18-10-2021
Lo chef Mattia Trabetti, veronese, classe 1989. Dal primo di giugno firma la carta - molto interessante - del nuovo ristorante Alto, all'ultimo piano dell'Executive Spa Hotel di Fiorano Modenese
Mattia Trabetti è uno di quei giovani chef - classe 1989, da Verona - che chi fa bene il mio mestiere osservava, studiava e non perdeva di vista ormai da un po'. Perché non si ha modo e tempo di andare subito ovunque e da chiunque, anche se questi appare promettente, anche se persone di fiducia te ne parlano bene: però è utile - anzi, direi persino doveroso - aggiornarsi man mano, scrutare le prime tappe di una fresca carriera, valutare i successivi spostamenti, in attesa che giunga il momento di affondare il colpo, di fare toc toc e presentarsi alla porta, perché si è acquisita la convinzione che il posto sia quello giusto per procedere finalmente con il racconto, probabilmente il primo dei tanti che verranno.
Per Mattia Trabetti tale momento è arrivato qualche mese fa, il primo giugno per la precisione, quando l'imprenditore siderurgico Marcello Masi dopo aver rilevato e ristrutturato completamente l'hotel Executive di Fiorano Modenese trasformandolo in un dinamico quattro stelle superiore con bella spa, ha chiamato Trabetti a dirigere uno dei ristoranti della struttura, Alto, insegna di fine dining, la struttura ne ospita un altro più easy e tradizionale, l'Exé, affidato a Paolo Balboni, che propone anche interessanti pizze contemporanee. Ed eccoci allora qui, toc toc, all'Alto, che si chiama così perché sta al quarto e ultimo piano, con vista che spazia sui dintorni per la verità non indimenticabili. Il dentro è meglio del fuori.
Il bancone con vista sulla cucina dell'Alto
La sua cucina intanto denota personalità, persino laddove la resa non è riuscitissima: come si dice sempre (o almeno è questa la nostra convinzione), meglio un piatto sbagliato e tre originali che tutti e quattro corretti ma banali. Noi abbiamo ritenuto gli amuse bouche anonimi, i Ciccioli di manzo con aceto di vino bianco in anfora troppo duri, le Ali di pollo e gamberi troppo asciutte al palato... Ma per il resto, parbleu! Lo chef ci ha impiattato un gran bel percorso, di livello, di - lo ripetiamo - personalità, con alcuni acuti (come Panna cotta alle spezie, crema di carote, succo di prugne selvatiche, foglie di ruta, quasi border line con la sua acidità - caratteristica dello chef - ma eccellente; Animella, pomodoro e finocchio di mare, con quest'ultimo che regala la marcia in più; tra i petit fours una notevolissima Meringa al caramello di miso; soprattutto, tornando indietro, gli Spaghetti tiepidi alle erbe selvatiche, garum di alici e caffè di cicoria, esplosione di aromi complessa e ben armonizzata, salmastro e amaro compresi e con intriganti note balsamiche: un esempio di come si può sbanalizzare la pasta, ci ha ricordato per certi versi Lopriore o Gilmozzi, ma con l'umami che fa da àncora). Sono, intanto, a fuoco e contemporanei; poi, pure viatico per il futuro e promessa/premessa di crescita ulteriore.
Lo staff dell'Alto: da sinistra Elios Bono, lo chef Mattia Trabetti, Irene Zui, Arianna Aravecchia, la sommelier Chiara Vezzani, il maître Alberto Gallingani
Alto propone un percorso alla carta più docile, inclusivo, per il cliente per caso; poi due percorsi degustazione diversi, il primo territoriale ma contemporaneo - per dire: Tagliatelle con estratto di prosciutto di Parma, luppolo e lime nero - che si chiama Emilia (a 60 euro. Ora è stagionalmente sostituito allo stesso prezzo da Selvatico, con piatti tra selvaggina locale e foraging, per esempio Pernice, topinambur, indivia belga e salvia), il secondo creativo - denominato Open Mind, senza confini, è quello che abbiamo assaggiato noi - a 80 euro.
E ora la nostra cena piatto per piatto, le foto sono di Tanio Liotta.
