Dirottiamo su Cuba, lustrandoci le papille all’idea di provare la «Nueva cocina» dell'isola più controversa dei Caraibi. È niente meno che la Lonely Planet a riferire di questo nuovo corso: un box in apertura della guida LP Cuba segnala che anche lo squadrone di Tony Wheeler - tradizionalmente molto efficace nel disegnare itinerari o indicare hotel per tutte le tasche, molto meno nel proporre ristoranti - s’è accorto della febbre del nuovo che sta mettendo a letto gli stereotipi di cucina di tanti paesi del mondo.
Al termine di un estenuante giro tri-settimanale tra polli fritti - ancora vivi nel sudore del soggetto scrivente -, aragoste pescate tre giorni prima e poi carbonizzate alla plancha e «qual è il pesce più fresco che abbiamo? il salmone», eccoci finalmente all’Avana a varcare speranzosi l'insegna de La Guarida, +53.(0)7.8637351. È un magnifico ristorante, s’illuminano i ragazzi di Lonely Planet in quel box, «il cui cuoco vanta stretti legami con i guru della gastronomia francese, spagnola, statunitense». Il risultato è grandioso purtroppo solo nell'ambientazione: un fantastico paladar familiare al terzo piano di un palazzo fatiscente, sospeso nel cuore dell'Habana Vieja, quartiere tra i più entusiasmanti di tutta l’America Latina (ci hanno girato intere scene del bel Fragole e Cioccolato). Il cibo è deludente sulle attese e sarebbe sgradevole soffermarsi sui perché: suonerebbe snob nei confronti di milioni di famiglie che, nemmeno vent’anni fa, tiravano a campare per giorni con bistecche di buccia di pompelmo, e non per modo di dire. Era il Periodo Especial, 1991-1995, lustro tremendo che prevedeva tra l’altro un piano di razionamento di alimenti voluto da Fidel Castro che al paragone i nostri stenti del Dopoguerra appaiono ricchi buffet.

Alle pareti della Bodeguita del Medio, anche una foto di Hemingway con Fidel Castro
Concentriamoci allora sulle cose più buone. Sul podio delle esperienze cubane stanno certo i
puros, i grandissimi sigari della regione della Vuelta Habajo su cui torneremo. Ma forse dal gradino più alto esultano i cocktail a base rum, gli stessi che fanno apparire molti dei nostri omonimi
daiquiri,
piña colada o
mojito imbarbarimenti approssimativi. Dove berli all’Avana? Il celebre detto di
Ernest Hemingway, l’ubriacone più famoso del mondo, dà le due famose dritte: «
Mi mojito en La Bodeguita, mi daiquiri en El Floridita». Noi abbiamo apprezzato ben di più il primo cocktail e anche il primo dei due locali, la
Bodeguita del Medio di calle Empedrado, +53.(0)7.866887, con la sua personalità non del tutto modellata sul turismo inevitabilmente a fiotte, come accade al pur divertente
Floridita in Obispo, +53.(0)7.8671300, un bancone di backpacker su di giri fieri di farsi immortalare con la statua di bronzo dello stesso caracollante Ernest. Altri fantastici cocktail, meno costosi dei 4 cuc (circa 3 euro) che si spendono alla
Bodeguita per un mojito, si trovano anche nei vicini
Marina tra Oficios e Brasil, al
Dos Hermanos di calle San Pedro 304 e al
Cafè Taberna, tra Brasil e Mercadares. Ad averci il fegato, uno se li fa tutti.

Luci del tramonto all'Avana
Su storia e varianti del mojito,
Wikipedia illumina. Quello della
Bodeguita, vedi il video in alto, mostra bene le fondamentali foglie di
yerba buena, chiave di volta del cocktail: non una menta qualsiasi ma rametti scuri di
mentha nemorosa (il nome scientifico) i quali, leggermente pressati col pestello, danno il sapore distintivo all'insieme - mentre le foglie, dicono, devono essere il veicolo del solo odore sprigionato dal cerchio del bicchiere. Il rum versato sul composto di succo di lime e zucchero di canna pre-dosato nel tumbler alto è il bianco
Havana Club 3 anni. L’acqua frizzante
Ciego Montero (praticamente un monopolio a Cuba), ghiaccio e soprattutto l’afrojazz live in sottofondo facilitano il compito di buttarne giù altri 3, 5, 7…