07-12-2006

dicembre 2006

ex editoriali
Da diciotto relatori il primo anno ai 56 del terzo, passando per i 40 della seconda edizione lo scorso mese di gennaio. Questo è il dato più evidente della crescita di Identità Golose, di un congresso che è solo una delle facce di un progetto molto più vasto per la valorizzazione e la promozione della Cucina Italiana e dei suoi interpreti, per i quali non si fa mai abbastanza, soprattutto a livello di istituzioni pubbliche. Se la vittoria azzurra ai mondiali di calcio ha portato sicuri benefici all’immagine e all’economia del nostro Paese, mi chiedo quanto benessere lo stesso potrebbe trarre da un settore gola sapientemente gestito e propagandato.
Cinquantatre relatori perché solo tali e tanti i temi che non possono essere ridotti a pochi momenti. Lo sforzo di noi organizzatori è di quelli che si definiscono importanti, perché abbiamo fortemente voluto evitare che Identità Golose sia solo una bella e importante passerella sulla quale far sfilare questo o quel cuoco senza una logica tra chi si alterna.
Non cerchiamo il teatrino carino e futile e nemmeno facili applausi. Vogliamo che si parli e si discuta di cucina e di pasticceria, desideriamo che si vada alla sostanza e che chi ripartirà il 1° febbraio da Milano si senta più ricco, anche di dubbi. Non ha più senso fermarsi al lamento perché le materie prime buone non ci sono più, perché il pesce non è più quello pescato libero e selvaggio, perché la pizza fa schifo, perché perché perché…
Un congresso deve individuare dei temi e cercare di offrire analisi e risposte che non solo siano condivisibili da chi sta in platea ma che siano pure d’aiuto nella pratica quotidiana.
Il presidente della Confindustria (e di tante altre realtà vincenti) Luca Cordero di Montezemolo ha appena detto che in Italia ci sono troppi fannulloni, che siamo una nazione nella quale metà rema e l’altra metà se ne sta a godersi il sole a poppa, magari pure, sostengo io, lamentandosi per la perdita di potere e di prestigio del nostro sistema. Montezemolo non solo ha ragione, ma mi viene da chiosare che nella metà negativa io aggiungerei anche coloro che nel loro ristorante, laboratorio, cantina, giornale o guida, di certo lavorano, ma cercando solo il guadagno facile e sicuro, puntano su ingredienti standard, magari già pronti e puliti, non fanno ricerca, non rischiano con un produttore scomodo, che va seguito perché arrivi a un grande risultato, che, azzeccato un menù, prima di cambiarlo passano anni, che scrivono solo di ristoranti affermati e di vini premiati, che non si sbilanciano mai perché ben sanno che è l’unica via per non sbagliare mai.
Tutto questo non è Identità Golose: a Milano si rischia in proprio, si investe sul futuro di una certa fetta di sistema Italia, si cercano di anticipare temi come il rapporto con il mare e il mondo dei pesci, il mondo del pane, del dessert e dei lieviti, la cucina dei Paesi scandinavi e quella della Campania, la cucina cosiddetta scientifica fino ai rapporti tra le generazioni all’interno della stessa famiglia, il passaggio di qualità tra una madre cuoca e un figlio chef, sempre difficile quando entrambi hanno personalità e idee proprie.

Paolo Marchi
ideatore e curatore

Nella foto di Maurizio Camagna, i relatori presenti mercoledì 24 gennaio alla conferenza di presentazione all'hotel Diana a Milano. Da sinistra: Gabriele Bonci, Gianluca Fusto, Giovanni Santini, Paolo Marchi, Antonino Cannavacciuolo e Carlo Cracco

Affari di Gola di Paolo Marchi

Pagina a tutta acquolina, uscita ogni domenica sul Giornale dal novembre 1999 all’autunno 2010. Storie e personaggi che continuano a vivere in questo sito

Paolo Marchi

di

Paolo Marchi

nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose.
blog www.paolomarchi.it
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