30-11-2014

Dal risotto al cous cous

Il primo giorno del Roma F&W Festival è stato un appassionante excursus tra i piatti del paese

Tre dei 6 protagonisti della prima giornata del Ro

Tre dei 6 protagonisti della prima giornata del Roma Food and Wine Festival: Cristina Bowerman di Glass (Roma), Cesare Battisti del Ratanà (Milano) e Viviana Varese di Alice (Milano). Con loro, la sera, Angelo Sabatelli dell'omonimo ristorante di Monopoli (Bari), Andrea Provenzani del Liberty di Milano, Luciano Monosilio del Pipero al Rex di Roma e il pasticciere Luca Montersino

«Chef e cantine, piatti e vini. È la duplice forza che muove il Roma Food and Wine». La seconda edizione del Festival capitolino è salpata ieri all’ora di pranzo al terzo piano di Eataly Ostiense col programma all’unisono lanciato all’inizio dei lavori da Claudio Ceroni di MagentaBureau, Paolo Marchi di Identità Golose ed Helmuth Koecher del Merano Wine Festival.

Mentre il plotone dei 200 vini era schierato per le degustazioni già dalla buon’ora, attorno a mezzogiorno l’evento ha calato sul tavolo il primo poker di cuochi: la padrona di casa Cristina Bowerman di Glass Hostaria, gli “ospiti” milanesi Viviana Varese di Alice Smeraldo e Cesare Battisti del Ratanà e il maestro della pasticcera salutare Luca Montersino, a suo agio negli Eataly del mondo. «Li abbiamo scelti non a caso», ha rivelato Paolo Marchi, «perché è una squadra di amici: si frequentano molto anche fuori da qui. L’idea di quest’anno è che ognuno di loro interpreti un classico della cucina italiana ma con un tocco in più».

Agnello e carciofi, il piatto di Cristina Bowerman

Agnello e carciofi, il piatto di Cristina Bowerman

Printi via e c’era una bella fila per l’Agnello e carciofi della cuoca pugliese-americana, a suo agio da tempo con la cucina tradizionale della sua città adottiva. «Ho giocato attorno al concetto dei popolarissimi Agnello a scottadito e carciofo alla romana, un classico della tradizione giudaica cittadina». Un omaggio ad alchimie storiche capitoline con l’agnello che viene marinato con tutte le erbe e i sapori del carciofo alla romana, il quale a sua volta è stato cotto confit. Il passato che mette il vestito da sera.

Cesare Battisti ha giocato invece sull’asse Milano-Roma con La coda alla vaccinara è caduta nel risotto, una trasmutazione del nostro risotto che si trova improvvisamente mantecato in un sugo che a Trastevere e dintorni concepiscono in abbinata esclusiva con la pasta. Una trasmutazione riuscita a suon di (inaspettata) leggerezza e profumi.  E riuscita anche perché, ha fatto notare il cuoco meneghino, «Il riso abbinato a una carne cotta in lunga temperatura è nel Dna dei risotti nordici».

Il trio del sabato sera: Andrea Provenzani, Angelo Sabatelli e Luciano Monosilio

Il trio del sabato sera: Andrea Provenzani, Angelo Sabatelli e Luciano Monosilio

E mentre Montersino innescava la sua sana e ghiotta girandola delle torte del buonpaese (su tutte la Perla Rubino, squisita bavarese al cioccolato bianco), Viviana Varese trascinava la gente al ritmo di Rosemary’s ceci, ovvero calamaretti spillo, estratto e crema di ceci con un intensissimo brodo di calamaro che giungeva a sparigliare l’ordine degli ingredienti, ravvivati dal vago esotismo del curry. Profumi e gusto.

La sera si apre con l’apologia di Luciano Monosilio (Pipero al Rex di Roma) per un piatto che più classico non si può: Polenta taragna con polpette al sugo, «Una pietanza che è di fatto tra le più esportate al mondo», illustra il ragazzo di Lanuvio, «Le polpette le ho preparate con un mix di carni macinate con una parte di mortadella, una di suino e una di manzo». Però la forma è uno schiaffo ai canoni di sempre: è un panino. Divertente, ataviche bontà.

Angelo Sabatelli arriva appena dopo da Monopoli (Bari) a illustrare un altro masterpiece: Riso, patate e cozze “secondo il mio punto di vista”. Cioè? «È una tiella in cui le patate non cuociono mai», permette Marchi, «ora che son cotte, scuoce tutto il resto (il riso e le cozze)‘. Il punto di vista di Sabatelli qual è? Rispetto al classico c’è più riso e meno cozze: «E infatti il nome del piatto non è Patate, riso e cozze come quello della tradizione: ho messo in cima alla dicitura il riso perché ho voluto farlo come un risotto». Una trovata che dà gioia.

Il cous cous di Andrea Provenzani

Il cous cous di Andrea Provenzani

Il sipario del giorno 1 è tutto per Andrea Provenzani, un milanese folgorato sulla via del cous cous, il piatto simbolo del Mediterraneo che più di una soddisfazione ha tolto proprio al cuoco del Liberty. La versione presentata a Eataly Roma è un arcobaleno di colori e sapori: cous cous allo zafferano, ricciola, pesto al finocchietto, limone candito e pistacchi, cipolla al marsala, latte di mandorla. «Mio papà è siciliano, innanzitutto. Io ho voluto esprimere un territorio, un vintage di gusti. A differenza della tradizione di San Vito, si mangia al cucchiaio». Ingrediente vincente: il latte di mandorla, esplosivo.


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Gabriele Zanatta

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Gabriele Zanatta

classe 1973, laurea in Filosofia, coordina la Guida ai Ristoranti di Identità Golose e tiene lezioni di storia della gastronomia presso istituti e università. 
instagram @gabrielezanatt

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