La prima volta che ci capitò di leggere di questo 33enne originario della Bassa Normandia fu 3 o 4 anni fa. Il critico spagnolo Rafa Santos scrisse folgorato dell’Agapè Substance, un incasinatissimo bistrot parigino regolato dallo smisurato talento sui vegetali del suo regista David Toutain. Giudizio: 19 ventesimi e mezzo, lo stesso voto iperbolico - anticamera del picco massimo - che il fondatore de Lo Mejor de la Gastronomia allora appioppava a un manager della cucina di livello mondiale come Martin Berasategui.
Le nostre antenne si eressero ancora un poco nel leggere il curriculum del ragazzo che in una decina d’anni aveva consumato olio di gomito al fianco di lumi come Bernard Loiseu, Marc Veyrat, Andoni Luis Aduriz e Paul Liebrandt. Soprattutto, ci ha ricordato Simone Tondo, collega di Toutain a Parigi, «A 21 anni David faceva già il sous chef di un certo Alain Passard all’Astrance mentre Mauro Colagreco – ora 2 splendide stelle Michelin a Mentone – era ancora chef de partie». Non parliamo dunque di un virgulto in fasce ma di un maturo talento che ne ha già viste più di Bertoldo, incluso un anno a girare e cucinare il mondo con la famiglia, appena lasciato l’Agapè e prima di aprire, il 23 dicembre 2013, il SUO ristorante.

L'ingresso del ristorante, a due passi dalla Senna, altezza Invalides, settimo arrondissment
Il curriculum da brivido del capo non traspare certo dall’accoglienza
easy dei ragazzi del
DT e dai tratti naturalistico-contemporanei degli arredi e delle installazioni appese, con quelle sezioni di tronco d’albero che orientano il setting ancora più a nord del bordo-Senna in cui ci troviamo. La luce del sole dalle grandi vetrate sulla strada accende i riflettori su una cucina che talvolta gioca con citazioni dal passato molto prossimo (le riproduzioni del suolo alla maniera dei paesaggi commestibili baschi, la nuda pietra e il fieno redzepiano su cui poggia il pan brioches) ma che quasi sempre non ripete null’altro se non una cifra tecnica nel tempo diventata personale.
Che si sprigiona libera e potente nell’approccio sulle verdure, star of the dish non perché lo hanno detto oggi Redzepi o Ducasse ma semmai Passard tempo fa, un’eco che evidentemente girò nel nastro della testa del giovane Toutain per trovare finalmente il ripetitore giusto al 29 di rue Sourcouf.
Oggi a tavola si alternano felici sferzate tra l’acido e l’agro (la cialdina di piselli e arance in apertura è il benvenuto del migliore dei mondi possibili), il proteico e il vegetale, carote caramellate allo sfinimento eppure vive e croccanti sotto ai denti, trattamenti di bellezza che trasformano le radici da terragne a dolci, centilitri di brodo gamberi/carote concentrati come prima di un big bang, anguille che nuotato in pozze di sesamo nero, tartare di speck che chiedono di uscire dalla cinta di un calamaro e dal cappello di un cavolo riccio. Regni distanti che entrano nelle felici collisioni in una Mousse di cavolfiore e cioccolato bianco e sorbetto di cocco o in un Sorbetto di melanzana e timo.

Marluzzo caramellato, carota, verbena (per tutti gli altri piatti, clicca nella fotogallery in alto a destra)
Una grande cucina che galoppa in direzione futuro aggrappata all’asse della naturalezza e del gusto, quest’ultimo un ecoscandaglio onnipresente nelle trasvolate terrestri e atlantiche di
Toutain. Piatti di concetto ma ermetici e freddi solo all’apparenza, che si dilegua nella sostanza di soluzioni nuove, intelligenti e leggere. La conferma che Parigi è il laboratorio privilegiato d’alta cucina d’Europa, eldorado cui dobbiamo sempre riferirci prima di farci abbagliare dai fasci di luce che emanano dal grande nord. Se, del resto, noi della
Guida di Identità premiamo per la quarta volta su 8 edizioni un cuoco attivo in Ville Lumière (
Toutain si aggiunge a
Pascal Barbot,
Inaki e
Giovanni Passerini) un piccolo importante significato ci sarà pure.
David Toutain
29 rue Surcouf
+33.(0)1.45501110
Parigi, Francia
Solo menu degustazione da 68 e 98 euro (158 col match vini)
Chiuso sabato e domenica