Ricordo come fosse ieri il giorno in cui arrivai al Pescatore di Canneto sull’Oglio. Era l’agosto del 2008, bussai alla porta del signor Antonio Santini con la speranza di poter lavorare nella sua magnifica famiglia, tre generazioni in cucina tra sua mamma Bruna, la moglie Nadia, i figli Giovanni, Alberto e Valentina. Da ragazzino in realtà avrei voluto lavorare in cucina – e mio fratello, oggi cuoco, in sala. Ma nostro padre impose a entrambi di stare prima di tutto tra i clienti per capire le loro esigenze e il significato di servizio. Poi, eventualmente, avremmo potuto cambiare e chiedere di lavorare ai fornelli.
Il giorno del colloquio dal Pescatore io avrei voluto far parte della brigata di cucina, ma il signor Antonio mi disse: «Tu sei una persona di sala. Se vuoi a fine estate puoi iniziare». Poche parole che mi cambiarono la vita. Il giorno in cui si parte dal ristorante di famiglia, uno pensa sempre che il proprio sia il posto più bello al mondo. Ma a Canneto, un vero tempio della ristorazione, cominciai a sentirmi piccolo e a costruirmi una visione diversa e intensa di ristorazione.

Con la squadra del Pescatore di Canneto sull'Oglio (Mantova). Nella fila in basso, si riconoscono Bruna, Antonio e Nadia Santini
Ebbi il piacere di lavorare con Hayashi “Moto” Mototsugu, sommelier di grandissima professionalità. Con colleghi di sala come Manuele Menghini, oggi un vero amico, e con tanti altri, ognuno con la propria storia. Le esperienze lontano da casa sono fondamentali perché ti fanno perdere sicurezza, ripartire da zero. Ricordo tanti viaggi, ore in treno spese per tornare a casa una volta al mese. Ma confrontarsi con ragazzi anche più grandi e di culture diverse è impagabile.
Rammento una cena: con me e il padrone di casa francese, c’erano un mantovano, un canadese e un colombiano. Sembra una barzelletta ma per ognuno era fantastico poter raccontare delle proprie terre e tradizioni e immaginare quelle degli altri. Sarei poi andato a trovarli e loro sarebbero stati qui da me. Cose che ti fanno crescere.
Via da casa si soffre, inutile negarlo. Ma si impara tanto, sotto il profilo umano e professionale: ogni parola del signor Antonio celava un patrimonio di esperienze e conoscenze. Un rapporto che ancora dura a distanza.

Con Marc Haeberlin, chef dell'Auberge de l'Ill
Dopo un anno e mezzo a Canneto, decisi che era il momento di fare esperienza all’estero. Grazie ancora a Santini, finii in Francia, patria del vino e del servizio di sala, e in un altro grande ristorante a gestione familiare: l’Auberge de l’Ill di Illhaeusern, in Alsazia. Fu ancora più difficile ma imparai ancora tanto: lavorai con Serge Dubs, già miglior sommelier al mondo e Pascal Léonetti, miglior sommelier di Francia. Le degustazioni, le visite delle cantine, i loro consigli. Scoprii l’umiltà nei grandi. Imparai a sporzionare in sala da grandi maître, uno stile e una cultura veramente diversa dalla nostra. Un sistema perfetto, applicato a 120 coperti contro i 30 del Pescatore, un sistema di servizio diverso ma sempre ai massimi livelli. Gerarchico, rigoroso, organizzato. Con me c’era Alessandro Zana, ora maître di Da Vittorio a Brusaporto (Bergamo). Oggi siamo legati da una grande amicizia.
Nell’aprile 2011, dopo un anno in Francia, sono tornato a casa. Inizia un nuovo cammino, ancora più impegnativo perché il ristorante è il “mio”, il “nostro”: lavoro e mi confronto con i miei genitori Angela e Peppino e con mio fratello Arcangelo in cucina. Cerco di portare delle novità, ma insieme di rispettare tutto quello che i miei genitori hanno costruito nel tempo.