«Non abbiamo paura del rinnovamento perché le nostre radici corrono profonde». Fuga ogni dubbio Ciccio Sultano, riferimento dell’alta cucina siciliana e cuoco tra i più acclamati del panorama nazionale; se poi davvero il temperamento di un uomo non è brodo di dado, inutile cercare alternative: «Per uno come me, che ha il piacere del cambiamento in corpo, che non si accontenta, migliorare è fondamentale, fa parte delle regole del gioco e della vita».
Si schiude così la primavera del ristorante Duomo di Ragusa Ibla: nuove contaminazioni e nuove proposte, ma la mano e la passione restano le stesse che hanno condotto alle due stelle Michelin nel triennio 2004-2006. «La mia cucina è cambiata nel corso del tempo: penso che oggi sia più evoluta, più elegante, chiara nei suoi obiettivi e sicura dei propri mezzi; ai miei collaboratori ripeto spesso che dobbiamo registrare e mettere a punto i nostri piatti, lavorare anche per sottrazione, facendo attenzione che per l’ospite sottrazione non diventi mai privazione».
Sultano due punto zero aveva già dato idea della voglia di rinnovamento oltre un anno fa con il progetto Aia Gaia e con l’apertura de I Banchi, ristorante moderno e informale, versione “easy” del più blasonato fratello bistellato da cui dista poche centinaia di metri e da cui si differenzia per una cucina di territorio curata dallo Chef Giuseppe Cannistrà (e “vidimata” da Sultano stesso), di facile approccio e di sapori della tradizione, ma dalle forme attuali, con massima cura e ricercatezza nella qualità e nella freschezza degli ingredienti.
Proprio l’identità territoriale è al centro del Sultano-pensiero: «Nonostante le mode gastronomiche che si sono susseguite negli ultimi anni, ho continuato a preferire ciò che mi offre la Sicilia, senza limiti e senza pregiudizi. Noi ristoratori dell’Isola siamo i custodi del gusto siciliano e dobbiamo saper presentare il nostro mondo valorizzando le risorse agricole, la storia, l’inventiva». E l’ingrediente va rispettato: «La tecnica deve essere al servizio della materia prima e non schiacciarla: una seppia senza il sapore di seppia che senso ha?».

Le novità del
Duomo partono dal personale a disposizione di
Gabriella Cicero, General Manager del locale:
Giuseppe Di Franca, direttore di sala, e la romana
Valentina Cinti, head sommelier, sono arrivati ad affiancare il veterano
Claudio Marrale, mentre in pasticceria è giunta
Cristina Roccon, veneta, proveniente dal
Basque Culinary Center di San Sebastian accanto a
Marco Corallo, storico braccio destro di
Sultano. Nuovi anche i concept, in partnership con la società genovese
Velier, “Cucina alcolica” e “1cl”, variazioni sul tema e divertenti giochi gourmet centrati sull’abbinamento tra food e cocktail, tisane, infusi o un solo centilitro di grandi distillati.
Ovviamente, le novità più importanti del ristorante sono quelle della Carta 2017, tante e forti, a cominciare dai tre livelli del goloso
Finto tartufo: un bignè cosparso di nero di seppia e tartufo vero, farcito di una soffice crema tartufata, posato su una tenera tartare di carne a sua volta adagiata su un fiore di due salse, una a base di erbette citriche e l’altra a base di zabaione al marsala; si prosegue con la visionaria
Ostrica di campo, un’ostrica Utah Beach ricoperta con una tartare di cernia, salsa di pistacchio, fiori eduli ed erba acetosella: bella da vedere, colpisce per equilibrio tra sensazioni iodate di mare e aromatiche di terra ravvivate dallo spunto fresco dell’acetosella e le rotondità del pistacchio.
