IG2023: signore e signori, la rivoluzione è servita

14-02-2023

Le Identità dei Territori, il sogno nasce dalla terra: il dibattito allo Spazio Arena

La famiglia Cotarella ha organizzato, con la moderazione di Bruno Vespa, una tavola rotonda a più voci. Temi: globalismo e identità, turismo e bellezza, politica ed enogastronomia. Una sintesi

La platea dello Spazio Arena al comgresso di Ident

La platea dello Spazio Arena al comgresso di Identità Milano 2023, domenica 29 gennaio scorso. Foto Brambilla/Serrani

L’arena, di solito, rappresenta un ampio spazio dove si inscenano lotte o giochi, anche cruenti, per mettere in mostra il più forte. A Identità Milano 2023, invece, il nuovo Spazio Arena è nato come contenitore di idee e come luogo di ospitalità, per chi doveva parlare e per chi veniva ad ascoltare.

La famiglia Cotarella ha organizzato questo spazio, con interventi di spessore, volti a parlare di tematiche legate al cibo, ma non solo. Il primo appuntamento ha avuto come tema le Identità dei Territori, con sottotitolo “Il sogno nasce dalla Terra”. Grazie alla lungimirante guida di Bruno Vespa, che ha moderato il tutto, si è parlato di tante sfumature legate all’Umbria, culla di bellezza, cuore dell’Italia, da dove proviene, tra l’altro, la stessa famiglia Cotarella. Introduce Vespa: «Forse, dopo la pandemia da Covid, la globalizzazione si sta un po’ spegnendo. Stanno tornando, più vive che mai, le identità proprie dei territori e delle loro eccellenze, che attirano di più i turisti. Noi, in contemporanea, ci stiamo riappropriando del nostro patrimonio culturale interno».

Vale la pena, quindi, dialogare di territorio? Prova a rispondere Roberto Morroni, assessore alle politiche agricole e agroalimentari e alla tutela e valorizzazione ambientale della Regione Umbria: «In effetti, l’Umbria si presta molto bene a questo dibattito: è una terra unica, uno scrigno di tanti elementi unici, che vorremmo irrobustire, seguendo tre direzioni. Qualità, aggregazione in consorzi delle piccole aziende, spinta verso la digitalizzazione e l’innovazione». La ricetta di Morroni tende a voler mettere “a sistema” gli orgogli della regione: agricoltura, natura, turismo, enogastronomia e arte, per far sì che lo sviluppo sia uniforme e senza picchi verso un solo settore. Chi visiterà l’Umbria, dovrà idealmente immergersi nel suo mare, rappresentato da tutto questo.

Prosegue nel tema Francesca Caproni, dottore Commercialista e direttrice del GAL Trasimeno-Orvietano: «L’ente che rappresento è diretto dalla Regione Umbria e si occupa proprio di progetti in forma integrata, cercando di unire tutte le realtà citate prima dall’assessore, a favore della Regione. È molto stretta la collaborazione con le amministrazioni comunali, come quella di Orvieto, qui rappresentata dal suo sindaco. Stiamo realizzando, ad esempio, percorsi d’arte per far conoscere Perugino e Signorelli, sia dal vivo, che con le nuove tecnologie, come il metaverso o le app. La cultura deve essere fruibile per tutti, anche da remoto».

Roberta Tardani, sindaco di Orvieto, conferma: «L’Umbria sta facendo tanto per innovare e per essere ancora più attraente e fruibile. Orvieto ne è esempio: sta vivendo una nuova consapevolezza, post pandemia, facendosi forte del suo passato per essere protagonista nel presente e nel futuro, grazie anche alle nuove tecnologie, sempre più utili e alla portata di tutti. Per questo, è anche candidata a Capitale italiana della cultura per il 2025». È quasi sorprendente che i temi dell’informatica e della tecnologia la facciano da padrone in un dibatto sull’importanza della terra, intesa come radici e origini. Prova a spiegare il perché Gianluca Polegri, direttore della divisione Digital Experience del Gruppo Engineering: «C’era un po’ di diffidenza verso la tecnologia, che va intesa come un supporto all’esperienza, un esaltatore di contenuti, per vivere meglio le esperienze dal vivo. L’identità digitale sembra molto complicata da gestire, ma, in realtà, con la giusta formazione e istruzione, può portare ad aumentare le nostre possibilità di scoperta. Le tecnologie ci aprono la mente, permettendoci di mettere in evidenza quanto di buono c’è nel nostro territorio anche verso chi è lontano. Le nuove generazioni guardano tantissimo il mondo attraverso il digitale: questa è un’opportunità che va fatta crescere e responsabilizzata».

