Sono tutte belle le vittorie di questo mondo, ma alcune hanno un sapore speciale. Volete mettere le due di Massimo Bottura ai 50 Best? Secondo a Londra nella primavera del 2015, tempo un anno ed eccolo trionfare a New York nella tana di Daniel Humm e Will Guidara, due signori assoluti. Terzi, con i fratelli Roca secondi, i titolari dell’Eleven Madison Park confermarono la festa nel loro locale, con tanto di tricolore in cucina. Pochi altri avrebbero fatto altrettanto.
Poi ecco la tappa 2017 a Melbourne: sempre loro sul podio, ma in ordine differente: Humm, Bottura e Joan Roca pensando ai tre chef; quarto Mauro Colagreco. Campo neutro, impossibile vincesse un australiano. Ben differente il discorso ora a Bilbao. Nella tana degli spagnoli, tutto era pronto per un trionfo dei fratelloni di Girona. Poi, come spesso accade, la realtà segue sentieri ben diversi dai sogni e dai pronostici. Il modenese, dopo il trionfo a Manhattan, ha fatto il bis sull’altra sponda dell’Atlantico. Ha rotto di nuovo i piani degli organizzatori, davanti ai Roca, a Mauro Colagreco e a un Daniel Humm solo quarto. Giustificato perché l’Eleven Madison Park è rimasto chiuso per quattro mesi e si poteva votare fino a dicembre. Puoi poi anche essere in centro a Manhattan, e non in Lapponia o altri angoli sperduti, ma se sei chiuso puoi solo aspettare tempi migliori.
Ne ha approfittato
Colagreco terzo con il suo
Mirazur, la meno francese delle grandi insegne transalpine. E qui entrano in gioco i meccanismi di voto per come sono concepiti da poco più di un lustro. Dieci i voti a disposizione e massimo sei per i locali del proprio paese o area geografica. Per entrare nei primi 50 non è più sufficiente essere votati dai 39 tuoi connazionali. Devi piacere anche in giro per il mondo, strappare consensi lontano da casa.
Un tempo non era così. L’Italia da sola pesava tanto quanto il Sud America o gli interi Stati Uniti, poi i 50 Best si sono radicalizzati e singole zone, prima “sconosciute”, hanno acquisito un peso importante. L’esempio più calzante arriva dai Mondiali di calcio, in corso di svolgimento in Russia. Vi partecipano 32 nazionali, il doppio di un tempo. E si sa già che saliranno a 48 con l’edizione 2026. In teoria sarà più facile qualificarsi, ma gli azzurri quest’anno sono rimasti a casa perché sono rimasti soffocati dal numero di impegni e avversari. Un partita storta, un menù ostico e finisci nel gruppo.

Riccardo Camanini in un ritratto di Brambilla-Serrani a Identità Golose 2017
Felice per il poker azzurro, 1°
Bottura (+1 posizione), 16°
Enrico Crippa (-1); 23°
Massimiliano Alajmo (+6) e 36°
Niko Romito (+7), pensavo che
Riccardo Camanini sarebbe entrato nei 100. Così non è stato. Zero italiani tra il 37° e il 100° posto, segno che a livello di panel italiano, oltre ai quattro top, c’è stata dispersione di voti. Basti un dato: i 50 migliori ristoranti del pianeta sono sparpagliati in ben 23 differenti nazioni, tante per tutti e ancora di più per coloro che pensano si mangi bene solo in Italia, possibilmente a casa loro. Sette posti per la Spagna – ma brucia la mancata vittoria del
Celler de Can Roca -, sei gli Stati Uniti, cinque la Francia e quattro a testa Italia e Regno Unito.
Dei 50, nove sono una novità e tre un felice ritorno. Con alcuni passaggi significativi: la Turchia debutta nei Cinquanta grazie al Mikla di Mehmet Gürs, 44°, e la Slovenia pure con l’Hisa Franko di Ana Roš al 48°. La Norvegia quasi, 35° il Maaemo di Esben Holmboe Bang, dopo un fiore isolato nella prima edizione, 2003. Strano ma vero: il premio Ferrari Trento per l’arte dell’ospitalità ha

Rasmus Kofoed e Søren Ledet, la cucina e la sala del Geranium a Copenhagen, vincitori del premio Ferrari Trento arte dell’ospitalità. Copyright The World’s 50 Best Restaurants
premiato un uomo di sala dalla storia originale,
Søren Ledet, una delle due anime del
Geranium di Copenhagen assieme con
Rasmus Kofoed. Entrambi chef,
Ledet decise di passare all’accoglienza e alla cantina. Risultato: tre stelle Michelin alla cucina e premio per il servizio a livello di 50 Best.
Un mio personalissimo sogno? Due: che davvero il bis di Bottura traini la ristorazione italiana sempre più in alto, sempre più compatta. Di sicuro dà già un’immagine migliore della nostra attuale classe politica. Secondo: che presto sia riconosciuta la bravura dei nostri uomini di sala. Con l’Osteria Francescana così in alto, difficile pensare a Beppe Palmieri sugli scudi, ma Marco Reitano lui sì.
Riga finale: si dice che l’edizione 2019 si celebrerà a Las Vegas. Fosse vero, avremo un’edizione speciale di Scommettiamo che?