«Il processo di culturalizzazione della cucina italiana si muove su un doppio fronte: le scelte dei singoli e quelle collettive. È, appunto, il Fattore Umano. Nel mio caso, abbiamo iniziato fin da inizio 2016 a riflettere sull’interazione fra tre elementi (cucina – sala – tavola) che richiamano altrettanti attori (cuoco – cameriere – cliente). Il Fattore Umano è la relazione che si sviluppa tra questi.
- Il CUOCO si fa attrarre dalla materia prima, elabora un pensiero su di essa e poi va in cucina a finalizzare detto pensiero. Quindi attende il confronto con gli altri attori, per una nuova elaborazione più raffinata che porta al perfezionamento finale.
- Il Fattore Umano riguarda anche il CLIENTE, che alimenta l’aspettativa del cuoco, interloquisce con lui prima, poi si nutre e dunque stimola il lavoro di quest’ultimo.
- Infine c’è il CAMERIERE, il personale di sala, che è l’intermediatore tra queste due figure. Coinvolge, media. Lui stesso in funzione del riscontro che percepisce provenire dal tavolo opera un processo di rielaborazione e funge da stimolo in questo senso nei confronti del cuoco».
Paolo Lopriore
Paolo Lopriore riflette da tempo sulla tavola. Nel suo intervento a Identità Milano 2018 il cuoco comasco sceglie di percorrere quasi didascalicamente due strade parallele: da una parte la ricetta pura, della quale punta a recuperare un ideale codificato; dall’altra l’analisi teorica sulla cucina moderna. L’una è legata all’altra: la seconda fa da base concettuale all’elaborazione della prima.

Sulla destra, il piatto conviviale di Lopriore
IL CONCETTO - «La nuova frontiera della creatività in un ristorante consiste nel recuperare il gesto casalingo che ci è stato tramandato nel gusto e nella manualità. Io propongo l’idea di tavola conviviale, ma in composizione creativa. C’è pane e companatico, ma in un piatto come il seguente il calcolo combinativo ci suggerisce ben 103 combinazioni possibili». (In altri si arriva a sforare anche quota mille. E’ la creatività nel recupero della tradizione,
ndr).
LA RICETTA – Com’è regola della cucina conviviale del Lopriore a Il Portico di Appiano Gentile, gli elementi principali del piatto, serviti separatamente (in questo caso un timballo di riso e una gallina bollita), sono circondati da un corollario di ammennicoli alimentari. Qui: rapa brasata, intingolo di mandorle bruciacchiate, limone candito, riduzione a freddo di pepe di Sichuan, soia affumicata, frittata di uova frattaglie e di sangue di gallina con Grana Padano, burro al dragoncello.
IL TIMBALLO DI RISO - «Il timballo di riso l’ho pensato in continuità con quanto insegnato dal mio maestro,
Gualtiero Marchesi. Il risotto va dunque cotto nell’acqua e mantecato con burro acido. E’ questo il linguaggio comune italiano che andrebbe codificato, che dovrebbe emergere. E’ questa la ricetta del risotto che si dovrebbe imporre», standardizzata, «poi rimane sempre la fantasia del cuoco ad apportare varianti, se crede». E dunque: il chicco in padella viene bagnato col vino bianco, da far evaporare (
Paolo Marchi: «Da tempo non vedevo usare il vino bianco per il risotto».
Paolo Lopriore: «Apporta acidità e profumo. E poi richiama anche un aspetto rituale, antico». Applausi); salato subito, in modo che acquisti esso stesso sapidità. Si bagna via via con l’acqua, non il brodo. Uno stampo antico, di quelli per il semifreddo, viene imburrato due o tre volte, posto ogni volta nel congelatore. Dopo 18 minuti di cottura il riso è pronto: si manteca con burro acido e salato, Grana Padano e viene posto nello stampo, come detto già imburrato, in modo che non attacchi. «E’ in sostanza un risotto alla parmigiana». Va di nuovo in frigo per qualche minuto.
LA GALLINA BOLLITA - «La gallina rappresenta l’eccellenza nella convivialità». In questo caso è la bianca valdarnese. «Mi piace tenere viva la fibra della sua carne, ma la gallina notoriamente va cotta a lungo e questo comporta una perdita secca di sapori e tenacia. Noi però in Italia possediamo un dono: la creatività del gusto. Abbiamo trovato che, sostituendo l’acqua di cottura con un centrifugato di sedano, la parte acida di quest’ultimo fa sì che la cottura risulti molto accelerata (da 3 ore, 3,5 ore, a 1,5 ore), così che la polpa non finisca col rovinarsi».
LA RAPA BRASATA - Nuda, tagliata a spicchi, viene immersa nel burro fuso e così brasata. Viene condita con zest di arancio candite e prezzemolo tritato.

