04-02-2012

Alajmo e i giovani leoni di domani

Restelli, ex curatore Michelin: ecco i 10 consigli utili per chi vuole diventare uno chef in gamba

Gli Alajmo, padre e figli, in una foto che risale

Gli Alajmo, padre e figli, in una foto che risale ormai a tutta un'altra epoca, a fine anni Ottanta, quando Massimiliano, a sinistra in divisa da cuoco con il tocco in testa, si avvicinava alla maggiore età e Raffaele, il fratello maggiore, si era messo in scia al padre Erminio, un formidabile uomo di sala, ancora di esempio oggi

Domani, domenica 5 febbraio, l’ottava edizione di Identità Golose sarà aperta in auditorium da una lezione di Massimiliano Alajmo e Corrado Assenza. Stessa giornata, una delle due sale blu accoglierà i lavori di Identità Vent’anni, percorso dedicato a cuochi divenuti chef – e in diversi casi pure titolari del ristorante – prima di avere compiuto trent’anni. C’è chi parlò (non a torto) di bamboccioni ultratrentenni, c’è chi da poco (pestando una merda) ha bollato come sfigati coloro che non si laureano rapidamente, però c’è anche chi si impegna, lavora e fa impresa a 24 anni o poco più.

Ho così chiesto, pensando sia ad Alajmo, il più giovane tre stelle nella storia secolare della Michelin, 28 primavere appena, sia ai baby cuochi di domani, Cogo, Sgarra, Panero…, un servizio sul padovano e sulla morale che si può trarre dal suo bruciante successo e dalle loro speranze. Il pezzo porta la firma di Roberto Restelli, ex curatore della Guida Rossa, colui che firmò le tre stelle alle Calandre e che domani presenterà con me Alajmo e Assenza. Il pezzo si chiude con due decaloghi, quello artusiano e quello di Restelli. E altri ne seguiranno.
Paolo Marchi
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Dieci anni fa, novembre 2002, Le Calandre, il ristorante della famiglia Alajmo a Rubano in provincia di Padova, conquistarono le tre stelle sulla Guida Michelin. Quella di Massimiliano Alajmo è una storia di successo talmente nota che parla da sé; una presentazione rischia di essere un atto dovuto quanto superfluo. Ma anche per gli Alajmo la strada non è stata da subito agevole - ricordo le perplessità e le resistenze dei francesi che non potendo non riconoscere l’evidenza del piatto, tentavano di arroccarsi su considerazioni legate alla giovane età dello chef, restii a riconoscere quanto dovuto.

Massimiliano è figlio d’arte ed ha alle spalle quattro generazioni di mestiere, ma di suo ha bruciato le tappe. Nel marzo del 1994, a soli 20 anni, ancora da compiere visto che è nato il 6 maggio 1974, assume la guida della cucina delle Calandre godendo di una rendita di posizione, grazie alla stella Michelin conquistata nel 1992 da mamma Rita. Mostra subito però di che tempra sia fatto e solo quattro anni dopo registra il suo primo, vero successo, conquistando le due stelle, per arrivare poi alle tre nel 2002. In entrambi i casi Massimiliano potrà vantarsi di essere lo chef più giovane della storia ad aver ottenuto questi ambiti riconoscimenti. Davvero un genio precoce, un “Mozart dei fornelli”, come Paolo lo definì.

Le Calandre, il ristorante fatto grande in Italia e nel mondo da due generazioni della famiglia Alajmo, prima

Le Calandre, il ristorante fatto grande in Italia e nel mondo da due generazioni della famiglia Alajmo, prima <

La filosofia in cucina di Massimiliano Alajmo è racchiusa in queste sue poche parole: “ Non c'è verità se non quella contenuta negli ingredienti. Mi avvicino alla materia con lo scopo di avvicinarmi al nucleo, con umiltà; e cerco di agire di conseguenza, con rispetto, perciò con leggerezza”. Non ha senso parlare del suo successo però, senza ricordare l’importanza vitale del ruolo svolto dal fratello Raffaele, compagno di riflessioni e regista di una sala che diventa la scena ideale in cui compiere la performance; la cucina resta assoluta protagonista, ma altrettanto importante è farla gustare con cordialità e leggerezza, arrivando a formare un connubio inscindibile tanto da creare il concetto di “sala da cucina” – il gusto, appunto, senza costrizioni e formalismi, nella semplicità.

Se un’utilità c’è nella presentazione di una storia simile, sta proprio nel tentativo di coglierne l’esemplarità e i diversi spunti di riflessione quali: la storia personale, gli ingredienti e la sala, elementi che si prestano a fornire preziosi strumenti di lavoro a chi si accinge a seguirne le orme.

Prima di seguire l’indicazione di Paolo e provare a stilare una sorta di decalogo a uso dei giovani chef, proprio quelli che sul palco ed in sala parteciperanno agli incontri di Identità Vent’anni, mi preme sbarazzare il campo dai fraintendimenti almeno su un termine divenuto ormai troppo vago ed ambiguo, sfinito dai dibattiti: la tradizione.

