31-01-2023

Ripensare un'impresa dopo la tempesta: il ritorno di Albert Adrià

Il cuoco catalano - che ha fatto davvero la rivoluzione - è tornato sul palco milanese non per riflettere sulla tecnica ma sulle questioni legate alla gestione imprenditoriale post-pandemia

Albert Adrià, 53 anni, oggi chef e patron di Enig

Albert Adrià, 53 anni, oggi chef e patron di Enigma a Barcellona

«Non sono se sono rivoluzionario, sono un vecchio cuoco». Albert Adrià torna sul palco di Identità Milano, a sala piena e dopo tanti anni, in chiusura del congresso “della rivoluzione”. «E lui e Ferran la rivoluzione l’hanno fatta davvero», lo introduceva giustamente Marco Bolasco, un signore che potrebbe scrivere il corso del ristorante che più ha influenzato l’alta cucina dell’ultimo ventennio. «Mi metto subito a cucinare», esordiva il catalano, «perché se avete un calciatore volete vederlo giocare, più che parlare».

«Il vecchio rivoluzionario» ha dispensato in realtà per 40 minuti una serie di pillole e consigli professionali pragmatici e concreti, un canovaccio molto distante dalle ponencias di visione e scoperta con cui i due fratelli hanno aperto ed elettrizzato l’era dei congressi di cucina – che, va ricordato, senza il loro esempio non sarebbe mai partita. Tanta gestione d’impresa, poca tecnica, e tanti consigli per le generazioni che verranno, senza far pesare nulla a nessuno: «Una ragazza», spiegava muovendosi rapidamente da un’ala all’altra del palco, «l’altro giorno spiegava a me come si usa correttamente un sifone. A me lo vieni a dire…», ironizzava, «Però non me la prendo, anzi, è bello vedere giovani che si appassionano alle tecniche che tu stesso hai promosso».

E così partiva un richiamo alla tradizione, «Tutto ciò che è davvero rivoluzionario prima o dopo diventa un classico, e questo è il momento di prendere in mano la concretezza». Altra frase da segnarsi: «I miei colleghi dicono spesso ‘Eh ma a noi piace fare una cucina semplice’, come se noi facessimo o avessimo fatto una cucina complicata. Ma non siamo mica tonti. Non esiste la cucina semplice o quella complicata. Esiste solo la cucina buona». E il compito di un cuoco è quello di «Valutare attentamente come deve trasformare i prodotti e valutare quale deve utilizzare, cioè quali sono le caratteristiche organolettiche più adatte allo scopo», spiega mentre agita due calici che contengono consommé di due pomodori diversi, uno dall’estrazione di una specie catalana e un pomodoro ciliegino. «Le materie prime dell’alta cucina non possono costare poco, l’alta gastronomia non può essere pop ma, più del food cost in sé, a incidere di più sui costi è la trasformazione».

Costi che hanno rappresentato un tasto dolente per la sua impresa in epoca covid. Albert Adrià non si sottrae dal ricordare che in pandemia ha chiuso diversi ristoranti a Barcellona – tra cui Tickets, Hoja Santa, Pakta e Bodega 1900, insegne di successo ma sospese su un filo sottile e fragile: «La nostra clientela era principalmente di clienti internazionali, non catalani». I primi hanno improvvisamente cessato di venire, e quindi non sono più riusciti a pagare i ragazzi «e questo ci ha condotto a riflettere profondamente sull’etica dell’impresa, sui cambiamenti che avremmo dovuto operare».

Giorni difficili dai quali si è salvato solo Enigma, un ristorante, a conti fatti, più bello per un architetto che funzionale per un cuoco, spiegava di fronte alle slide dei suoi interni. «Alla riapertura post-pandemia abbiamo dovuto pensare a cambiare alcuni concetti fondamentali dell’insegna». Come la proposta del menu alla carta che è andata ad aggiungersi al menu degustazione, un cambio epocale per chi, di fatto, ha dato uno storico impulso a quest’ultimo. Albert ha riflettutto anche sulla caratteristica che dall’apertura distingueva più di tutte Enigma: «Non potevamo più portare i clienti a consumare una pietanza da una stanza all’altra. Oggi al nostro ristorante non sono le persone che vanno alla cucina ma è la cucina che va dalle persone», rimarcava con frase a effetto.  

«All’inizio», confessava, «pensavo che non avrei mai più cucinato perché il futuro sarebbe stato un’altra cosa. E invece sono tornato in cucina. Ma oggi sono lì, tutti i giorni a cucinare».


IG2023: signore e signori, la rivoluzione è servita

a cura di

Gabriele Zanatta

classe 1973, laurea in Filosofia, coordina la Guida ai Ristoranti di Identità Golose e tiene lezioni di storia della gastronomia presso istituti e università. 
instagram @gabrielezanatt

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