11-02-2017
Da sinistra Pietro Montanari, Giovanni Gigante, Antonio Biafora, Nikita Sergeev e, secondo da destra, Luca Abbruzzino, coi rispettivi staff, alla serata dedicata al wild
Wild è sempre più spesso la parola d’ordine per le verdi generazioni di chef di tutto il mondo, Italia compresa. Wild che significa un pensiero specifico, comune, nella scelta delle carni, delle erbe di montagna, delle tecniche di cottura dirette, veloci, a volte primordiali, senza se e senza ma. L’idea di selvaggio è tutta dei giovani, eternamente inquieti e alla ricerca di esperienze forti, affascinati da questa (ri)scoperta dell’essenzialità che in fondo si collega perfettamente a quel loro lavoro quotidiano che sta portando alla rinascita dei luoghi di appartenenza. L’enogastronomia è ormai in grado di fare tendenza e di convogliare un grande numero di persone attratte dalla possibilità di scoprire un nuovo talento dei fornelli, un piatto particolarmente goloso, di seguire le evoluzioni di chef più o meno di grido. Ne consegue il desiderio di conoscere il territorio, i suoi prodotti, la cultura e quanto sa offrire: e wild e territorio si coniugano benissimo, appunto.
Una Sila davvero wild ha accolto i quattro chef ospiti di Biafora
Hanno puntato sui giovani talenti e la cosa sta piacendo moltissimo. Tra questi c’è Antonio Biafora da San Giovanni in Fiore, sulla Sila: nel suo resort Biafora ha riunito quattro altri chef-amici, tutti di nuovo conio, con i quali condivide lo stesso entusiasmo: Luca Abbruzzino del ristorante Abbruzzino a Catanzaro, Pietro Montanari del ristorante Cesoia a Bologna, Nikita Sergeev dell’Arcade di Porto San Giorgio nelle Marche e Giovanni Gigante sous chef all’Hotel Metropole di Ginevra. Dieci mani, cinque cervelli impegnati a elaborare il concetto di wild in cucina, da un punto di vista specifico: quello della nuova generazione italiana che padroneggia le tecniche del mondo ma le usa per raccontare i propri boschi, i propri laghi, i propri campi, i propri mari, la propria realtà territoriale.
Cervo marinato con erbe di bosco, cicoria spontanea, crumble di caffè e nocciola
Si è poi subito notato il tocco raffinato e preciso di Abbruzzino, il suo piatto è stato giocato su un continuo contrasto dolce amaro: Lingua, mandorla, fegato e lampascione. Certo il pensiero wild è incentrato sulla lingua che in questa preparazione è tutt’altro che selvaggia, ma elegante e sofisticata.
Ma continuiamo col menu: il primo lo ha firmato invece Pietro Montanari, che a soli 26 anni con il suo ristorante Cesoia è già divenuto un punto di riferimento importante a Bologna. Amico di Biafora dai tempi dell’Alma, ha scelto la carne di lepre: Ravioli di carote, cime di rapa, lepre e la sua salsa allo zenzero. Divertente nei sapori e nella preparazione. Poi di nuovo lo stile del fuoriclasse di Abbruzzino: bottoni di cinghiale e brodo di topinanbur.
Il raviolo di Montanari
Ha firmato anche il predessert, singolarissimo e divertente al palato, ispirato alla sua dalla terra di origine, protagonista un ortaggio molto in uso d’inverno: la verza. L’ha lentamente ghiacciata e servita con salsa di passion fruit e pane per la scarpetta - «anche questo è un atto wild», ha sottolineato divertito. Ha chiuso la cena Montanari con il dessert Sal–Emo: cioccolato misto a sangue di cuore di bue e ricoperto di salsa di lamponi. Insomma, roba per uomini duri.
Ultima annotazione: due dei cinque saranno tra i protagonisti di Identità Milano, Abbruzzino nella sezione Nuova Cucina Italiana e Biafora, con Nino Rossi, in Identità di Montagna.
Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
a cura di
nata a Napoli, è giornalista, sommelier e degustatrice Onaf, oltre che di vini ovviamente. Wine & food writer