30-09-2021

La fillossera umana, sopravvivenza e felicità. A Identità Milano Josep Roca regala un "trattato" di umanità

Una riflessione illuminata dal "metronomo" e sommelier di Casa Roca per costruire una nuova idea di ristorazione, di relazioni umane e di modalità di approcciarsi alla terra

Il sommelier Josep Roca del ristorante El Celler d

Il sommelier Josep Roca del ristorante El Celler de Can Roca, Girona (Spagna) a Identità Milano nella giornata di lunedì 27 settembre. Tutte le foto sono di Brambilla-Serrani

Josep Roca, el camarero del vino di casa Roca, torna sul palco di Identità Milano, e il pubblico eredita un trattato di umanità. È un cammino a ritroso, che ripercorre il ricordo di quanto abbiamo vissuto nel tunnel pandemico, quando il giorno scorreva e scivolava lontani da tutti, dalla famiglia, dai colleghi, distaccati da quelle reti nelle quali siamo sempre imbrigliati. Ci siamo risvegliati in un mondo diverso e per attraversarlo, usiamo una maschera – ma basterà a coprire cosa abbia potuto significare aver convissuto con il dolore, con la morte? Con la disumanità della lontananza, dell’impoverimento del nostro grado di socialità.

Ma come ci siamo arrivati? Cosa è accaduto prima? «Abbiamo distrutto un campo», sciupato brutalmente il pianeta consacrandoci a ritmi accelerati, all’impazienza. Produrre di più e subito, e anche il pianeta, oggi, come noi mostra segni di cedimento. Un tempo avremmo pensato di quest’era come di una profezia da filosofi, e forse lo è, ma ciò di cui stiamo parlando, in realtà, è la profonda crisi esistenzale che il Covid ha soffiato sul mondo.

Eureka! C’è un appiglio, esiste una via d ’uscita: iniziare a pensare in un modo diverso per un mondo diverso. Costruire, vivere, far proprio un linguaggio che integri le parole rispetto, bontà, eguaglianza. Predicare l’amore, verso l’uomo e verso il pianeta. Accogliere la voce di Vandana Shiva per cui, la pandemia è la conseguenza di quella guerra che l’umanità combatte contro sé stessa violando gli equilibri naturali del pianeta. Perché alla naturalezza, il mondo ha preferito la monocoltura; alla biodiversità, i prodotti sintetici, il prosciugarsi del mare, la conversione del campo in aridi modelli di agribusiness.

Ecco che, allora, la gastronomia può fare qualcosa d’importante, sposare non più filosofie ma una ecosofia, superando materialità e materialismo. Non più avere, ma il buon-avere per poi goderne. Ecco perché El Celler ha servito nel suo menu del 2019, un brodo, ovvero l’acqua sporca dell’Africa perché quella buona e limpida che beviamo non è un bene scontato: un buon-avere. Sono state recuperate fermentazioni di antropologia antica, è stata ridotta la proteina animale e aumentata quella vegetale conciliandosi alla biodiversità e alla prossimità produttiva.

La riflessione che la sensibilità scatena, invoca un requiem in sottofondo, e il pensiero sfocia in una risposta inusuale, ma necessaria: parlare d’amore. Staccarsi dall’enfasi posta sul singolo, (ri)abituarsi alla comunità per viverla insieme, condividendo il microbioma senza aspettarsi che la natura sia collaborativa, ma che l’uomo si prenda cura del mondo e dell’altro. Che sia ridisegnata la struttura sociale e resa più matriarcale; che siano i nostri sensi a guidarci ora che la pelle è mutata, così ipersensibile, e che l’orecchio si è riabilitato per ascoltare il doppio e la bocca abituata a parlare la metà.

Josep Roca ha riflettuto sulle difficoltà, sulle origini e sulla condizione umana durante la pandemia, e presenta la risposta di casa Roca e le soluzioni maturate e poi applicate nel tempo

Josep Roca ha riflettuto sulle difficoltà, sulle origini e sulla condizione umana durante la pandemia, e presenta la risposta di casa Roca e le soluzioni maturate e poi applicate nel tempo

Nel lungo periodo di chiusura El Celler de Can Roca ha preso coscienza di ciò che aveva ritrovato tra le mani, il tempo cosicché come la pelle mutava, quella del ristorante lo faceva altrettanto adottando tonalità che ricordassero il suolo e così, anche la cucina, ancora più tracciabile e onesta. La famiglia Roca ha creato uno spazio per rassicurare l’ospite con distanze sicure; un luogo di lavoro dove è fondamentale prendersi cura della propria squadra, rispettarla, valorizzarla, e investire meno sul macchinario e più sul capitale umano. È nato un ristorante del sentire, del sentire attraverso l’anima, un ristorante di artigiani dove si guarda al mondo antico, più “normale”, con una normale condizione di lavoro per conciliare la gastronomia a quello che l’essere umano cerca: la felicità.Un ristorante orchestrato sulla capacità espressiva dello sguardo, occhi per consolare e sedurre, anche con una maschera perché, come disse un uomo chiamato Nietzsche: «Tutto ciò che è profondo ama la maschera».

La fillossera non è più un afide, un tarlo, un pericolo per le radici della vite, ma un batterio sano, che salva l’umanità e che produce dentro ciascuno di noi, silenzioso, la felicità.


IG2021: il lavoro

a cura di

Marialuisa Iannuzzi

Classe 1991. Irpina. Si laurea in Lingue e poi in Studi Internazionali, ma segue il cuore e nella New Forest (Regno Unito) nasce il suo amore per l'hospitality. Quello per il cibo era acceso da sempre.  Dopo aver curato l'accoglienza di Identità Golose Milano, oggi è narratrice di sapori per Identità Golose. Isa viaggia, assaggia. Tiene vive le sue sensazioni attraverso le parole.

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