Bruno Vespa

Bruno Vespa

Roberta Tardani

Roberta Tardani

I nuovi strumenti online, dunque, aiutano a scoprire lati meno evidenti di qualsiasi cosa: perché non provare a fare lo stesso con l’agricoltura, amplificandone la conoscenza?

Carmelo Troccoli, executive director di Campagna Amica Foundation Italian Farmer’s Markets Association, la pensa così: «Il post Covid ci ha aiutato ulteriormente a riconnettere il mondo della città con quello della campagna, che troppo spesso era relegata in un angolo. Campagna Amica, già da 10 anni, si sta impegnando con tutti i mezzi a disposizione per fare questo, creando incontri tra contadini, cittadini e pure turisti. Si vuole creare una rete, in tutto il mondo, per cercare di tramandare la cultura della valorizzazione della natura. Si cerca sempre di più di mettere insieme chi produce il cibo, chi lo trasforma e chi lo consuma, uniti sotto il valore della biodiversità. Tutti ne abbiamo bisogno e non va solo salvaguardata, ma va amplificata, per permettere, specialmente ai giovani, di ripopolare le campagne e di avvicinarsi al mestiere di contadino».

Proprio sui giovani va a posarsi il focus di Olga Urbani, presidente del gruppo Urbani Tartufi: «L’Umbria, per prima, ha valorizzato una filiera apposita per il tartufo, in prospettiva di poter creare una rete di tartuficoltori. C’è quindi da puntare sui giovani, poiché il tartufo è sostenibile e la sua coltivazione ci aiuterà a difenderci da un import di prodotti scadenti e ad elevarne ancora di più la qualità. Il tartufo coltivato non ha alcuna differenza da quello selvatico: bisogna raccontare queste cose e questa storia, che dura da 170 anni. La promozione del territorio deve avvenire anche attraverso questo prodotto».

Il territorio, fil rouge che lega tutto il dibattito, sfrutta ora la preziosità del tubero che nasce sottoterra per spostarsi a parlare di cucina, con gli ultimi due protagonisti della tavola rotonda: Gianluca Terranova, tenore e attore, e Ciro Scamardella, chef del ristorante Pipero Roma.

Spiega Terranova: «Sono un goloso di e per eccellenza, fortunato perché, da tenore, ho girato il mondo e ho visto che la cucina italiana arriva davvero ovunque, come le arie liriche. Allora, perché non coniugare queste due cose? Ho pensato a un format TV, chiamato Opera e Chef: si unisce l’eccellenza dell’opera lirica con quella della cucina. È un parallelo tra il gioco di carismi e caratteri, proprio dell’opera, e le consistenze e sapori nei piatti. Si racconta un’opera in 20 minuti: 3 atti in 3 piatti, inventati da giovani chef creativi che dovranno farsi ispirare dalle opere stesse».

Roberto Morroni

Roberto Morroni

Ciro Scamardella

Ciro Scamardella

La cucina racconta il teatro, oltre che le radici e le origini. Ma essa può dire anche altro? Quali legami ci sono tra cucina e terra? Prova a rispondere chef Scamardella: «Uno dei piatti che ci racconta di più, per come lavoriamo al ristorante Pipero, è l’Impepata di cozze. Qualcosa di molto tradizionale viene rivisto nell’estetica, con una profondità di gusto estrema, che non sembrerebbe, a giudicare dal velo trasparente che si posa in cima alla portata. La genesi di questo antipasto mi ha fatto pensare che rielaborare piatti locali è un’opportunità, anche se all’inizio eravamo tentati dalla globalizzazione e dalle mode esterofile, pescando ingredienti e tecniche non nostri in Spagna o Sudamerica. Ma gli stessi spagnoli ci hanno insegnato, o meglio ricordato, che la tradizione è una cosa fondamentale. È stato come uno schiaffo, che ci ha rimesso coi piedi per terra. E allora oggi dall’estero si prendono solo le tecniche, ma si usano i nostri ingredienti italiani, sempre più al centro. Il piatto quindi ha un valore sociale e spesso identifica il legame con un territorio. Bisogna iniziare a far dialogare le persone con gli ingredienti».

La cucina può essere un risveglio per le coscienze, come è stato per Ciro, che si muove sull’asse Roma-Napoli, ma con un occhio sul mondo e, ancora di più, sui territori vicini, come l’Umbria, che, in questo, ha tanto da insegnare.


IG2023: signore e signori, la rivoluzione è servita

Luca Farina

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Luca Farina

piacentino, classe 1988, ingegnere&ferroviere. Mosso da una curiosità gastronomica continua, ama definirsi “cultore delle cose buone”, essendo cresciuto in una famiglia dove si faceva tutto “in casa”. Crede fermamente nella (buona) tavola come creatrice di legami, generatrice di ottimi ricordi e di emozioni vive. Instagram lucafarina88

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