19-04-2015

Perdomo e il valore della qualità

Dalla mozzarella ai pasticciotti, quando la tradizione rischia di mortificare il genio creativo

Un particolare del banco dell'Arte Bianca, la past

Un particolare del banco dell'Arte Bianca, la pasticceria di Antonio Campeggio a Parabita in provincia di Lecce, telefono +39.0833.595833. Questo maestro pasticciere salentino è un innovatore in materia di pasticciotti, il dolce simbolo del tacco d'Italia. Non solo ne propone di ogni gusto nella casa madre di Parabita alle spalle di Gallipoli, ma nella stessa Gallipoli ha aperto un paio di anni fa il Pasticciottino, il trionfo della fantasia in doppia versione: dolce e salata. Ne esiste anche una per gli intolleranti al latte, perfetta pure per i vegani perché prima di burro

Lunedì scorso a Paestum, in provincia di Salerno, sono rimasto fulminato da Matias Perdomo e dalla sua lezione alle Strade della Mozzarella. L’italo-uruguagio ha avuto una seconda idea che, talmente di spessore, ha fatto ombra alla prima, che non scherzava affatto. Matias ha infatti prima presentato un nigiri di mozzarella e poi quattro stagionature del formaggio bandiera della Campania che, per stupore suscitato, ha oscurato la prima idea. Per saperne di più sulla Muffarella vi rimando all’articolo di Carlo Passera.

Il punto ora è un altro, va oltre. E’ legato al valore della tradizione, a quanto di positivo ci può trasmettere ma anche al fatto che sovente si trasforma in una prigione. Penso al mondo della mozzarella di bufala e a un ritornello dal quale non si scappa. Quando tu, forestiero in terra di produzione mozzarellosa, chiedi quando è il momento migliore per gustarla, la risposta è invariabilmente la stessa: subito, l’indomani è già vecchia, buona per preparazioni calde, mozzarella in carrozza piuttosto che pasta al forno.

La macchina che confeziona i bocconcini di mozzarella da 250 grammi

La macchina che confeziona i bocconcini di mozzarella da 250 grammi

Al gran bell’evento organizzato da Albert Sapere e Barbara Guerra ho pure chiesto se era possibile organizzare una verticale per vedere come il formaggio evolve prima di scadere del tutto. Impossibile. Esiste sì una data di scadenza da apporre alla confezione, ma sembra venga fatto solo perché è un obbligo di legge. Nessun campano mangia una mozzarella trascorsi un paio di giorni. Non è mentalmente previsto. E al morso se ne capisce il motivo. Chiunque abbia addentato un’autentica mozzarella di bufala appena prodotta (o poco più) ne coglie al volo la maschia virilità, è soda e piena, perché aspettare e inflaccidirla?

Tuttavia c’è un però: perché negare la possibilità di provare questa o quella idea, passando dalla teoria alla verifica pratica? Certo, visto che Perdomo ha lavorato con i titolari del Boscasso, Maria Chiara Onida e Aldo Galbiati, uno potrebbe dire che da lì escono già maestosi formaggi di capra, perché faticare due volte, prima per produrre una signora mozzarella (non lì, intendo come impegno) e poi per trasformarla in tutt’altro? Semplice: se il risultato è più che valido, perché no? Solo perché nessuno ci aveva pensato prima? Ragionamento avvilente, la negazione del genio umano.

Le "muffarelle", le mozzarelle stagionate proposte da Matias Perdomo a Le Strade della Mozzarella a Paestum in provincia di Saklerno. L'intervento del cuoco uruguagio che lavora a Milano (da luglio il suo nuovo Contraste) ha frantumato la barriera del tempo e dimostrato che un capolavoro che andrebbe mangiato in giornata, la mozzarella, può essere stagionato. Cosa che inevitabilmente viene più facile da pensare a chi non ha radici in Campania

Le "muffarelle", le mozzarelle stagionate proposte da Matias Perdomo a Le Strade della Mozzarella a Paestum in provincia di Saklerno. L'intervento del cuoco uruguagio che lavora a Milano (da luglio il suo nuovo Contraste) ha frantumato la barriera del tempo e dimostrato che un capolavoro che andrebbe mangiato in giornata, la mozzarella, può essere stagionato. Cosa che inevitabilmente viene più facile da pensare a chi non ha radici in Campania

In una rubrica che tiene per la rivista della Coop, Cibo è cultura, Massimo Montanari ha recentemente ricordato due tipicità assolute della sua regione, l’Emilia Romagna, il tortellino e i garganelli. Che ha scoperto esistere uguali in due culture di Paesi ben diversi, Azerbaigian e Ungheria. Nel primo caso si chiamano duschbere e nel secondo Csigák, chiocciole. Ha commentato Montanari: “Rivendicare la purezza delle proprie radici è una scelta ottusa e sterile. Ogni identità si è costruita entro circuiti di scambio talora oscuri e misteriosi. Che sarebbe bello studiare, con curiosità e mente aperta. Le vie del cibo sono infinite”.

Verissimo. Ad esempio, trovo anacronistico chi pensa di conoscere la verità e resta sordo ai cambiamenti, anche a quelli in meglio. Salentino di adozione, ho ritagliato un pezzo apparso nel Corriere della Sera di venerdì 3 aprile. Paola Moscardino celebra il pasticciotto, bontà simbolo di Lecce, uno scrigno di frolla ripieno di crema. E lo fa raccontando la pasticceria di Galatina, Ascalone, dove tutto ebbe inizio nel 1740. Pezzo perfetto, di quelli che mettono al centro della cronaca la storia e non la qualità. Perché è vero che in quella bottega la ricetta è uguale da 275 anni, ma è pure vero che la pasticceria, come tutto, da allora è cambiata enne volte.

Il pasticciotto è frolla, crema e null’altro (non sempre ormai, ma questo sarebbe un altro film), con una forma che, messo in piedi, ricorda l’organo genitale femminile. Se Arte Bianca a Parabita, Cafè dei Napoli ad Alliste e Caffè Italia a Taurisano usano il burro, con risultati cento volte migliori, perché dovrei bocciarli? Solo perché hanno eliminato lo strutto, rompendo con il passato? Era un grasso figlio della povertà, mica del piacere goloso, da celebrare nei ricettari storici. Poi c’è la vita contemporanea e con essa vanno fatti conti e misurata la qualità.


Affari di Gola di Paolo Marchi

Pagina a tutta acquolina, uscita ogni domenica sul Giornale dal novembre 1999 all’autunno 2010. Storie e personaggi che continuano a vivere in questo sito

a cura di

Paolo Marchi

nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose.
blog www.paolomarchi.it
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