13-11-2015
La sala dello Shari Vari di Roma, dove Ruggero Penza presta oggi la propria opera. In questo articolo ci racconta i sui segreti per diventare un buon maître
Un tempo noi maître eravamo le stelle più brillanti della ristorazione: c'era tutta una serie di situazioni che ci permettevano di mostrare le nostre capacità tecniche. Poi l'evoluzione della cucina e l'avvento del servizio impiattato hanno portato al tramonto della manualità in sala e all'affievolirsi dell’aurea di magia che ci circondava. Per aggiungere al danno la beffa, ciò è coinciso con la consacrazione della nostra nemesi, lo chef de cuisine.
Per capirci, è un po' come se la sconfitta nel derby consegnasse ai rivali anche lo scudetto. Alcuni tra noi, a tutt'oggi, sembra non siano riusciti a farsene una ragione e covano vendetta. C'è invece chi si è strutturato per affrontare il “servizio 2.0” e ridefinire il proprio ruolo. Per fare ciò, innanzitutto andava gestita l'annosa questione della guerra intestina tra reparti: il problema nasce essenzialmente dalla diversa natura dei due lavori, nonché dal diverso angolo visuale dal quale essi vivono la ristorazione. Nel mio caso, cerco di far si che i ragazzi di sala facciano brevissimi stage in cucina, e ogni tanto mi porto uomini in bianco ad accompagnarmi a prendere le comande.
Ruggero Penza ha iniziato a Londra al Savoy, per lavorare poi Giorgio Locatelli allo Zafferano. Tornato in Italia, è stato al Relais le Jardin, poi al Mirabelle, al Duke's e all'Aroma di Palazzo Manfredi. E poi ancora: Giuda Ballerino e l'Altro Vissani, presso il Pepero, in Costa Smeralda. Collabora da anni con le Scuole del Gambero Rosso a Roma, come tutor di tecnica del servizio di sala
Successivamente ci si deve dotare della capacità di leggere le situazioni, studiando il linguaggio del corpo e le dinamiche comportamentali di coppia e di gruppo. Per fare questo bisogna aver... vissuto. Fondamentale è sì l'empatia, che ci aiuta a comprendere la situazione e lo stato d'animo del cliente; ma essa nulla può se non si comprende, per esempio, che il primo pensiero per una madre è il pasto per i propri figli, che dev'essere proposto prima ancora che abbia preso posto a tavola. Oppure se non si è in grado di intervenire, tanto per dirne un’altra, tra una donna e l'uomo cui lei vuol far pagare caro una qualsiasi cosa avvenuta chissà quando, e allora continua a sfogliare svogliatamente il menu nell'attesa che lui la esorti a scegliere, dandole quindi modo di saltargli metaforicamente alla giugulare.
La scenografica sala dell'Aroma di Palazzo Manfredi, dove Penza ha lavorato
Per questo motivo, ai giovani camerieri che sperano di divenire un giorno dei maître non bastano i canonici suggerimenti sull'apprendimento delle lingue e sull'approfondimento continuo della conoscenza di cibi e bevande; a loro dico anche di "vivere" il più possibile, confrontandosi con chi è più diverso. Li esorto inoltre a domandarsi, quando si accingono a fare l'amore con qualcuno, cosa realmente desiderano raggiungere, se solo il loro desiderio oppure, oltre al proprio appagamento, anche quello dell'altra persona; se, in altre parole, per loro dare piacere agli altri rappresenta in sé un piacere. In quel caso, allora sì, vuol dire che son fatti della stoffa giusta, e saranno dei buoni maître.
(Le precedenti puntate: Informazione per fare formazione, di Enrico Camelio, e Le mie regole per la brigata di sala, di Donato Marzolla)
Il lato pubblico del ristorante visto dai suoi protagonisti: maître e camerieri
di
Romano, classe 1965, dopo aver lavorato in numerose insegne in Italia e all'estero, oggi è restaurant manager di Shari Vari a Roma e tutor di tecnica del servizio di sala per le Scuole del Gambero Rosso