07-12-2024
Il mitico Savarin di riso alla Cantarelli, simbolo della tradizione e fedele alla ricetta originale. Si tratta di un risotto al parmigiano, con fettine di lingua salmistrata (autoprodotta), un ragù di funghi porcini secchi e polpettine di manzo. Il riso è un Vialone Nano (Riserva S. Massimo), per un motivo storico (la ricetta è del 1972, mentre il Carnaroli ha inizato a diffondersi alla fine degli anni 70) e pratico (il Vialone cuoce in 12 minuti contro i 18 del Carnaroli: si riesce a gestire più velocemente, consentendo di preparare il Savarin anche per una persona sola). C'è dietro una grande selezione degli ingredienti, necessaria a rendere opulenta la ricetta, come deve essere. Lo realizzano in formati da una a trenta persone (foto Stefano Caffarri)
Piazza XXIV Maggio a Rubiera, in provincia di Reggio Emilia, detiene un piccolo record: qui sorgono i due ristoranti stellati Michelin alla minor distanza l’uno dall’altro, misurabile in circa 35 metri. Da una parte troviamo lo storico Arnaldo - Clinica Gastronomica (detentore del Macaron dal 1959 ininterrottamente), mentre dall’altro, in un Forte del 1100, sorge l’Osteria del Viandante. Non vogliamo fomentare nessuna disfida tra le due parti, ma solo raccontare la storia della seconda, iniziando dalle parole dello chef Jacopo Malpeli: «Andiamo molto d’accordo coi ragazzi di Arnaldo. A volte, facciamo anche merenda insieme, tra un servizio e l’altro. Essere emiliani vuol dire avere una grande ospitalità dentro, che si riflette anche in questi gesti».
Uno scorcio della sala Orangerie, la più luminosa
L’Osteria del Viandante è un nome parlante: esso indica dinamicità, ma anche luogo di sosta, forse da un pellegrinaggio, per un ristoro opportuno, da consumarsi in un tempo quasi sospeso, completamente rapiti dalla bellezza dei restauri, che coniugano stanze un po’ più austere con una sala tutta a vetri, regno della luce naturale (la cosiddetta Orangerie). Ogni scorcio rivela un dettaglio diverso: specchi, ceramiche Ginori, arredamento antico e moderno, pezzi d’arte, carta da parati di Gucci. Ognuno può scegliere il preferito e questo aiuterà a vivere sensazioni piacevoli, come specifica ancora chef Malpeli: «In un mondo in cui siamo bombardati da mille input, qui ne conta solo uno: godersi il momento e stare bene. E’ questo che cerchiamo di offrire a tutti i nostri clienti».
Lo chef Jacopo Malpeli e il maître André Joao Cunha Fiaes, ritratti da Lido Vannucchi
La sala Napoleone (foto Lido Vannucchi)
L’Osteria del Viandante è anche un intreccio di storie e di persone, a partire dai proprietari attuali Marco Bizzarri e la moglie Maristella, che si sono sposati qui e che frequentavano il locale anche con la vecchia gestione, in mano alla chef Dolores Boretti e al marito Roberto Gobbi, con Mauro Rizzi, ancora oggi al lavoro qui come cantiniere e “memoria storica”. Ma non basta: lo stesso Jacopo Malpeli, sovente pranzava al Viandante, ignaro del disegno futuro che l’avrebbe portato a Rubiera. «La nuova proprietà - racconta - cercava un cuoco che conoscesse profondamente le dinamiche dell’Emilia, regione difficile per il fine dining, perché la trattoria “media” ha una qualità vertiginosa. Si mangia molto bene quasi ovunque e non è così facile proporre piatti diversi: c’è da stimolare, incuriosire e appagare allo stesso modo».
I Cappelletti in brodo di manzo e cappone (foto Stefano Caffarri)
Cavolo nero e verza, spuma di castagne e cipolle, spezie, tartufo nero: un piccolo capolavoro, tutto vegetale, dal gusto travolgente, con l'autunno che parla
Come una sorta di Matrioska, la cucina di Malpeli si svela partendo proprio dalla grassa tradizione emiliana, con una selezione importante di salumi, i Cappelletti del Forte di Maria Pia in brodo e il Savarin di riso alla Cantarelli, assolutamente da non perdere per l’esecuzione magistrale, opulenta e appagante. C’è poi tanto altro, spaziando tra un menù vegetariano, nato per sfruttare l’orto, e una creatività totale, specie in autunno: la Spuma di cipolle e castagne, cavoli, fonduta al caprino e tartufo nero e la Zucca brulé sono due fulgidi esempi, dalle stratificazioni di gusto molteplici. Un’interessante riflessione giunge poi sulle carni: il piccione di Laura Peri (allevatrice di Arezzo) è grande piatto, che ha come punto di forza la leggerezza, nonostante una dose generosa di fondo di cottura. Proprio quest’ultimo elemento è alleggerito e viene preparato senza aggiungere troppi grassi, per favorire l’assaggio di più portate e per contestualizzare l’epoca in cui siamo, in cui il cibo deve sì essere nutrimento, ma con un apporto calorico idoneo.
