'asse, e ci siamo chiesti quale fosse il modo migliore per far percepire questa nostra vicinanza». Troviamoci, appunto.

Ca' del Bosco è anche un luogo con straordinarie opere d'arte. «Al di là della mia passione per la scultura contemporanea, l’arte è stata un tentativo ulteriore di dialogare con un certo tipo di pubblico - spiega Zanella - Negli anni ’80, per far capire che il vino che vendevi non era quello del bottiglione dell’Oltrepò, dovevi intercettare i clienti più colti con una scusa. Io ho pensato che questa fosse la migliore. Chi veniva qui e capiva di arte pensava: allora il vino è un fatto di cultura. Mal che vada, mi son detto, mi resteranno delle cose belle da vedere». Qui Eroi di Luce by Igor Mitoraj. Foto Massimo Listri

Ca' del Bosco è anche un luogo con straordinarie opere d'arte. «Al di là della mia passione per la scultura contemporanea, l’arte è stata un tentativo ulteriore di dialogare con un certo tipo di pubblico - spiega Zanella - Negli anni ’80, per far capire che il vino che vendevi non era quello del bottiglione dell’Oltrepò, dovevi intercettare i clienti più colti con una scusa. Io ho pensato che questa fosse la migliore. Chi veniva qui e capiva di arte pensava: allora il vino è un fatto di cultura. Mal che vada, mi son detto, mi resteranno delle cose belle da vedere». Qui Eroi di Luce by Igor Mitoraj. Foto Massimo Listri

Egg Concept by Spirito Costa. Foto Massimo Listri

Egg Concept by Spirito Costa. Foto Massimo Listri

Il peso del tempo sospeso by Stefano Bombardieri

Il peso del tempo sospeso by Stefano Bombardieri

Blue Guardians by Cracking Art

Blue Guardians by Cracking Art

Codice Genetico by Rabarama

Codice Genetico by Rabarama

Inno al Sole by Arnaldo Pomodoro

Inno al Sole by Arnaldo Pomodoro

Water in dripping by Zheng Lu. Foto Massimo Listri

Water in dripping by Zheng Lu. Foto Massimo Listri

Il Testimone di Mimmo Paladino. Foto Massimo Listri

Il Testimone di Mimmo Paladino. Foto Massimo Listri

Elogio dell'ombra by Bruno Romeda. Foto Massimo Listri

Elogio dell'ombra by Bruno Romeda. Foto Massimo Listri


In cantina

Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo

a cura di

Carlo Passera

classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera

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