15-09-2015
Foto di gruppo al termine del primo meeting di Figli di Pasta Madre, l'associazione creata da Renato Bosco, Matteo Carminucci, Samantha Verzini e Serena Stringher per riunire chi lavora col lievito naturale vivo, Un marchio ne distinguerà i prodotti, a tutela del consumatore. Il marchio e il disciplinare sono questi, mentre qui c'è l'elenco di tutti gli aderenti, in Italia e all'estero
Sintetizzando molto, i termini di paragone – uno negativo, il secondo positivo – sono il gelato e il panettone. Il primo vede il mercato proliferare di esercizi che millantano la “produzione propria”, laddove di proprio c’è solo la scelta dei semilavorati industriali dei quali fanno largo uso; il dolce natalizio per eccellenza sta vivendo invece una vicenda opposta, sempre di più le grandi multinazionali dell’alimentazione sono incalzate dai laboratori artigianali in una rincorsa a tutto vantaggio del consumatore-buongustaio.
Ecco, tra questi due poli si è sviluppato il primo meeting di Figli di Pasta Madre, il progetto che vede come capofila Renato Bosco e che ha convinto già quasi un centinaio di aderenti. Molti di loro si trovavano ieri nei locali di Identità Expo S.Pellegrino, sede di questa riunione d’esordio voluta per serrare le fila, innervare d’energie una creatura in fondo neonata, stabilizzarne la piattaforma d’intenti e pianificare gli sviluppi futuri.
Paolo Marchi e Renato Bosco davanti alla platea
E’ toccato a Bosco dettare quella che a un congresso di partito definiremmo “la linea politica” di Fdp, non prima di un necessario ma rimarchevole passo indietro: «Figli di Pasta Madre nasce certo da un’idea mia e degli altri tre fondatori (ossia Matteo Carminucci, Samantha Verzini e Serena Stringher, ndr); ma da oggi non è più cosa nostra, è di tutti i soci. Perciò vi chiedo di unire gli sforzi e contribuire in prima persona a questo progetto collettivo». Che ha obiettivi ben delineati.
Innanzi tutto, diffondere la conoscenza e la consapevolezza, «l’informazione è fondamentale». Fare in modo, insomma, che sempre più il consumatore abbia ben presente la differenza rappresentata dall’utilizzo della pasta madre viva nella produzione di lievitati, mettendolo al riparo dalle contraffazioni più o meno mascherate.
Ovvio che il pensiero corra subito a quelle bustine di lieviti liofilizzati (pasta madre “morta”, insomma) o addirittura ai prodotti industriali finiti “fatti con pasta madre” (cadavere tanto quanto) che sempre più la grande distribuzione sta mettendo sul mercato, sfruttando da un lato il favore che l’acquirente dimostra - «una merendina industriale realizzata con falsa “pasta madre” dà l’idea di essere più sana, più naturale». Invece presenta pessimi valori nutrizionali – e dall’altro la sua sostanziale ignoranza in materia.
Sopra, un po' di numeri su Fdp. Ed eccone altri: il 61% delle adesioni è arrivato dal Nord Italia, il 22% dal Sud, il 15% dal Centro, il 2% dall'estero
Con direttive chiare e scrupolose: 1) non demonizzare il lievito di birra, «indispensabile per certe lavorazioni. L’importante è che il consumatore sappia attraverso un’etichettatura chiara e corretta». I prodotti a marchio Fdp non conterranno un solo grammo di lievito di birra; 2) vincolare gli aderenti a Fdp a una regola precisa, «il marchio va a quei vostri lievitati effettivamente derivati da pasta madre viva, non a tutto quello che sfornate»; una garanzia per il prodotto e per il consumatore, dunque, non un fiore all’occhiello per il produttore; 3) introdurre ulteriori vincoli, come l’utilizzo esclusivo di farine proteiche, pulite e rintracciabili, di grano italiano, anche antico; 4) definire un sistema di controlli interno, in modo da stanare chi eventualmente avesse in mente di associarsi a Fdp, per poi sgarrare.
Prima di Bosco, era toccato a Paolo Marchi accogliere i presenti e introdurre il dibattito: «Bertold Brecht si chiedeva: “Giulio Cesare ha conquistato tutta la Gallia. Ma non aveva nemmeno un cuoco?”. Insomma, non si vincono le battaglie da soli. Per questo faccio i miei complimenti a Renato per aver voluto creare Fdp. Bisogna andare oltre alle mode, puntare alla sostanza e alla qualità. E diffondere un concetto: fino a qualche anno fa una cosa sana era considerata meno buona. Oggi non è più così e sempre meno deve esserlo in futuro. Voi siete al centro di questa evoluzione/rivoluzione».
Bilancio finale del pizza-ricercatore di Saporé: «Presto terremo un altro incontro per consolidarci e focalizzare sui punti di forza di questo gruppo». Uno l’abbiamo già scovato ieri: è, appunto, un gruppo, coeso ed entusiasta.
Attività, idee e protagonisti dello spazio di Identità Golose all'Esposizione Universale 2015
a cura di
classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it Instagram: carlopassera