Stefano Guizzetti
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Alberto Sparacino al lavoro. Classe 1984, è chef del Cum Quibus di San Gimignano, in Toscana
«E’ bravo Alberto Sparacino del Cum Quibus di San Gimignano: ancora poco conosciuto, si farà valere nei prossimi anni», ci aveva raccontato lo scorso luglio un maestro come Gaetano Trovato, spiegandoci i suoi progetti futuri (leggi: Papà Arnolfo cambia casa dopo 22 anni), ma anche passando i rassegna alcuni dei suoi tanti allievi, quelli migliori. Sparacino tra questi.
E allora noi siamo andati a trovarlo, immergendoci intanto nel pieno centro storico di San Gimignano, in una delle tante traverse del corso principale. Il locale è ospitato in un palazzo del 1200, basta scendere pochi scalini per trovarsi in un’atmosfera medievaleggiante fatta da archi e muri in pietra viva, ma anche tante luci colorate e candele. Sembrerebbe la tipica taverna toscana in veste più fastosa, e tale in effetti è stata a lungo, fin da quando i genitori di patron Lorenzo Di Paolantonio decisero di aprire il locale, nel febbraio 2005. Spiega quest’ultimo: «Io allora stavo finendo le scuole superiori, i miei mi chiesero di dare loro una mano per l’estate. Entrai al Cum Quibus». Non vi è più uscito, prima occupandosi anche della cucina, poi scegliendo la via della sala e della cantina: «Nel 2004, avevo 28 anni, ho pensato fosse necessario far crescere il locale. Ho detto basta ai fornelli e mi son messo a cercare un bravo, giovane chef...».
Alberto Sparacino con patron Lorenzo Di Paolantonio
Il Matteo in questione di cognome fa Lorenzini, suo grande amico nonché chef del Ses.To on Arno a Firenze. Attorno al 2007 i due si conobbero all’Arnolfo, «e in quel periodo c’era anche Simone (Cipriani, ora all’Essenziale, leggi: Il gusto di essere Essenziale)». E anche un altro Matteo, Manzini, «impressionante, lavorava con due mani contemporaneamente impegnate a fare cose diverse». Non a caso ora è il sous del tristellato Azurmendi da Eneko Atxa, nei Paesi Baschi. Bella nidiata, insomma.
Ultima domanda, doverosa, al patron: ma chi te l’ha fatto fare di imboccare la via di un’alta cucina complessa, in un contesto che spingerebbe semmai a proporre semplicemente panzanelle e fiorentine? Risponde: «San Gimignano ti consente sempre e comunque di lavorare bene; ma il turismo, l’afflusso costante di clientela, non dev’essere un limite o una scusa per non far meglio, bensì un’opportunità da cogliere e sfruttare. Non penso ci sia voluto coraggio a intraprendere questo lavoro con Alberto. Avevamo e abbiamo la passione necessaria, e la voglia di fare quel qualcosa in più». Nella fotogallery firmata Tanio Liotta, i piatti della nostra cena.
classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it Instagram: carlopassera
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