05-03-2018
Massimiliano Alajmo a Identità Milano 2018 (foto Brambilla-Serrani)
Oltre centonovanta centimetri di cuoco eretto di fronte a un auditorium pieno con un uovo, ammutolito in un silenzio sospeso, tutto proteso verso la voce di Massimiliano Alajmo, un sussurro in arrivo da chissà quali abissi di profondità. Il signore de Le Calandre ha dimostrato un’altra volta d’essere ragazzo d’altra stoffa, altra razza. Ha parlato per haiku, ma con quella incapacità tutta sua di darsi arie da predicatore. Empatico per natura malgrado la complessità del ragionamento.
“Rallentare per recuperare il senso di consapevolezza”. “Ritrovare il ritmo del respiro”. “Lentezza è memoria. Velocità è oblio”. Di più: “Lentezza è profondità. Velocità è superficie”. Un nucleo di pensiero applicato alla quotidianità di cuciniere dallo stupore francescano e il gesto michelangiolesco: «Siamo a servizio della materia e in ascolto. E osservandola cerchiamo di cogliere quello che intimamente ci può dire», ma con la consapevolezza che intervenire sulla materia significa rompere un equilibrio, quasi oltraggiare un capolavoro compiuto in natura.
«Che senso ha correre se quello che inseguiamo è proprio sotto i nostri occhi?». Un monito, magari un suggerimento, ma sottovoce: «Meravigliarsi», è il punto, «perché dentro la materia c’è una bellezza di ordine superiore».
Tutto sull’edizione 2018 di Identità Golose, a Milano da sabato 3 a lunedì 5 marzo. Il tema della quattordicesima edizione sarà “Il fattore umano”
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Cronista di professione, curiosa di fatto e costituzione, attitudine applicata al giornalismo d’inchiesta e alle cose di gusto. Scrive per Repubblica, Gambero rosso, Dispensa