Una decina di giorni ancora e la sera di lunedì 30 aprile a Londra verrà annunciata la nuova classifica dei “fiftì best” edizione numero 11, ovvero sia “The world’s 50 Best restaurant 2012” patrocinata da S.Pellegrino & Acqua Panna. Pur non essendo più title sponsor, infatti, le due acque rimangono main sponsor della manifestazione.
Dieci edizioni ormai alle spalle grazie a una intuizione della redazione della rivista inglese Restaurant Magazine che nel 2002 si chiese quale fosse il miglior ristorante al mondo (e non the best chef). Il quesito in sé vale come milioni di domande simili, da bar sport o forum web, qual è il film o l’auto dell’anno, il più bel gol, la donna più bella, la più bella città del pianeta, il progetto più folle, la vacanza migliore. Solo che in questo caso, un po’ come con il Pallone d’oro (calcio) o con Hollywood (gli Oscar), quel “cazzeggio” non si è in pratica mai interrotto e ora ci risiamo, una decina di anni dopo la primissima classifica: “1. El Bulli Spain; 2. Restaurant Gordon Ramsay UK; 3. The French Laundry USA; 4. Rockpool Australia; 5. Spoon Dex Iles, Mauritius…”, con la Lavanderia Francese vittoriosa nelle due edizioni a seguire e poi il successo dell’inglese Fat Duck nel 2005 e i quattro trionfi consecutivi del Bulli tra il 2006 e il 2009, prima del secondo posto due anni fa e la pausa che Ferran Adrià si è preso nei mesi a seguire, cosa che spiega l’assenza del suo locale nella graduatoria 2011 dominata, come quella 2010, dal Noma del danese René Redzepi.

Elena Arzak posa nella sua cucina a San Sebastian. La chef basca, lunedì 30 aprile a Londra, verrà premiata miglior cuoca al mondo. Lo scorso anno ai 50 Best suo padre Juan M
Quest’anno hanno votato in 837, il sottoscritto compreso, figure sparse dappertutto nel mondo, ristoratori, gastronomi e giornalisti, nella maggior parte più sensibili al lato innovativo della ristorazione che a un establishment consolidato nel tempo e sostanzialmente di impostazione francese. In tal senso, è di certo una graduatoria partigiana, che piace ben poco ai grandi chef di Francia, mai uno di loro vittorioso. Come invece sarebbe stato fino agli anni Novanta, solo se a qualcuno fosse venuto in mente ben prima di giocare agli oscar golosi.
Regole poche e chiare: sette indicazioni a testa, quattro per insegne della propria area di appartenenza, posti dove uno deve avere mangiato nei precedenti 18 mesi. Non si vota il ristoratore o il cuoco (e uno non può votare se stesso, ci mancherebbe altro), si vota il ristorante quale esso sia, una sconosciuta trattoria andina piuttosto che il magico locale asiatico o la pizzeria sulla costiera.
Come accade spesso, dall’asilo in poi, la classifica ha valore se primeggia chi gradito, altrimenti le magagne e i distinguo abbondano. E’ il bello della chiacchiera che però, tali gli anni alle spalle e tale il numero di giurati, ha sempre più valore perché, sia come sia, questa dei 50 Best è la sola realtà che mette assieme, ordinandole, le cucine di tutti i continenti.
Con Elena Arzak che sa già di ricevere il 30 il premio di miglior donna chef (e si eviterà quello che successe lo scorso anno quando venne premiata una cuoca, Anne-Sophie Pic, il cui locale non era nei top 50 a differenza di altre sue college, la Arzak in testa), tutto il resto è segreto. Tutti a domandarsi se Redzepi trionferà per la terza volta o se verrà scalzato da uno spagnolo (Joan Roca o Andoni) piuttosto che un italiano (Massimo Bottura), un inglese (Heston Blumenthal) o un americano (Grant Achatz), magari del Sud America (Atala). Un anno fa finì così: 1. Noma, 2. El Celler de Can Roca, 3. Mugaritz, 4. Osteria Francescana, 5. The Fat Duck, 6. Alinea, 7. D.O.M., 8. Arzak, 9, Chateaubriand, 10. Per Se.

Giovanni Santini, lo chef del presente e del futuro del Pescatore a Canneto sull'Oglio in provincia di Mantova, telefono +39.0376.723001
Purtroppo ancora una volta il raffronto non sarà omogeneo al 100 per cento. Ogni anno cambia qualcosina nel numero di voti a disposizione di ognuno, anche se poi vince sempre quello che ne ottiene di più. Stavolta però la grande incognita è un’altra: il continente America non è più diviso secondo Nord, Centro e Sud. Il Brasile fa gruppo a sé, troppo importante ormai la sua ristorazione che avrebbe rischiato di togliere spazio alle altre nazioni, ad esempio il Perù. E gli Stati Uniti sono spezzati in tre: Costa est, Costa ovest, Stati nel Centro e Canada.
C’è chi giura che Alex Atala (D.O.M. a San Paolo) crescerà perché potrà essere votato come straniero dai giurati cugini. Così Achatz (Alinea a Chicago) con gli esperti delle due coste statunitensi che potrebbero aggiungersi a quelli del bacino dei Grandi Laghi per avere di nuovo un americano almeno sul podio. Vorrei tanto sbagliarmi ma temo che spagnoli (cinque nei 50 e 3 nei dieci) e italiani (sei nei 50, ma solo Bottura nei primi dieci, quindi Scabin 28°; Alajmo 32°; Cracco 33°; Santini 38° e Lopriore 39°) soffriranno per i nuovi equilibri anche se un Bottura, da una edizione all’altra, è salito a tre stelle nella Michelin (come l’Eleven Madison Park di Daniel Humm a New York, che però nel 2011 era piazzato 24°).
Un'altra incognita riguarda Blumenthal: prima era il patron tutta creatività internazionale del Fat Duck, adesso è anche quello tutta antichità britannica del Dinner. Quale delle due facce ha incontrato le maggiori simpatie? Siccome si votano le insegne, rischia di vedere disperso il suo tesoretto un po’ come accade per i vari Keller, Ducasse e Robuchon.
Esauriti i posti a Londra per la cerimonia, in proporzione alla qualità dei presenti, l’evento al mondo dove si mangia meno bene, appassionati, curiosi e addetti ai lavori potranno, attraverso il sito, prenotarsi per il servizio in diretta di streaming tv.