10-02-2016
Foto ricordo, lo scorso 3 febbraio, al termine della seconda e conclusiva giornata di Fontegro 2016 a Kiev. Da sinistra verso destra, sorridono contenti Franco Aliberti, la slovena Ana Ros, una delle due organizzatrici, Ekaterina Avdeyeva, quindi Cristina Bowerman, l’altra curatrice del congresso, Anna Zelenokhat, e infine Davide Scabin. Appuntamento al 2017
Abituati alle luci e ai lustrini della ristorazione occidentale, i grandi chef e i grandi locali italiani ed europei, ma anche di Hong Kong, Tokyo e Singapore piuttosto che New York, Chicago e la California, fa solo bene trascorrere tre giorni a Kiev, capitale tormentata dell’Ucraina. L’occasione è arrivata a inizio febbraio con la seconda edizione di Fontegro, il congresso di cucina organizzato da Ekaterina Avdeyeva e Anna Zelenokhat nello stadio olimpico dove gioca la Dinamo Kiev, una leggenda del calcio.
In una sala il palco, sei lezioni il primo giorno e altrettante il secondo, e in una più vasta e bella dodici espositori. Sono cifre che in assoluto possono apparire quasi risibili (nel 2005 Identità debuttò con 18 relatori, che salirono a 30 l’anno seguente), ma tutto in questi anni in Ucraina è terribilmente difficile e penalizzato dalla pressione russa, il nemico sulla porta di casa e anche dentro casa. Le organizzatrici devono affrontare una serie infinita di problemi. Basti dire che all’esordio non c’erano espositori. Da zero a dodici è già un bel balzo in avanti.
Però noi eravamo circondati di grandi talenti, tanto che avevamo il problema opposto alle mie colleghe dell’est europeo. Io troppa abbondanza e loro troppa penuria. La stagione scorsa solo uno chef ucraino presente sul palco, Yuriy Priemskii, stavolta lo stesso, giusto Denis Komarenko, chef al Tarelka Gastrocafè, una passione sincera per il pane. Che però non ha affatto presentato sapori e sapienze della sua terra, bensì della nostra, dell’Italia. “Come chef non ha mai cucinato ucraino”, mi ricorda la Mayevska, contenta comunque che un suo connazionale abbia rotto il ghiaccio e sia stato invitato.
Il trionfo dell’italian sounding, del falso prodotto tricolore quando a uno stand c’era una eccezionale gamma di pancette e salami ucraini. Solo che hanno meno presa su un certo pubblico, in una città come Kiev dove le insegne italiane spopolano su più fronti. E con la crisi dettata dal confronto violento con la Russia di Putin, i prodotti originali costano troppo e così sempre più ristoratori cucinano italiano con materie prime locali. Nulla contro chi viene a scuola da noi, a patto distingua bene i suoi salumi dagli originali.
Oltre agli italiani, si sono distinti il fiammingo Kobe Desramaults, l’americano Mark Bitterman, per lui il sale non ha segreti, e il turco Maksut Askar. Gli altri avevano meno mordente per noi occidentali. Fontegro vuole essere una vetrina delle varie realtà ristorative dell’Europa orientale e questo spiega determinate scelte anche a livello di cene. Prima sera tutti al Kupecheskiy dvor, al limitare di un bosco poco fuori Kiev. Tutto molto tipico, ma anche molto datato e poco interessante salvo un ottimo Borsh con carne di anatra e barbabietola affumicata, panna acida e pancetta.
A Kiev tutti pazzi per Cristina Bowerman
Fontegro? Sì, grazie.
Pagina a tutta acquolina, uscita ogni domenica sul Giornale dal novembre 1999 all’autunno 2010. Storie e personaggi che continuano a vivere in questo sito
a cura di
nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose. blog www.paolomarchi.it instagram instagram.com/oloapmarchi