07-03-2016
Grandissimi nomi dell'alta cucina italiana protagonisti della mattinata di Identità Milano: Carlo Cracco, Annie Féolde con Riccardo Monco, Paolo Lopriore e Massimo Bottura. La nostra cronaca (foto Brambilla/Serrani)
La forza della libertà è la capacità di innovare, di battere vie sconosciute, di provare cose nuove, anche rischiando. Il futuro non è mai la riproposizione del già visto, l’uomo è posseduto dal demone della ricerca, l’ansia del migliorarsi è infinita, e termina solo con la morte.
Sono considerazioni che calzano a pennello a Carlo Cracco, tra i padri del congresso, «i suoi non sono mai ricette-civetta, per arruffianarsi il commensale», spiega Gabriele Zanatta accogliendolo sul palco. Sono piatti nuovi e soprattutto piatti buoni». Ne presenta tre. Gamberi viola di Santa Margherita, per iniziare, «un prodotto cui siamo molto affezionati. Cerchiamo sempre di dedicargli una preparazione, ogni anno. Questa volta, abbiamo pensato a un abbinamento con ingredienti tradizionali, vin cotto e mandorle, ma attraverso tecniche nuove», il vin cotto con saba, chiodi di garofano, cardamomo, anice stellato, cannella, mela e arancia, ridotto fino a ottenere una consistenza caramellosa, con note dolci e acide. I gamberi, solo intiepiditi, sono spennellati con questa salsa, poi sposate a un pesto di mandorle (senza buccia, cotte sottovuote per 8 ore e poi frullate. Un cucchiaio di pasta di mandorle abbrustolite dà per sentore tostato. «E’ fantastico il contrasto tra l’armonia della mandorla e la disarmonia del vin cotto, col gambero a fare da ponte».
Annie Féolde con la brigata dell'Enoteca Pinchiorri (più Carlo Cracco)
Cracco che cucina carne dopo le polemiche degli animalisti sul suo piccione a Masterchef? «La cosa curiosa è che sono per primi i vegani a scusarsi, perché non si riconoscono in questa minoranza aggressiva. Diciamo che è una storia triste...».
Il sous Luca Sacchi racconta invece il terzo piatto, quello dolce: un rocher diverso, «che nasce da una specie di bigné», ottenuto senza utilizzare la pasta choux, ma seitan crudo bagnato con acqua di nocciole e poi lavato, così da fargli allentare la maglia glutinica. Diventa il guscio del bigné, carnoso in bocca, ma senza zucchero, che è solo nel ripieno, in una ganache di gianduia con cuore di nocciola “soffiata” (bollita a lungo in acqua e poco latte, poi tostata con olio e sale, ottiene una consistenza molto leggera, salina, perde la nota più dolce ma amplifica quella tostata). Il seitan viene cotto a vapore, spennellato di pasta di nocciole e spolverato con granella delle stesse. Terminano il piatto delle cialde di obulato. «Un dolce molto goloso, ricco in bocca». Nora finale di Cracco: «Siamo un Paese unico e diverso. Ci complichiamo spesso la vita. Però, per esempio, Identità Milano c’è, funziona, ed è un bene. E forse adesso abbiamo anche qualcuno che si occupa di noi nel mondo della politica».
Paolo Lopriore
Regione, quest’ultima, che molto ha contato nella vita professionale di Paolo Lopriore, successivo relatore sul palco, una lezione di straordinario fascino e importanza, focalizzata sul quel suo progetto di “nuova tavola italiana” (conviviale, eclettica, scevra da condizionamenti esterofili, capace di valorizzare il ruolo dello chef-artefice e anche del super-cameriere, in un’ottica di rinnovato rapporto tra sala e cucina) del quale abbiamo lungamente parlato qui, e a questo approfondimento vi rimandiamo.
Massimo Bottura
Così il piatto è A volte pernice, a volte germano (dipende da quello che si trova, no?), e riprende altre ricette ormai classiche dell’Osteria Francescana, come il Bollito non bollito e il Camouflage, «perché la nostra cucina ha ormai un’identità propria ben definita, possiamo attingere al nostro stesso lavoro», con i piedi in Italia – per parafrasare celebri parole dello chef – e la testa nel mondo, perché il civet vira verso il Messico di Enrique Olvera e il suo mole.
Logiche che travalicano la provincia, così come è la fondazione Food for Soul, voluta da Bottura con la moglie Lara per diffondere l’esperienza straordinaria del Refettorio Ambrosiano. Si aprirà presto anche a Rio de Janeiro, nelle favelas.
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a cura di
classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera