Modena, interno notte. Cucina dell'Osteria Francescana di Massimo Bottura, a fine servizio. Entrarci significa trovare un gruppo di giovani cuoche e cuochi che, ultimando le pulizie, chiacchierano sorridenti mentre la musica riempie i locali. “The Crystal Ship” dei The Doors, in particolare. Guardandoli, lo chef si volta e dice: «La Francescana non è mai stata così forte, così in salute. C'è un'energia pazzesca. I ragazzi non scappano appena finito il servizio, si fermano, parlano, scherzano. E' una gioia per gli occhi».
Massimo Bottura, nel corso di un menu perfetto, da togliere il fiato, ci ha appena fatto assaggiare un paio dei piatti che presenterà a maggio a Identità Expo: sarà lui infatti ad avere l'importante compito di aprire il programma di Identità Golose a Expo 2015. Così gli chiediamo di quale delle due anteprime ha voglia di raccontare qualcosa. Bottura si ferma, ed è una notizia per un un uomo in costante, frenetico, movimento. Si siede su uno dei tavoli di lavoro. Ci pensa su, un minuto intero. Poi: «Dei tagliolini primavera».
Da dove nasce l'ispirazione per questo piatto?
Questo era un classico che trovavo sempre, negli anni '70 e '80, quando uscivo a pranzo con i miei genitori e la mia famiglia. Non era nient'altro che una dadolata di verdure di stagione saltata insieme ai tagliolini: chi lo faceva bene usava brodo ed erbe aromatiche. Chi lo faceva male ci metteva panna e di tutto un po'. Ma restava sempre il tagliolino primavera. Partiamo da questo presupposto.

Nella cucina della Francescana, Massimo Bottura con quattro delle ragazze della sua brigata
E cosa è successo a questo tagliolino?
Al rientro dalle vacanze...
[Poi fa una pausa. Si guarda intorno, chiama
Jessica, una delle ragazze che lavorano in cucina alla
Francescana. Le chiede una conferma di quando abbia iniziato a lavorare sulla fermentazione della pasta fresca. La ottiene, e riprende.]
Tutti qui durante le ferie hanno i compiti, i classici compiti delle vacanze. Devono riflettere su cose a loro familiari e da lì è arrivata l'idea di lavorare sulle fermentazioni. Avevamo questi tagliolini che erano rimasti in un'acqua di parmigiano troppo a lungo e non potevano essere serviti, così abbiamo provato a farli fermentare. L'idea è esplosa subito, abbiamo capito che poteva essere fantastica: ne è uscito un miso di tagliolini cotti in quest'acqua speciale, davvero strepitoso, che sembra di masticare. Avevamo provato anche con la pasta cruda, ma non dava lo stesso risultato.
La primavera nel piatto come è entrata?
Avevamo pronti i primi asparagi, i primi piselli, le prime fave e l'associazione è stata istantanea. Però abbiamo deciso di miscelare diverse tecniche provenienti da tutto il mondo.
Ovvero?
Alla base del piatto c'è una crème preparata con una classica tecnica giapponese. Fave, piselli e asparagi saltati in padella, passati al setaccio, messi sotto vuoto, cotti nel loro succo e frullati. Poi ci abbiamo aggiunto del bianco d'uovo e abbiamo cotto ancora tutto al forno a vapore, per far rapprendere leggermente queste verdure. E' tutta una questione di proporzioni.
Sono le stesse verdure che vengono poi tagliate a fiammifero?
Esattamente, a dare l'idea del tagliolino corto, spezzettato. Prima le abbiamo marinate in oli essenziali, poi appena scottate. Sopra la crème abbiamo messo erbe aromatiche di ogni tipo, riprendendo quei profumi che senti camminando in un campo a primavera, dalla menta alla rucola a tanti altri ancora. Per concludere con un po' di mineralità, abbiamo aggiunto anche dei fiammiferi di tartufo nero primaverile. Con il miso di tagliolini abbiamo fatto una zuppa, filtrandola fino a renderla limpidissima, per poi versarla sulla crème. Il risultato è un astratto di tagliolini primavera, che parte dalle tecniche orientali e attraversa il passato dell'Italia degli anni '70, per arrivare al 2015, in cui ci mettiamo a fermentare la pasta fresca.

Bottura durante la sua memorabile lezione a Identità Milano 2015, il cui fulcro è stato proprio il tema del recupero
In che modo questo piatto rappresenta quello che secondo te dovrebbe essere Expo 2015?
E' molto semplice. Si parte da un errore, da una pasta troppo cotta, che però non viene buttata, ma recuperata e fatta fermentare. Il cibo per l'anima è questo: l'etica affiancata all'estetica.
Questa idea di etica molto chiara e forte che esprimi, credi che riusciremo a rappresentarla a Expo?
Io ti dico che vedo molte persone che hanno già recepito questo concetto e molte idee che stanno sbocciando dai semi che abbiamo piantato. Vedo
Dan Barber a New York che, in modo abbastanza superficiale, fa un
pop-up restaurant con gli avanzi. Vedo il
Ledbury che ricicla gli avanzi per fare un composto per il proprio orto. Vedo
Matthew Kemp che fa un
waste monday tutto giocato sul cibo di recupero. Vedo
Carlin Petrini che fa un
Salone del Gusto tutto incentrato sul riciclo. Vuol dire che la nostra idea era giusta.
Un'idea che tu, insieme a molti tra gli chef più importanti del mondo, declinerai anche con il progetto del Refettorio Ambrosiano...
E' il progetto più importante della mia carriera. E non a caso mi hanno detto tutti sì:
Redzepi,
Adrià,
Humm, e tutti gli altri. Cucineremo per i ragazzi delle scuole alla mattina e per i poveri alla sera, per sei mesi. E' una prospettiva che mi emoziona profondamente.