12-03-2024

Tinture madri, estratti secchi, lacrime di benzoino: la disobbedienza degli ingredienti di Riccardo Camanini

«La cucina è il luogo che amo ed è difficile ribellarsi a qualcosa che si ama»: lo chef del Lido 84 ha portato sul palco del Congresso il frutto della sua ricerca, reinterpretando ricette antiche e dando loro nuovi significati

Riccardo Camanini, dal palco di Identità Milano 2

Riccardo Camanini, dal palco di Identità Milano 2024, mostra al pubblico la particolare sfoglia con cui ha preparato il primo dei piatti che ha presentato
(Tutte le foto sono di Brambilla / Serrani)

«Il tema del congresso di quest’anno mi ha messo fortemente in crisi». Dal palco dell’auditorium di Identità Milano 2024, Riccardo Camanini, chef e titolare del ristorante Lido 84 di Gardone Riviera, spiega il suo disagio a indossare il mantello della disobbedienza: «La cucina è il luogo che amo ed è difficile ribellarsi a qualcosa che si ama. Non mi capita mai di lanciare della farina per aria o rompere un piatto per rabbia». Così la toque dell’insegna al settimo posto della classifica World's 50Best parla della sfida più importante per un cuoco: la lettura degli ingredienti che disobbediscono all’idea iniziale di un piatto.

Il primo piatto raccontato da Camanini ha radici lontane: «Ho riletto una ricetta del 1500 di Bartolomeo Scappi, definito “il cuoco dei Papi”, autore di Opera, libro fondamentale per chi cucina».

Come fare una minestra di cavoli struccati alla milanese. Il titolo della preparazione stimola delle domande: «È stato subito evidente che si trattasse di un’antesignana cassœula. Ho fatto una ricerca e ho trovato che struccare, nel 1500, significava spremere, comprimere». Ecco la disobbedienza, radice di cultura, da cui nascono idee acute: reinterpretare una ricetta di cinque secoli fa partendo dal significato delle parole. E aggiungere tre elementi presi in prestito dalla fitoterapia e dalla profumeria: le tinture madri, l’estratto secco e le lacrime di benzoino.

«Le tinture madri sono probabilmente la soluzione di sintesi più precisa di una pianta. L’estratto secco è qualcosa di ancora più profondo, infatti nella fitoterapia viene chiamato titolo della pianta, perché è la tintura madre evaporata della parte alcolica. Le lacrime di benzoino, tipiche delle zone asiatiche, sono resine raccolte da una pianta (lo Styrax, ndr) rese in polvere e costituiscono un ottimo fissante dei profumi».

Reinterpretare un piatto a base di brodo di maiale e verza struccata. Si parte da una pasta fresca della tradizione bergamasca fatta con un chilo di farina, due uova e acqua povera: «L’abbiamo stesa sottile e l’abbiamo spennellata con una tintura di asperula, che gli dà un profumo estremamente erbaceo e un sapore lievemente amaro». Sulla pasta viene spolverato cavolo essiccato, estratto secco di broccolo, polvere di estratto di aneto e lacrime di benzoino per fissare i profumi.

Le sfoglie di pasta colorate e profumate avranno un gusto intenso dovuto alle erbe officinali. Il brodo viene preparato con costine di maiale cucinate per una notte in brace a caduta di temperatura passate poi in pentola con cavoli, cipolla, foglie di limone, miele, senape, zenzero e bacca di lemongrass. Altri cavoli essiccati saranno messi in infusione nel brodo. Rappresentare una pasta bergamasca nella sua massima espressione: «Il Casoncello alla bergamasca è una pasta povera estremamente gommosa. Viene cotta a vapore, lasciata asciugare e avvolta su se stessa creando un boccone. Deve ricordare la struccatura di una verza come l’avevamo immaginata nella ricetta».

Il piatto viene servito in quattro elementi differenti: il boccone di pasta, il brodo, cavolo cappuccio bianco e rosso marinato con una tintura madre di cardo mariano e le foglie essiccate di cavolo: «L’intenzione era quella di presentare una pasta che potesse essere mangiata con le mani per percepire la gommosità delle paste povere bergamasche e dare la sensazione struccata alla pasta».

Il secondo saggio portato sul palco dallo chef di Lovere racconta l’origine di un piatto presentato al Lido 84 a giugno 2014, anno di apertura, e diventato un simbolo del ristorante e del suo chef, lo Spaghetto al burro e lievito: «La prima versione di questo piatto era Spaghetto al burro e camomilla. Era maggio, i fiori di camomilla cominciavano a nascere, li raccoglievamo, toglievamo i petali, facevamo seccare la parte gialla centrale in forno e aggiungevamo la polvere sul piatto».

Ma mancava qualcosa: «Quello che ha reso questo piatto importante è stato l’utilizzo dell’estratto secco, sintesi dei principi attivi e degli oli essenziali di una pianta». La differenza è che, a contatto con il calore, una polvere resta stabile mentre un estratto scoglie gli oli essenziali: «Trattandosi di due elementi liposolubili, entrando a contatto con un altro grasso, l’estratto conferisce effetti ambrati allo spaghetto e quindi al palato non troveremo sensazione polverosa e la percezione olfattiva sarà molto più evidente con un effetto estetico più interessante».

Nel terzo piatto della sessione Camanini utilizza la tintura madre di biancospino, che al palato conferisce una nota fortemente lattica. Un risotto cotto in un brodo di stoccafisso e mantecato con una maionese all’olio di stoccafisso: «Il piatto aveva molta sensazione lattica e volevo abbinare un frutto che potesse dare una nota di acidità lievissima». Si impiatta: Riso, stoccafisso, banana e tintura madre di biancospino.

Camanini con Paolo Marchi e con Niccolò Vecchia, che ha presentato il suo intervento

Camanini con Paolo Marchi e con Niccolò Vecchia, che ha presentato il suo intervento

Prendere una ricetta del 1500, analizzarne le parole, respirarne l’anima, reinventare, alleggerire, estrarre e concentrare profumi e sapori della natura. Questa è la disobbedienza, questo è il mondo di Riccardo Camanini.


IG2024: la disobbedienza

Tutti i contenuti di Identità Milano 2024, edizione numero 19 del nostro congresso internazionale.

a cura di

Davide Visiello

classe 1974, sommelier, assaggiatore di caffè e verace uomo del Sud, è alla costante ricerca di sole e cieli azzurri. Nato a Vico Equense e cresciuto a Castellammare di Stabia, ama la cucina quando è innovativa e ha solide basi. Epicureo di cuore e palato, vive e scrive a Palermo, ma mangia e beve ovunque. Collabora con Identità Golose dal 2016

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