23-06-2015

Dom Pérignon, la sfida 2005

Venezia ha fatto da palcoscenico alla prima di un millesimo nato dopo mille peripezie e dubbi

Ci sono professioni che tutti invidiano, e quella del critico enogastronomico è tra queste, ma chi lo è per davvero distingue invito da invito. Non sono tutti uguali, a volte per fortuna e altre purtroppo. Una certezza: per declinarne uno della Dom Pérignon devi davvero avere un motivo di capitale importanza. Non è solo una questione legata alla qualità del prodotto, l’eleganza Dom Pérignon è assoluta e la freschezza pure, anno dopo anno, ma anche alla qualità di ogni presentazione in sé. Se esistesse un vocabolario della maison di Epernay di certo non includerebbe termini come banale, banalità, banalizzare.

A inizio giugno, sabato 5 e domenica 6, il week-end che nella Serenissima segnava il via della Biennale, è stato anche il fine-settimana del Dom Pérignon Vintage 2005, così nuovo da meritare gli spazi, il verde e il cielo di una struttura a sua volta nuova, l’Hotel Marriott sull’Isola delle Rose, dove un chef misurato e goloso come Giancarlo Perbellini ha aperto la sua prima insegna veneziana. E ancora, la vernice della mostra dedicata negli spazi di Ca’ Pesaro a Cy Twombly e intitolata Paradise o quel ritrovarsi la domenica per visitare la mostra di Henri Rousseau Il Candore Arcaico a Palazzo Ducale e poi attraversare in diagonale piazza San Marco e pranzare al Quadri della famiglia Alajmo con ancora il millesimo 2005 nei bicchieri perché la qualità, quando è autentica, non stroppia mai.

E’ stato come disegnare un arcobaleno sulla laguna iniziando dal giardino che cinge l’Hotel Marriott dove ogni critico ospite aveva un tavolino tutto suo per potersi concentrare. Un’annata che la casa per prima ha definito difficile per via delle condizioni meteo della stagione, avversità che hanno messo a rischio il vintage stesso (il 1997 ad esempio non vide la luce) visto che alla Dom Pérignon si lavorano le uve della medesima vendemmia e quelle sono. O meritano o no.

E questa fatica, questi dubbi, si sono ripercossi sul millesimo stesso. Una gestazione di 10 anni contro i sette/otto della norma piuttosto che lo Chardonnay prevalente sul Pinot Nero (in genere è l’esatto contrario come per il 2004). Chi ne sa più del sottoscritto quasi si stupiva di essere lì a degustare il 2005. Molto probabilmente altri avrebbero rinunciato o avrebbero prodotto egualmente per parametri più generosi, di quelli che perdonano. Ognuno si sceglie la sua strada. Io penso che tanti possono azzeccare l’annata da sogno, e magari non sanno nemmeno bene perché, ma solo i grandi sanno emozionare quando le premesse fanno tremare.

Lo chef Giancarlo Perbellini a Venezia assieme con un suo giovane collaboratore

Lo chef Giancarlo Perbellini a Venezia assieme con un suo giovane collaboratore

E se la domenica al Quadri, il Dom Pérignon Vintage 2005 ha bagnato prima gli Gnocchi di patate con granchio, cappe tonde, taccole e nero di seppia e poi il Trancio di dotto arrostito con carciofi brasati e salsa tartara alla rapa rossa, sabato a pranzo grande serenità nel menù di Perbellini. Il via con il Crudo di gamberi con maionese al rafano, quindi Pasta e piselli, macedonia di crostacei e formaggio di capra per poi fare ohhhhh con l’Ombrina dorata burrata, acciughe e pesto di fave. Applausi.


In cantina

Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo

a cura di

Paolo Marchi

nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose.
blog www.paolomarchi.it
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