Arrivi a Colle Val d’Elsa e trovi Gaetano Trovato e il fratello Giovanni sommersi da un mare di scartoffie: visure catastali, progetti architettonici, planimetrie, poi tanti rendering di un edificio moderno, in mezzo alla campagna. Bello, caspita! Cos’è? «Sarà la nostra nuova casa». Perché la notizia è questa: Arnolfo si sposta, il 2019 sarà un’altra data storica della sua pluripremiata attività. Passiamole in veloce rassegna: 1982 l’anno di nascita, già qui a Colle; 1986 la prima stella Michelin; 1995 il trasferimento nell’attuale location, in un palazzo nobiliare del 1600, su quattro livelli, sempre in paese; 1999 la seconda stella, mai tramontata. Tra due anni, dunque, se tutto va secondo i piani, il nuovo Arnolfo.
A settembre partiranno i lavori. E’ bello vedere Gaetano, classe 1960, e Giovanni, che è un 1951, entusiasti come ragazzini, determinatissimi. Non stanno più nella pelle: «Era tanto che cercavamo una cosa del genere. Sapessi quanti edifici abbiamo scartato, quanti appezzamenti siamo andati a vedere! Questo ci pare proprio l’ideale».

L'attuale sede di Arnolfo
Si trova a 400 metri in linea d’aria dall’attuale ristorante, in una collina sulla Volterrana, viale della Rimembranza, due passi da un convento duecentesco dedicato a San Francesco. Nessuna struttura pre-esistente, quando abbiamo chiesto allo chef cosa si trovasse ora su quella superficie di circa un ettaro, la risposta è stata: «Settanta ulivi!».
Progetto da 2 milioni di euro, molto ambizioso, «di design», per dare anche visivamente un messaggio: Arnolfo non si culla sugli allori, si rinnova, scommette sul proprio futuro. L’edificio sarà tutto in pietra toscana e cristalli, mille metri circa su due piani: sotto quello interrato con la cantina e i locali di servizio, sopra il ristorante vero e proprio, pochi tavoli (saranno 8, meno rispetto alla location attuale, anche se la sala sarà molto più grande) che danno su una meravigliosa vetrata panoramica di 5 metri con vista spettacolare sul borgo; oltre al vetro una terrazza per prendere un aperitivo, far due chiacchiere, sorseggiare il caffè alla fine del pasto. Attorno, la natura.

Di nuovo Giovanni e Gaetano Trovato
Elemento distintivo del progetto sarà una torre, che nelle intenzioni iniziali doveva essere più alta, ma in fase di approvazione da parte della Soprintendenza è stata limitata a 9 metri: «Vogliamo richiamare un’altra torre, quella di
Arnolfo di Cambio che si trova in paese». Si tratterà di un puro elemento architettonico: da lì si accederà alla sala. La cucina a vista verrà realizzata su misura da
De Manincor, avrà tre grandi tavoli centrali d’appoggio per le portate salate (antipasti, primi e secondi), attorno tutte le apparecchiature – fuochi, lavabi, forni, abbattitori eccetera – poi la parte per i dessert. Il nuovo
Arnolfo prevede anche un piccolo spazio museale e un parcheggio privato; persino la strada d’accesso sarà modificata, creando una carreggiata supplementare per consentire l’accesso agevole alla struttura.
Gaetano Trovato sintetizza così lo spirito che anima il progetto: «In un contenitore storico come la Toscana, l’innovazione totale».
La vecchia sede di via XX Settembre 50 non andrà in pensione: diventerà «una dimora storica dove fino a otto persone potranno prenotare e soggiornare, con tanto di chef e maggiordomo», in sostanza una chicca esclusiva.
E’ bello vedere come a puntare così decisamente sul futuro sia uno chef che è padre professionale di tanti tanti altri: da
Nino Di Costanzo a
Eugenio Boer, da
Michelino Gioia ad
Aurora Mazzucchelli… Chiediamo a
Trovato quali dei molti ragazzi passati dalla sua cucina senta più affini, a livello stilistico. Ci pensa un po’: «Penso a
Matteo Lorenzini (
Se.Sto on Arno), che poi si è affinato con
Ducasse. A
Matteo Manzini, pulito, garbato: ora è sous chef di
Eneko Atxa all’
Azurmendi. Certo a
Di Costanzo, un grande: con lui ci sentiamo spesso». A
Pino Cuttaia – ci racconta - ha consigliato di non rimanere fermo a Licata, di muoversi continuamente. Continua: «E’ bravo
Alberto Sparacino del
Cum Quibus di San Gimignano: ancora poco conosciuto, si farà valere nei prossimi anni. Poi a Firenze ci sono
Filippo Saporito della
Leggenda dei Frati a Villa Bardini,
Simone Cipriani all’
Essenziale,
Ivan Ferrara all’
Oliviero, un indirizzo storico: lui è d’origine siciliana come noi (i
Trovato vengono da Scicli,
ndr). E poi
Alessandro Cozzolino a Hong Kong…».
A tutti loro, e a molti altri, lo chef ha insegnato soprattutto tre cose: «La costanza: non ha senso dare tutto per un grande piatto, stellato, e poi deludere col resto. L’equilibrio nello stile, che è necessario per avere costanza. E la pazienza: si può bruciare le tappe se si ha dietro qualche imprenditore di manica larga, che ti finanzia senza problemi. Ma dato che è accadimento raro, forse conviene fare come noi: costruirsi la carriera passo dopo passo, con un percorso magari più lungo ma senza strappi». E arrivare anche così a vedere le stelle.
(E a proposito di percorsi: nella fotogallery firmata da Tanio Liotta vi raccontiamo il nostro a tavola, di gran livello).