Grande intensità per le tre dimensioni del
Carciofo al BBQ e Gambero Rosso, uovo poché, maionese all’olio di oliva e soia e salsa di corallo: presentazione minimal per un piatto complesso e ben costruito sul contrasto dolce-amaro degli ingredienti. La storia dell’arte gastronomica siciliana diventa distinta ricreazione contemporanea con la
Triglia alla palermitana con pomodoro, polvere di basilico e cialda croccante al foie gras: triglia a beccafico, pomodorini canditi, polvere di basilico, la testa croccante della triglia, ripiena di crema al coriandolo, salsa di fegatini di triglia, un cracker al fegato grasso: croccantezze di mare e terra e la forza espressiva di una salsa di fegatini che, da sola, ripaga il viaggio da ovunque a qui.
Di una bontà quasi infantile nel senso più puro del termine, la
Lasagna di mare azzurro con salsa di finocchietto selvatico e zafferano, una lasagnetta di pesce azzurro, due taschine di pasta, metà farina Maiorca e metà farina di grano duro, farcita di pezzettini di pesce in un sugo di ghiotta, scorzette di limone, soffritto leggero di olive e capperi, salsa allo zafferano siciliano e al finocchietto, sublime e di immediata comprensione.
Le
Ali di Razza alla “stimpirata” sono un omaggio esplicito all’intramontabile mos maiorum culinario ibleo: interessante il gusto del pesce fritto in panatura, ma il vero trampolino è l’agrodolce delle olive e dei capperi, prima soffritti in olio, menta e miele, poi sfumati con l’aceto. Saporito e succoso il
Dentice al pascolo primaverile e sugo di mare, amalgama perfetta di mare e di terra, dove la qualità della materia prima vince su tutto: dentice eccellente, carotine superbe, favette esplosive. Da segnare in agenda perpetua un cameo storico del piano rialzato di
Palazzo La Rocca: il
Sandwich croccante di Gelato di tartufo siciliano di Palazzolo Acreide, esaltante parentesi di sapidità, aromaticità e carattere. Poi un altro classico, colorato, opulento, carnale, i
Ravioli di ricotta e maggiorana con capretto alle erbette di campo. Ancora carne con il
Manzo Alleva Bio in falsomagro dell’allevatore
Giuseppe Grasso.

Finto tartufo: una delle novità 2017 della carta del Duomo. Gli altri piatti nella fotogallery
Chiusura con un
Sorbetto di pomodoro, pan di spagna al limone, cedro e basilico cristallizzato, predessert di grande freschezza, acidità, pulizia e un dolce capolavoro di indescrivibile gola e armonia, il
Cous cous al pistacchio con crema di latte, sorbetto alla lavanda e acqua di fiori.
Ciccio Sultano è sempre più magister contaminationis e i suoi piatti raccontano la Sicilia come summa di erudizione millenaria, di diversità e di ricchezze, di splendore e di contraddizioni; la sua arte, stabilmente on the move tra terra e mare, «tra passato monumentale e presente da conquistare», raffina i sensi e stimola la mente esprimendosi attraverso uno stile che, costantemente in bilico tra cultura ancestrale e alto rischio contemporaneo, rinnovandosi, si conferma unico e inimitabile per estro, fantasia e consapevolezza, caratterizzato dall’irripetibile eleganza di un’esclusiva giacca a pois, di stoffe nobili e di manifattura d’artista piuttosto che di una ritualmente classica da abito grigio e camicia bianca.
E intanto si avvicina un’annata importante. «Nel 2020 si festeggeranno due anniversari – annuncia lo chef – I miei cinquant’anni e i vent’anni del
Duomo: l’anno prossimo ci sarà bel restyling strutturale del locale e la nostra cucina, da qui ad allora, sarà ancora più cristallina, essenziale, ancora più vivace ed elegante». Se è vero, e lo scrisse
Nietzsche, che “La profondità di pensiero appartiene alla giovinezza, la chiarezza di pensiero all’età matura”, è davvero il momento d’oro dello
Chef Ciccio di Ragusa, profondo e chiaro come la sua impronta, vulcanico e inarrestabile come le sue idee,
Sultano dalle Mille e una Notte sul trono della cucina italiana d’autore.