Spugna alle melanzane, crema di melanzane e berberè
Ciccioli di manzo, aceto di vino bianco in anfora. Buoni ma troppo duri
Panna cotta alle spezie, crema di carote, succo di prugne selvatiche, foglie di ruta. Buonissimo, magari potrebbe essere il caso di servire in una ciotola per facilitare l'assaggio
Granchio e porro: lo chef utilizza tutte le parti (un gel di consommé di granchio, la sua polpa con una maionese di porro bruciato, una salamoia di porro fermentato, olio all'aneto)
Animella, pomodoro e finocchio di mare con un battuto di pomodoro confit (varietà ramato e datterino), foglie e fiori di finocchio di mare sott'aceto, petali di peperoncino candito. Piatto squisito
Trabetti finisce i prossimi piatti...
Cetriolo marinato, pomodoro camone e anguria macerati in olio di basilico e aceto di vino rosso, mousse di basilico
Ali di pollo e gamberi. Le ali sono cotte sottovuoto, riassemblate e poi fritte, condite con una glassa di miele, limone e pepe. Il gambero è crudo, poi foglie di origano cubano. Idea gustativamente interessante ma il boccone manca troppo di umidità
Eccellente l'Anguilla e kimchi di peperone e rose. L'anguilla è cotta nel Josper con scalogno bruciato, poi ci sono i peperoni friggitelli e un olio alle rose
Il piatto del viaggio: Spaghetti tiepidi alle erbe selvatiche, garum di alici e caffè di cicoria, con pasta di gamberetti, peperoncino, polvere di paprika affumicata e nasturzio. Esplosione di aromi, complessa e ben armonizzata
Arriva il piccione...
Piccione, bietoline e palo santo. Il piccione (di un piccolo allevatore nell'Appennino tosco-emiliano) è cotto al bbq, la coscia viene arrostita e poi laccata con idromele al ginepro, poi le bietole e il fondo al palo santo
Sorbetto di foglie di fico arrostite, caramello di peperoni, aceto di uva fragola. Non c'è zucchero
Marble gress, omaggio al locale distretto della ceramica. Il disco di cioccolato bianco nasconde un crumble alle mandorle, fichi canditi, sciroppo di spezie, salsa di ribes, neve ghiacciata di more
Fuori programma goloso nel finale: assaggio di toma prodotta con latte di pecora cornella, rara varietà autoctona locale. È realizzata dall'azienda agricola Le Cornelle a Villa Minozzo (Reggio Emilia): 150 capi che pascolano tutti i giorni e producono un latte prezioso, la resa è un quinto rispetto al normale. La toma è stagionata un anno esclusivamente per il ristorante Alto, in genere non si va oltre i 3-4 mesi, poi Le Cornelle propongono anche una ricotta
Alto all'Executive Spa Hotel Circondariale S. Francesco 2, Fiorano Modenese (Modena) Tel. +39 0536 832010 altoristorante.com aperto solo a cena, chiuso domenica e lunedì Menu degustazione a 60 e 80 euro
Gita fuoriporta o viaggio dall'altra parte del mondo? La meta è comunque golosa, per Carlo Passera
di
classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera
Un piatto bollente, corroborante di Mezze maniche ripiene: racchiudono una farcia di parmigiano reggiano in due stagionature, uovo, pan grattato, noce moscata, il tutto a incontrare nel brodo di cappone. Una delizia perfetta per i mesi freddi e tipica della Vigilia di Natale nella provincia parmense e nella vicine terre di Piacenza e Cremona, noi l'abbiamo gustata all'Osteria di Fornio, Fidenza (Parma)
Gli chef Sara Frellicca e Giorgio Paratici nella sala del Novo Osteria di Borgonovo Val Tidone (Piacenza)
Edoardo Traverso, resident chef di Identità Golose Milano e Riccardo Forapani, chef del Cavallino. Per scoprire le prossime cene a Identità Golose Milano clicca qui
Gita fuoriporta o viaggio all’estero? La meta è comunque golosa. Lo è perlomeno per il nostro Carlo Passera, alias Carlo Mangio. Un cibo succulento le sue parole, che stimolano curiosità e salivazione, pensieri limpidi, tanta sostanza per una delle penne più interessanti del panorama gastronomico nazionale