26-09-2018
L'etichetta frutto della prima vendemmia (2006) di Giulio Ferrari Rosè, 80% pinot nero e 20% chardonnay, 10 anni sui lieviti
Le cronache del vino ricorderanno la data 24 settembre 2018 come turning point importante nella cronologia delle bollicine italiane. È il giorno in cui la famiglia Lunelli, viticoltori in Trento dal 1902, ha sollevato il velo sull’atteso Giulio Ferrari Rosé, Trentodoc a prevalenza pinot nero. Un rosè che sposta l’asticella del genere ad altezze sconosciute dentro ai nostri confini. C’erano gli stati maggiori dell’enologia nostrana a Villa Margon, per la cena orchestrata da Alfio Ghezzi, due stelle Michelin alla Locanda Margon, qualche tornante prima. Giornalisti, chef, clienti e autorità anche dalla Gran Bretagna, dalla Germania, dagli Stati Uniti, seduti all’ombra di affreschi con 500 anni di storia. «Quest’etichetta», ha esordito emozionato Matteo Lunelli, presidente e ceo di Cantine Ferrari, cravatta rosa per la circostanza, «è il risultato di un lungo percorso. Abbiamo custodito 5mila bottiglie per un decennio nelle nostre cantine. È un itinerario che ha avuto idealmente avvio nel 1902, con Giulio Ferrari. Questo signore intuì per primo la vocazione del Trentino alle bollicine di eccellenza».
Il primo brindisi al Giulio Ferrari Rosè, con tutti i suoi protagonisti
Matteo Lunelli e Alfio Ghezzi, autore della cena
Villa Margon, teatro cinquecentesco della presentazione
La sala di Villa Margon
Ravioli di gallina, burro e zafferano
Per dessert, Crema alla rosa damascena
Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo
a cura di
classe 1973, laurea in Filosofia, coordina la Guida ai Ristoranti di Identità Golose e tiene lezioni di storia della gastronomia presso istituti e università. instagram @gabrielezanatt