«Fare colazione in caffetteria sembra la cosa più naturale del mondo. Ma le brioche non sono tutte uguali. Ci sono quelle di provenienza industriale, diffuse nella gran parte dei bar, che vengono acquistate surgelate e cotte ogni mattina in loco. Ci sono quelle prodotte nei forni e nei laboratori delle pasticcerie, magari distribuite e rivendute, ma anche queste non sono tutte uguali. La presente guida nasce da questa constatazione, e dalla voglia di offrire uno strumento agile per potersi orientare nella giungla delle colazioni a Milano, secondo la filosofia del buono pulito e giusto. Abbiamo assaggiato tantissime brioche, del modello base per così dire, ovvero quella “liscia”, e le abbiamo valutate in base alla loro bontà e agli ingredienti contenuti, che devono essere pochi e naturali».
[…]«In questo volumetto trovate brioche di tutti i tipi. Quelle tradizionali e quelle d’ispirazione francese, quelle per palati golosi e quelle più austere, le brioche da panettiere e i croissant di pasticceria. Per scoprire qual è la vostra preferita, c’è un solo modo: assaggiarle tutte. Buona colazione».

FATTA COME SI DEVE. In fondo alla guida, c'è la ricetta della brioche del panificatore Massimo Grazioli del Panificio Grazioli di Legnano (Milano)
Non si fa, in una recensione, di copio/incollare integralmente (o quasi) l’introduzione di un libro. L’abbiamo fatto innanzitutto perché
Antiniska Pozzi, autrice principale del libro “Brioche and the City. La Guida Slow Food per colazioni a Milano” assieme a
Paolo Bolzacchini e
Alessandro Cecchini (3,50 euro) centra da subito il punto: mangiamo brioche tutti i giorni, l’offerta è sterminata eppure è dannatamente complicato trovarne di buone. Come mai? Per la volontà di privilegiare gli incassi che vince su quella di perseguire la qualità.
La ragazza, da poco responsabile della costola milanese di Slow Food, ci raccontò un giorno in autobus di ritorno dal Refettorio, di essersi girata per settimane bar e pasticcerie una a una, senza badare a spese (né a ingerimento calorie) per testare in prima persona croissant e cornetti lisci, scevra dai pregiudizi e dalla suggestione che magari può venire dalle insegne altisonanti, con la difficoltà di chi deve schivare diffidenze («Quali ingredienti uso? Non glielo dico sennò me le copia») o furbizie, ammesse pure candidamente («Usiamo uova, farina, burro, zucchero, lievito di birra, miglioratore, aromi, olio di semi, margarina, acqua, malto, lecitina di soia…»).

Le 26 insegne prese in esame, assicurano gli autori, non fanno uso di «Coadiuvanti per panificazione, additivi, stabilizzanti, conservanti, esaltatori dei sapori, farine maltate ed estratti di malto, coadiuvanti enzimatici, lecitine ed emulsionanti, coloranti, lucidanti, cere, aromi artificiali e qualunque altro, se pur definito naturale, non derivi dal prodotto di cui si vuole riprodurre il profumo». Con il dubbio di quanti siano i bar scartati dalla guida, passiamo le pasticcerie che sfornano i 26
best brioche in town:
Alvin’s,
Biffi,
Cremeria Buonarroti,
Caravaggio,
Castelnuovo,
Clivati,
Cova,
Cucchi,
Gattullo,
Giacomo Caffè,
Marchesi,
Marotin,
Massimo 1970,
Massimo Pica,
Namura,
Pavè,
Princi,
Ranieri,
San Carlo,
San Gregorio,
Sant’Ambroeus,
Savini,
Sissi,
Sugar,
Tre Gazzelle,
Vecchia Milano.
Ogni scheda è corredata dall’anagrafica, gli orari di apertura, il costo della brioche liscia, poche righe che ne sintetizzano lo stile, l’aspetto e l’organolettica e un piccolo richiamo agli highlights extra-brioche. A voi la scelta.