31-12-2011

Far la festa al tacchino

La sua morte natalizia è disossato, farcito e poi cotto al forno. Con le costine e le castagne

La tacchina farcita preparata dai fratelli Bobo e

La tacchina farcita preparata dai fratelli Bobo e Chicco Cerea nel loro ristorante a Brusaporto vicino Bergamo. Questa nella foto è stata poi cotta in un forno casalingo e ha riscosso un notevole successo nonostante tutti gli errori commessi in cottura dal cuoco ovvero l'autore di questo articolo

Tra pollo e tacchino, dalla torre butterei giù il tacchino perché, per quanto mi piaccia, troppo grosso e difficile da cucinare bene. Una volta non trovi la casseruola giusta, un’altra il forno non è largo abbastanza, una terza apri la confezione regalo e scopri che spiumato è stato spiumato ed eviscerato pure, ma la testa è ancora lì, attaccata al collo, e tua moglie guai se non la tagli senza però senza farti vedere perché a lei fa senso vedere uno che armeggia con un coltello come fosse un cacciatore di teste nella jungla.

E anche quando non presenta tutti questi problemi, io diffido per principio dei tacchini in vendita sotto natale nella grande distribuzione, li vedo gonfi come lottatori di sumo, troppo per essere cresciuti bene, senza fretta, sodi e saporiti.

Invece non mi toccano le tradizioni. Purtroppo o per fortuna non credo e, comunque, il tacchino non appartiene alla tradizione cristiana. Piuttosto a quella americana. Dieci anni ancora, e nel 2021 saranno trascorsi quattro secoli da quando i pellegrini imbarcati sul Mayflower approdarono a Plymouth nel Massachusetts. Sarà dura evitare il tam tam pubblicitario-mediatico attorno al Giorno del Ringraziamento (ogni quarto giovedì di novembre, il 24 un mese fa, il 22 l’anno prossimo).

Con una importante nota a margine: furono i nativi, gli indiani, a far conoscere agli inglesi il tacchino. Tacchino e zucca (portata in Europa da Colombo), tra Halloween (il 31 ottobre) e Thanksgiving Day non si scappa da loro. Peccato che i visi pallidi, salvata la pellaccia grazie ai consigli dei pellerossa, nel tempo avrebbero quasi cancellato dal suolo americano chi vi viveva da ben più tempo. Davvero un bel ringraziamento…

Il Thanksgiving Day visto da Schulz, protagonisti Charlie Brown e uno Snoopy tutto coccoloso con il suo tacchino ar

Il Thanksgiving Day visto da Schulz, protagonisti Charlie Brown e uno Snoopy tutto coccoloso con il suo tacchino ar

Come e quando il tacchino abbia invaso le nostre tavole natalizie proprio non lo so. Visto da dove arriva, dall’altra sponda dell’Atlantico e in fondo da ben pochi secoli, è un simbolo che non ci appartiene da sempre. Di certo hanno giocato un ruolo da protagonisti gli allevatori e certa America-mania nel secondo dopo guerra.

Io non mi ricordo proprio quando è diventato un ospite fisso a casa mia tra il 24 e il 25 dicembre, rigorosamente disossato e poi farcito, quindi cotto al forno con gli odori e l’aglio, il vino bianco (all’inizio) e il Marsala (verso la fine). Adoro ritrovare una castagna in qualche boccone del ripieno, facoltativa la prugna, inutile la zucca come contorno, di rigore le patate al forno così come generose macinate di pepe in grani.

Prepara tutto per me l’Annunciata, biomacelleria in via dell’Annunciata 10 a Milano, telefono +39.02.6572299. Mauro Rebuffi è una delle poche persone di cui mi fido ciecamente. Il suo tacchino quest’anno ha portato il sorriso sulla tavola dei miei suoceri marchigiani. Cotto a Milano, messo in macchina con tutto il resto il 25 e portato in tavola la sera a San Benedetto del Tronto. Una gioia.

Lo stesso, in pratica un bis, è accaduto 48 ore dopo con la tacchina farcita di fegato grasso e squisitezze varie dei Cerea. In questo caso ho fatto un po’ di confusione in cottura, ma la bestia era di tale qualità - e preparata in maniera così magistrale da Chicco e Bobo - che ha retto le mie offese. Il biglietto di accompagnamento recitava così: “Salare e massaggiare leggermente la tacchina. Riporla in forno già caldo a 180° con un filo d’olio. A metà cottura aggiungere abbondante rosmarino e una dadolata di verdure (sedano, carote e cipolle). Di tanto in tanto recuperare l’intingolo con un cucchiaio e irrorare la tacchina. Lasciar cuocere per circa 2 ore.

“Ultimata la cottura, irrorare con un bicchiere di vino bianco e filtrare il sugo. Tagliare la tacchina e servirla ben calda con patate, pancetta, marroni cotti al forno e polenta bergamasca”.

C'è tacchino e tacchino, questo nella foto è il Tacchino comune, il Meleagris gallopavo

C'è tacchino e tacchino, questo nella foto è il Tacchino comune, il Meleagris gallopavo

Io invece, dopo che Chicco mi aveva consigliato di sostituire la pancetta con delle costine di maiale (ne avevo di splendide nel surgelatore), ho preso nota di ogni suo suggerimento salvo non rispettare l’ordine di cottura dei vari ingredienti. Tutto in una sola pentola: aglio e cipolla borettana, salvia e rosmarino, un nulla di olio e le costine tagliate due a due. Dopo una quarantina di minuti di forno a 180°, ho aggiunto la tacchina, altri odori, una trentina di castagne già bollite, nonché 3 cipolle, 2 carotone e il cuore di un sedano (ortaggio che mi lascia indifferente, non esistesse vivrei bene lo stesso). Almeno un’altra ora e mezzo di cottura, l’incisione delle cosce e della pelle qua e là per far fuoriuscire il grasso, una spruzzata di Marsala, niente polenta, le patate sì (almeno queste cotte a parte).

Un cuoco vero mi spiegherebbe che avrei dovuto iniziare dalla tacchina (e non dalle costine), che questo e che quello, però che carne soda, che polpa da addentare con energia. Poi il piacere del ripieno, ricco e saporito. E un ruolo importante lo ha giocato il fatto che si trattava di una tacchina e non di un più sviluppato tacchino. Tutto molto concentrato, un perfetto piatto unico. Che sarebbe ottimo anche a febbraio, intendo senza dover attendere un giorno di festa. Me lo dico ogni fine anno, “questa volta non aspetteremo di nuovo Natale”. Poi va puntualmente a finire così che ora non mi prometto più nulla.


Affari di Gola di Paolo Marchi

Pagina a tutta acquolina, uscita ogni domenica sul Giornale dal novembre 1999 all’autunno 2010. Storie e personaggi che continuano a vivere in questo sito

a cura di

Paolo Marchi

nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose.
blog www.paolomarchi.it
instagram instagram.com/oloapmarchi

Consulta tutti gli articoli dell'autore