Insieme a Lopriore, sul palco dell'auditorium anche Luca Govoni, responsabile Area Storia e Cultura di Alma, Scuola Internazionale di Cucina Italiana alla Reggia di Colorno
L'INTINGOLO DI MANDORLE BRUCIACCHIATE - «Io lavoro per recuperare le salse madri italiane, che poi sono gli intingoli, regalano untuosità ai piatti». In questo caso le mandorle vengono tostate a 180° per 20 minuti, si aggiunge burro e si va a frullare in modo da ottenere appunto un intingolo, una sorta di fondo bruno di mandorle.
IL LIMONE CANDITO – Come l’ammennicolo precedente, è un simbolo della cucina mediterranea. Il limone va messo mezza giornata sotto l’acqua corrente, poi in acqua bollente, quindi sotto sale per 40 giorni in un luogo fresco. Si lava, si taglia la scorza che viene servita a pezzettini. «E’ la cultura berbera della conservazione».
LA RIDUZIONE A FREDDO DI PEPE DI SICHUAN - «Sto lavorando molto sul concetto di spezie liquide, che condiscono con maggiore uniformità, e quindi in miglior armonia. La spezia è fresca, avvolgente». Il pepe viene lasciato a mollo in acqua fredda e poi passato nella Green Star, un estrattore di succo a centrifuga lenta.
LA SOIA AFFUMICATA - «Un concetto simile all’edamame che si mangia in tanti ristoranti cinesi. I baccelli di soia vengono cotti in pentola con olio, sale, barat, quindi passati all’affumicatore da tavolo con segatura di faggio, è un acceleratore gustativo. Limone e mandorle mediterranei, pepe di Sichuan ora il barat, israeliano: significa ripercorrere la Via della Seta».
LA FRITTATA DI UOVA, FRATTAGLIE E SANGUE DI GALLINA, GRANA PADANO - «Apriamo le uova, le condiamo con le frattaglie di gallina (fegato, stomaco, cuore), con il suo sangue e con il burro. Uova e sangue coagulano in tempi quasi identici».
IL BURRO AL DRAGONCELLO - «Sono sempre più spostato sul Nord Italia, dunque sul burro. Questo, al dragoncello, riprende il pensiero del burro
alla maître d’hotel, ma lo realizzo a caldo. Voglio fissare la clorofilla del vegetale. Quindi soffriggo il burro con dragoncello e un po’ di cipollotto, lo passo nella Green Star, monto con il ghiaccio servendomi di una frusta, in questo modo apporto ossigeno che esalterà ulteriormente l’aroma».

Luca Govoni, Paolo Lopriore, Paolo Marchi
La materia ispira creatività, nell'ingrediente c'è sessualità, sensualità e ispirazione.
La materia è creativa, non l'uomo. La materia ha un suo percorso (vita-morte). Così accade che l'uomo ridimensioni la natura e le cose per poterla capire, più che per ispirarsi, per attualizzare e contestualizzare.
Perché la materia ha vissuto prima. È l'energia della vita e della morte. La materia è creativa.
Paolo Lopriore