In una sorta di corsa a ostacoli per riaprire dopo il tutti chiusi in casa per pandemia, i ristoranti “indipendenti” precedono i ristoranti d’albergo perché tanti hotel non hanno ancora riaperto o se lo hanno fatto, finora è stato in modalità molto limitate ma lo stesso importanti perché sono segnali di vita imprenditoriale, pur se ancora in fase di sopravvivenza.
Non l’ho letto, ma non per questo è impossibile che qualcuno non l’abbia già scritto. Il Covid ha ribaltato, tra le mille e mille cose, anche quanto si è sempre detto dei ristoranti nelle strutture ricettive, che lavorano con una rete di sicurezza data loro dai clienti delle camere. Fino a febbraio, poi quella rete si è stretta attorno al collo come fosse un cappio del boia.
Tanti ostacoli, il più immediato la mancanza di turisti e viaggiatori in misura sufficiente e costante per giustificare economicamente un’apertura di spessore. Ammiro e applaudo chi vi è riuscito, anche se in modalità ridotta, e capisco in pieno le loro ansie e speranze. Mi ricordano i bolidi di formula uno, monoposto da 300 km all’ora, quando passano per i box quasi a passo d’uomo.
E’ il caso del Four Seasons di Firenze. Un dato su tutti come fosse un biglietto da visita: su 117 stanze, tutte pronte per essere occupate da una clientela planetaria, dal 19 giugno ne vengono sfruttate quotidianamente non più di una ventina. Una struttura nel palazzo dell’antica famiglia della Gherandesca, con un parco che copre nove ettari, è all’improvviso diventata un boutique hotel. Con i costi però di un 5 stelle lusso. Ma se uno, in questo dannato periodo, dovesse analizzare solo entrate e uscite non aprirebbe nemmeno la porta di casa, figuriamoci hotel e locande, ristoranti e trattorie.

Sogni d'oro al Four Seasons di Firenze
Abituati a correre e a non riposarsi mai, a eccepire per troppi inviti, a sbuffare se tutto non è men che perfetto, tra confinamenti e quarantene si sta riassaporando il piacere di un invito, di una trasferta lontani da Milano. A patto di non aspettarsi il passato, di ritrovare quello a cui si era abituati. Dalla scheda di
Chiara Aiazzi della guida di
Identità Golose: «Al top il
Palagio e le altre offerte della struttura: dall’
Atrium Bar, per light lunch e i drink di
Edoardo Sandri, alle alternative informali per la bella stagione, sempre supervisionate da
Vito Mollica - la
Trattoria Al Fresco a bordo piscina in collaborazione con il pizzaiolo
Romualdo Rizzuti e il nuovissimo
Magnolia, Asian Gastro Bar con piatti panasiatici curati da
Haruo Ichikawa (ancora chiuso però in post-pandemia)».

Astice con gazpacho alla puttanesca, chef Vito Mollica
In pratica
Mollica ha riassunto tutto nel giardino lato struttura principale, riservandomi una sorpresa straordinaria perché assolutamente inattesa. Immaginate di avere nel prato davanti a voi i tavoli riservati al menù stellato del
Palagio e lungo il fianco della villa i tavoli dell’osteria. Ci alziamo
Luisa e io e facciamo due passi verso il verde e veniamo stoppati (meglio perché non mi piace essere al centro, adoro avere un muro alle spalle), ma nemmeno ci fanno accomodare a uno dei due tavoli quadrati liberi. Si va oltre e mentalmente mi domando se eravamo attesi in cucina, opzione pressoché impossibile adesso. Qualche secondo ancora e siamo davanti a un faggio pendulo. Una fiaba, da brividi. Come cenare in un bosco.

L'interpretazione del pancotto da paerte dello chef Vito Mollica: Pancotto alle prughe secche, con cappesante e collo di pollo valdarnese
In pratica – e non da ora – è stato ricavato sotto i rami di questo particolarissimo albero uno spazio speciale per cene romantiche o degustazioni tra amici, tutto lontano da occhi indiscreti. Un’atmosfera magica, un luogo ammaliante di suo, reso ancora più incantevole dall’effetto sorpresa.
Via via sono giunti a tavola come amouse bouche un assaggio di Astice con gazpacho alla puttanesca, quindi Crema di ovuli con schie. Ora lascio la parola allo chef Vito Mollica: «Pancotto alle prugne secche con cappesante e collo di pollo valdarnese. Il pancotto riprende la tradizione toscana del pane delle feste al quale veniva aggiunta la frutta secca per dare un senso di ricchezza e gioia alla
tavola della domenica. In questo caso l’abbiamo arricchito con le prugne secche e servito accompagnandolo con le cappesante, che contribuiscono alla ricchezza del piatto, e il collo di pollo alla valdarnese ripieno con la mortadella, che lo controbilancia.
«Risotto mare e monti, un piatto che mi riporta al classico risotto degli anni ‘80-’90, anni in cui è iniziata la mia carriera. Lo abbiamo rivisto rendendolo attuale, servito con un crudo di crostacei e i funghi porcini, e portato a cottura con i loro brodi.
«Costata di vitellone Chianina al vino rosso con midollo e cipollotto di Certaldo. La costata è un richiamo alla cucina classica, alla côte de boeuf à la bordelaise, per la quale abbiamo utilizzato gli ingredienti toscani come la Chianina e il suo midollo, la cipolla di Certaldo e il Chianti Classico Riserva per la salsa.
«Dolci Dolcezze: per pre-dessert un Sorbetto all’anguria con brunoise di frutta esotica e crumble alla mandorla. Due dessert: Tartelletta alla fragola e vaniglia, Barretta croccante al caramello con gelato alle nocciole».
E la mattina, prima di ripartire per Milano, i pensieri sono andati a Patrizio Cipollini, storico direttore del Four Seasons fiorentino, scomparso nell’aprile 2019 e ricordato con una scultura a lui dedicata di Ugo Riva: La grande anima. E quella di Patrizio grande lo era davvero, coi fatti e non solo a parole e capricci.