Matteo Metullio è un ragazzo – classe 1989 – ma non lo sembra. Intendiamoci: il fisico e l’atteggiamento sono quelli regolamentari, in linea con le risultanze della carta d’identità: lì davvero vedi il giovanotto grande e grosso, triestino verace anche nelle movenze, dal fare spiccio e diretto, che dismessa la toque potrebbe tranquillamente confondersi coi coetanei in qualche birreria dell’Alta Val Badia, a far tardi, sghignazzare, dar di gomito e fischiare alle ragazze. Ecco, potrebbe: perché Metullio non è così, la sua età anagrafica si è attardata mentre lui andava avanti veloce. Così da ritrovarsi più maturo dei suoi coetanei.
È precoce. Tanto da meritarsi l’appellativo di chef bistellato più giovane d’Italia, a
La Siriola del Ciasa Salares, conquista dello scorso novembre, quando di anni ne aveva soli 28 (e già era stato un monostellato-bambino, a 23 anni, il 5 novembre 2013, una data così importante da valere un tatuaggio sul braccio). Col paradosso di vedersi il trionfo un po’ oscurato da quello del vicino di brigata,
Norbert Niedekofler, nel cielo del quale s’accendeva la terza stella nel medesimo momento e a distanza trascurabile, meno di tre chilometri. Non importa: conoscendolo un poco, ne avrà riso, perché non ha nulla del rampante ossessionato dal lavoro. Anche se sgobbone lo è, di sicuro.
Tanto più da qualche mese a questa parte, quando all'attività a San Cassiano ha affiancato quello di consulenza nella sua città natale, al
Grand Hotel Duchi d’Aosta (leggi
Matteo Metullio al Grand Hotel Duchi D’Aosta di Trieste: ritorno a casa). Da quel momento la sua vita è un inseguire gli impegni, ci ricorda in questo un altro
iron man,
Francesco Brutto (leggi:
Lavorare è Brutto): c’è da volare dalla Val Badia giù verso la Venezia Giulia, e poi trovare il tempo per
Maria Elena, la dolce compagna, che sta un po’ a Trieste dai suoceri, un po’ dai suoi a Tarquinia. E accudire il piccolo
Niccolò, parto del loro amore arrivato a coronare un periodo davvero d’oro e di fatica, non ha nemmeno sei mesi...
In tutto questo via vai,
Metullio è un giovane maturo anche stilisticamente. Prendiamo gli altri talenti italiani: scapigliati, adrenalinici, tutti presi a elaborare picchi
strong,
uppercut palatali, un giorno in volo per Lima, l’altro a studiare il
kombucha, all’inseguimento dell’acidità, di un
wow social per il
crossover fusion che non t’aspetti. Lui invece parla chiaro, non ha bisogno di anglicismi; è per una cucina che lo rispecchi, serena, salda; tecnica, certo, ma rilassante, nel senso di affettuosa e comprensibile. Una carezza, una rotondità, una coccola di gusto: non piaciona, giacché dotata di pensiero e struttura, eppure mai sopra le righe. Di quella solidità che, non a caso, piace (anche) alla Rossa.
Metullio è cresciuto professionalmente in Val Badia, prima alla corte proprio di
Niederkofler, poi dal 2012 già al
Ciasa Salares, succedendo ben presto come chef de
La Siriola a
Fabio Cucchelli. L’anno scorso diceva, dei suoi 28 anni: «14 vissuti al mare, 14 tra le Dolomiti». Ebbene, ormai lui
è la sua
Chocolate Room, la voluttuosa stanza del cioccolato (una quarantina di assaggi possibili, con tanto di fontana) in cui conduce gli ospiti una volta arrivata l’ora del dessert. Lui
è la
Cheese Room, dove gustare una cinquantina di caci di ogni dove. Lui
è la spettacolare cantina, con 21mila bottiglie di oltre 1.850 etichette, è bello esplorarla mentre lui affetta un salume al tagliere, per uno spuntino notturno sotterraneo… Lui, cioè, ha fatti propri, dando loro veste gastronomica, elementi d’opulenza che divergono radicalmente dai riferimenti principali della
nouvelle vague culinaria italiana.
Metullio, insomma, non ha nulla di
mainstream.
Metullio è piacevolmente diverso. Lo dimostra la nostra cena, che raccontiamo qui sotto, gli scatti sono di
Tanio Liotta.

Consommè di cervo alla soia

Spugna di rapa rossa, crema di rafano, astice e rapanelli

Vitello tonnato (ceviche di tonno e spuma di vitello)

Finta melanzana alla parmigiana

Buonissimo il Crackers di patate con capesante, wasabi e maionese all'arancia

Tagliatelle di seppia, il suo nero, mandorle e spuma di patate allo zafferano

Gran livello anche per il Toast di scampi e faraona, maionese agli agrumi, carciofi all'aneto

Lumache, coregone affumicato, aglio dolce, pane raffermo, acqua di pomodoro, prezzemolo, cocco e curry. Il piatto è interessantissimo e sintetizza lo stile di Metullio. Il sapore è intenso, goloso, eppure emerge anche la complessità. Ci sono le spezie, le note esotiche

Tortelli di bollito, prezzemolo, limone, capperi, peperoni bruciati, consommè di faraona. Forse il piatto più riuscito in assoluto

Carbonaro dell'Alaska, topinambur, daikon, scarola riccia

Animella di vitello, patate, carote, spinaci

Piccione in due portate: petto, carciofi e foie gras

Piccione in due portate: finanziera (ali, cuore e fegato, con purea di cipolla brucata al Marsala e schiuma al rosmarino)

Lo chef prepara un magnum alla fontana del cioccolato

Semifreddo al caprino, aria al gin tonic, pop corn caramellati, lime e basilico