Sotto la Madonnina si mangia il miglior pesce d’Italia? Vero, certifica
Enrico Buonocore, patron di
Langosteria 10 e al centro dei riflettori ieri a Identità Milano, lo spazio che
Identità Expo riserva al racconto del capoluogo lombardo visto con gli occhi dei protagonisti della sua ristorazione.
Il quale conferma dunque la diffusa convinzione: «Qui c’è il miglior mercato ittico. Si può comprare di tutto, e d’altissima qualità». Quella che serve nel suo indirizzo principale di via Savona, aperto nel marzo 2007, e nei suoi due “fratellini” minori: il
Langosteria 10 Bistrot di via Bobbio, a 300 metri di distanza, dove dal 2012 propone menu più ristretti, per un pasto
easy o persino l’asporto; e il
Langosteria Fish Bar, nuovo concept negli spazi di Superstudio Più in via Tortona 27, un giardino sotto le stelle (o una
food court che dir si voglia) con sei chioschi dedicati alle eccellenze di mare e persino agli sfizi di terra Made in Italy, in collaborazione con
Manuelina di Recco (focaccia),
Foodscovery (delizie terragne, dal formaggio ricercato al salume prelibato),
pasticceria Campidoglio di Sant’Agata di Militello (cannoli, cassate, granite…) e
Drinkable (cocktail).
“Naufragare a Milano negli spaghetti con i ricci di mare”: così il giornalista Roberto Perrone, peraltro in platea ad assistere all’incontro, aveva sintetizzato una propria cena alla Langosteria. Ricci di mar sì, purché sia il momento giusto. Perché una delle condizioni grazie alle quali Buonocore può servire 450 coperti a cena, in queste sere d’estate e suddividendoli tra le proprie tre insegne, è il rispetto della stagionalità, che non vale solo per frutta e verdura: «Ogni periodo ha il suo pescato fresco, quello che è consigliabile ordinare, perché è nel mese più “giusto”. In questo momento proponiamo ad esempio il sugarello o la palamita, pesci magari meno noti, ma deliziosi». Poi, vabbé, si cerca anche un compromesso con la clientela più tradizionalista, quella che chiede tutto l’anno il king crab – uno dei cavalli di battaglia – o il tonno rosso.
Sul quale
Buonocore spende due parole in più, in tema di sostenibilità ambientale: «Oggi i nostri mari sono tornati a pullulare di tonno rosso, non c’è più l’emergenza di qualche anno fa» e conferma così quanto ci aveva raccontato
Pasquale Torrente qualche tempo fa, parlando della sua celebre colatura di alici: «Faccio fatica a pescarle, le alici, nei mari della mia Costiera Amalfitana. E sapete il motivo? Le mangiano i tonni, che si sono moltiplicati». (Per la cronaca,
Torrente è di base
Al Convento di Cetara, lo stesso paese d’origine di
Buonocore, «i miei genitori erano originari di lì e di Minori»).
Altri due temi toccati dall’incontro: abbattimento e chilometro zero. Sul primo, oggi la clientela non è più diffidente come un tempo, «anzi, spesso mi chiede espressamente solo pescato che sia passato nell’abbattitore, che in generale è buona cosa, purché l’apparecchiatura sia di qualità, in modo da preservare perfettamente l’integrità del prodotto. Certo, non ha molto senso pretendere l’abbattimento per un pesce che poi verrà servito cotto…». Ma la Langosteria è un tempio del crudo («Su 150 clienti, me lo ordinano in 120») e quindi i conti tornano.
Un congelamento a regola d’arte consente peraltro a Buonocore di fare spallucce di fronte ai maniaci del chilometro zero, «noi serviamo preferibilmente pescato dei nostri mari, ma non abbiamo problemi a reperire altrove quello che ci manca, pensiamo al king crab appunto, certo non si trova nel Mediterraneo. Unica condizione: che gli standard siano eccelsi».

Buonocore intervistato da Carlo Passera a Identità Expo S.Pellegrino
D’altra parte, anche i sublimi crostacei nostrani vengono spesso abbattuti appena pescati, direttamente sulla barca, che siano gamberi rossi di Mazara del Vallo, Sanremo o Santa Margherita Ligure oppure quelli viola di Gallipoli, o ancora scampi di Manfredonia, «semmai qui il problema è a volte l’uso dei solfiti, utilizzati da certi pescatori per evitare che il carapace diventi più scuro, rendendolo meno allettante». Questione che
Buonocore supera brillantemente, «tra i soci della nostra impresa abbiamo due grossi fornitori di materia prima». Insomma: dal pescatore al consumatore.
La morale è: «Noi serviamo il miglior pescato possibile. Tanto che nessuno conosce il nome dei nostri cuochi: loro hanno come unico compito quello di valorizzare una materia prima che non richiede troppa manipolazione. La nostra forza è il prodotto», non necessariamente sempre “alto”, «al bistrot serviamo una splendida frittura di acciughe. E c’è chi prenota espressamente la nostra fregula sarda coi frutti di mare, piatto semplice ma gustosissimo». Ancor più buona se la si abbina alla bottiglia giusta, «partimmo con una carta dei vini che prevedeva poche etichette, stavano tutte scritte su un foglio A4». Oggi è un libricino che annovera 650 vini diversi, dei quali 150 champagne, per non farsi mancare nulla.
Ultima domanda: «Ma come mai nel 2007 scommettesti su via Savona (le altre due insegne successive sono sempre nei paraggi, ndr), allora abbastanza derelitta e oggi così à la page?». La risposta è di sincerità disarmante: «All’epoca, non avevamo una lira. Lì i locali costavano meno». La fortuna aiuta chi la sa pescare (e abbattere, eventualmente).