(continua dalla prima parte)
Non dimentico però la Roma delle trattorie, dove si scoprono le radici della classica cucina dell’Urbe. Alcune riescono a farmi sussultare e rispettano anche il turista. Non tramonta mai lo storico Armando al Pantheon: Claudio in cucina e Fabrizio in sala portano avanti il puro concetto tradizionale ereditato da papà Armando. Trippa e Coda alla vaccinara sono da sballo. Un altro indirizzo si trova alle spalle della multietnica piazza Vittorio: la trattoria Da Danilo, dove le mani sante della cuoca, nonna Pina, trasformano semplici materie prime in piatti territoriali, che rendono questo piccolo ma sempre affollato locale un luogo magico dominato da Carbonara e Pasta cacio e pepe.

Dal 1961 la gente si accalca sempre fuori dallo storico locale del centro romano, Armando al Pantheon (+39.06.68803034)
Tra i “saranno storici” un altro paio di insegne, dove il concetto di classico viene interpretato magnificamente anche con leggeri tocchi contemporanei: uno è
Da Cesare al Casaletto (via del Casaletto 45, +39.06.536015), zona Monti,
Leonardo il proprietario cura anche il minimo dettaglio; mitica la
Gricia con i carciofi. L’altro è
Da Teo, zona Trastevere: in una tranquilla piazzetta si gustano specialità romane con attenzione alla stagionalità, da manuale la
Costoletta di agnello impanata. Un cenno merita anche l’
Osteria dell’Orologio, al molo di Fiumicino: si sentirà parlare molto della coppia vincente e sorridente che la anima,
Gerarda Fine in sala e
Marco Claroni in cucina, lei appassionata di vini, lui di pesca… Troverete una sequenza di antipasti di mare, tra tradizione e innovazione, che vi farà subito venire voglia di tornare.
A Roma cresce anche il “partito” della pizza gourmet. Due nomi su tutti: Gabriele Bonci col suo Pizzarium (via della Meloria 43, +39.06.39745416) continua a sfornare creazioni divine (adoro il suo Trancio ai tre pomodori) mentre Stefano Callegari va alla scalata del gusto con i suoi famosi Trapizzini, una genialità gustosa che mi sono trovato a sgranocchiare persino a New York, sorta di streetfood cosmopolita.
D’altra parte, come nella Grande Mela, anche a Roma il cibo di strada ha la sua importanza. Provate ad andare, al mattino, nel nuovo mercato del Testaccio: troverete un bancone, il Mordi e Vai, dove il romano doc Sergio Esposito assembla Panini capitolini con trippa, allesso o carciofi, per esempio. Sulla stessa lunghezza d’onda il Baccalà fritto gustato in piedi, in piazza dei Librari dietro Campo de’ Fiori, Dar Filettaro a Santa Barbara (largo dei Librari 88, +39.06.6864018): friggitoria di culto dove non si ha molta altra scelta, al massimo un’Insalata di puntarelle o un Fish & chips alla romana.

Uno dei classici assoluti della cucina tradizionale romana, la gricia. Qui nell'interpretazione della trattoria Da Teo (+39.06.5818355)
Parliamo di cibo straniero? Io dico
Shanti per la cucina indiana,
Green T. per i sapori orientali e
Mezè Bistrot per un viaggio tra i Balcani e il Mediterraneo.
Capitolo gelato: sono tanti gli angoli in città dove se ne gusta di ottimo. Tra tutti voglio citare una new entry, Otaleg, in via dei Colli Portuensi: Marco Radicioni, allievo del mastro gelataio Claudio Torcé, manteca a vista le sue creazioni, anche salate, utilizzando materie prime di eccellenza.
Visto che ho iniziato parlando di sogni, con un sogno voglio concludere: in una capitale gourmet ancora più internazionale, vorrei Nobu in un grand hotel, un Atelier Robuchon a via Condotti, un dinamico Saam Bar di David Chang tra i vicoli di Trastevere, o magari Bottura e Scabin in una loro dimora capitolina. Sono fantasie di uno chef che vive di contaminazioni culturali, tra viaggi e consapevolezza di saper dare la giusta ospitalità in una città già resa importante dalla passione di altri grandi amici-colleghi.