Per me tradizione, non comporta uno sguardo nostalgicamente volto al passato, spesso mistificato; penso piuttosto a un punto dal quale partire nella ricerca. Massimiliano – ad esempio - è figlio d’arte, ma nei primi anni della sua carriera, è andato a lavorare altrove, proprio per confrontarsi con altre cucine. Anche se non si hanno tradizioni in famiglia, l’importante è delineare una sorta di costellazione famigliare-professionale che costituisca un patrimonio e un riferimento dal quale intraprendere il proprio viaggio.

Ho un rapporto problematico con le regole, anche in ambito gastronomico; ne rigetto l’aspetto di rigidità, ma le accetto come orizzonte che delimita uno spazio obbligato di confronto - penso che la loro funzione vitale sia nel costituire un limite da superare. Ho apprezzato, quindi, quelle dei Cavalieri della Cucina Italiana, che vedono tra i promotori anche gli Alajmo, e non posso non pensare al decalogo dell’Artusi, per certi aspetti insuperato. Lo riporto di seguito, provate a giudicare.

Con una avvertenza: ogni singola voce richiederebbe note e approfondimento, ma le “tavole della legge” devono essere semplici e maneggevoli e soprattutto aprire a una coinvolgente possibilità di interpretazione. Spero che questi spunti possano giovare alla riflessione e alla crescita della ristorazione italiana.

Cominciamo con Pellegrino Artusi e La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene:
1. Rispettate gli ingredienti naturali
2. Usate ingredienti di qualità
3. Usate ingredienti di stagione
4. Siate semplici
5. Mettete passione, siate attenti e precisi
6. Esercitatevi con pazienza
7. Variate, ma rispettando il territorio e la stagionalità
8. Se variate, fatelo con semplicità e buon gusto
9. Valorizzate la cucina povera
10. Diffidate dei libri di cucina (anche del mio).

Massimiliano Alajmo con suo fratello Raffaele e sua figlia Rita, fotografati a Identità Golose edizione 2011

Massimiliano Alajmo con suo fratello Raffaele e sua figlia Rita, fotografati a Identità Golose edizione 2011

…E ora mozartianamente, caro chef, il mio decalogo è questo:

1. Materia – data per acquisita la qualità degli elementi, mai scordare quanto gli ingredienti siano scatole cinesi e come, in un gioco di rimando, nel rispetto di tempo e natura, le sensazioni gustative debbano rispecchiarsi tra nucleo e superficie. Non deve poi mancare in cucina un ingrediente evanescente quanto importante: il senso profondo di ciò che si fa.
2. Formazione - è indispensabile conoscere i classici, per poi intraprendere una ricerca personale e perseverare nell’approfondimento delle competenze. Più importante ancora della tradizione famigliare è costituirsi una costellazione professionale di riferimento.
3. La Sala - non è un campo di battaglia, ma un luogo d’incontro tra desideri e bisogni; punto prezioso di contatto con la clientela, dal quale dipende la possibilità di sviluppare un dialogo. Il cliente non ha sempre ragione ed il rispetto reciproco è condizione imprescindibile, ma il cliente al tavolo cerca prima la soddisfazione delle proprie aspettative che la gratificazione dello chef, che contrariamente a quanto qualcuno ha scritto, non è un dio.
4. Il confronto - tra colleghi è vitale, conoscere le rispettive realtà ed incontrarsi anche in terreno neutro di condivisione, in occasioni di congressi e studio, è un’occasione importante di crescita a patto che il confronto sia reale e leale.
5. Imprenditorialità - che si sia proprietari o no è opportuno che lo chef sia al corrente di tutte le problematiche di gestione e acquisisca competenze che vanno al di là della sua stretta sfera d’azione in cucina; un prezzo equo, ad esempio, si può determinare solo così.
6. Tecnica - terra d’incontro tra innovazione e tradizione. Voler sorprendere a tutti i costi è fastidioso quanto non lasciar spazio alla divagazione fantasiosa; se la meta è la ricerca di sapori che regalino l’estasi sensoriale, il viaggio potrà essere nella memoria alla riscoperta di sensazioni offuscate dal tempo come nello stupore della novità.
7. Le guide - se lo chef non è un dio, le guide non sono il vangelo. Nella migliore delle ipotesi, se ben redatte, restituiscono una buona fotografia. Determinarsi in funzione delle guide mortifica la professionalità e spezza il fiato… e alla fine, i curatori e gli ispettori delle guide se ne accorgono pure.
8. Territorio - il territorio non è un concetto meramente geografico; prodotti vicini possono essere estranei; importante che ciò che si sceglie delinei una zona omogenea, un territorio anche solo immaginale.
9. Emozione - lo chef vive di emozioni e per il cliente il consumo emozionale viene prima di quello materiale; si possono regalare emozioni ed evocare ricordi sensoriali, che chi siede a tavola neppure sapeva di avere, a patto che la fantasia dello chef si nutra di concretezza.
10. Cultura - la cucina è un’espressione culturale, ma è solo una parte della cultura generale. La competenza tecnica non basta e per intercettare i desideri dei clienti occorrono approcci molteplici, perché diversi sono i percorsi che conducono allo stesso incontro.

ROBERTO RESTELLI


Affari di Gola di Paolo Marchi

Pagina a tutta acquolina, uscita ogni domenica sul Giornale dal novembre 1999 all’autunno 2010. Storie e personaggi che continuano a vivere in questo sito

a cura di

Paolo Marchi

nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose.
blog www.paolomarchi.it
instagram instagram.com/oloapmarchi

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