Zucca brulé, cioè caramellata, servita con crema di zucca alla torba, beurre blanc, semi di zucca dolci e salati, polvere di mandorle amare, di zucca e di caffè: a dispetto della semplicità degli elementi, si tratta di una portata molto complessa, con toni amari, bruciati e torbati. La creatività va ragionata ed è questo il caso: si vede che dietro c'è un bel lavoro di squadra, con l'esperienza di Malpeli a tirare le fila
Petto di piccione alle erbe, nocciole, senape del Ventasso, fondo di cottura, porro fondente cotto alla brace, crocchetta di frattaglie: magnifica esecuzione, anche per la sorprendente leggerezza del fondo
Specifica meglio, come in una summa di intenti, Jacopo Malpeli: «Ci sono tracce di Emilia in ogni piatto, ma vogliamo tendere a un’opulenza alleggerita, dando comunque un gusto noto, ma senza pesantezza. Per farlo, abbiamo “emilianizzato” le ricette, cercando di usare materie prime che provengono da microproduttori o piccolissimi fornitori locali. Per noi la sostenibilità è questa: “sposare” un fornitore in ogni stagione dell’anno, essendo consapevoli che, per esempio, in inverno le uova saranno più piccole e quindi dovremo ricodificare le ricette in quel senso. La freschezza è uno stravolgimento nobile, che porta a più impegno e lavoro. Questa, però, è anche l’unica strada per lavorare con materie prime aliene dalla grande industria: non si potrà essere sempre costanti, ma di certo saremo sempre sostenibili e con sapori autentici».
A tali parole, sono seguiti i piatti, con l’evidenza di essere di fronte a una cucina molto materica, dove si bada un po’ di meno alla concezione, per esaltare ogni ingrediente fino all’ultima fibra.
In Piazza XXIV Maggio a Rubiera c’è uno dei Forti più facili da conquistare, con le mura che accolgono e proteggono un desinare senza tempo, anche per i viandanti più contemporanei.
Carpaccio di kiwi, trota marinata (con scorza di agrumi, sale, zucchero e aneto), salsa al guacamole e pistacchio
Midollo cotto alla brace, tartare di fassona piemontese, salsa tonnata alla Piemontese (con le uova sode), caviale italiano Adamas
La pastry chef Valentina Marzano illustra il carrello dei formaggi, con una passione ardente e una competenza rara
La selezione di formaggi, accompagnata da pan brioche con uvetta e noci, composta di marasche, chutney al mango e cardamomo, miele al castagno, pere in mostarda, tutto prodotto in proprio
Autunno a Monchio delle Corti: namelaka alla nocciola, semifreddo alla mandorla, cake al caffè, crumble di frutta secca al miele di castagno, gel di vin brulé, cialde croccanti. Una versione contemporanea e scomposta della Spongata, il dolce dell’infanzia di Jacopo Malpeli, ad opera di Valentina Marzano. Buono!
La monumentale cantina, su due livelli
Il sous chef Giuseppe Amato sorride insieme a chef Jacopo Malpeli a fine servizio: giovani, affiatati e grandi lettori di un'Emilia più contemporanea che mai
Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
di
piacentino, classe 1988, ingegnere&ferroviere. Mosso da una curiosità gastronomica continua, ama definirsi “cultore delle cose buone”, essendo cresciuto in una famiglia dove si faceva tutto “in casa”. Crede fermamente nella (buona) tavola come creatrice di legami, generatrice di ottimi ricordi e di emozioni vive. Instagram lucafarina88
Dall’Italia è una narrazione in continua evoluzione di tutto il buono che racchiude in lungo e in largo il nostro Belpaese. Una rubrica che ci porta alla scoperta delle migliori trattorie, i ristoranti più esclusivi, osterie, tra le vette più alte o in riva al mare. Delizie che non possono sfuggire alle rotte dei più entusiasti viaggiatori.